Giro delle Fiandre: l’incroyable Gilbert firma una vittoria-capolavoro

copertinaIl belga della QuickStep, Philippe Gilbert, vince l’edizione centouno del Giro delle Fiandre, portando a termine un’azione meravigliosa che rimarrà probabilmente per sempre nella secolare storia di questa corsa.

Ci sono giorni che non sono uguali agli altri, ci sono gare che non sono uguali alle altre: in Belgio oggi era il giorno della Ronde Van Vlaanderen, il Giro delle Fiandre, importante quanto e forse più di un giorno di festa nazionale.

La Ronde, così chiamata, seppur con molto rispetto, è una gara di 250 chilometri che attraversa la regione belga delle Fiandre, portando i corridori sul temibile pavè, pietre aguzze che rendono molto faticoso pedalarci sopra, figuriamoci poi se costituiscono il fondo stradale dei cosiddetti muri, ripide e brevi salite che caratterizzano questa gara. Ci sono segmenti di strada, in pavè, che sono entrati nella storia di questa corsa e di questo sport, l’Oud Kwaremont, il Taaienberg, il Paterberg, il Koppenberg, luoghi consacrati alla religione del pedale. Il più celebre è il Grammont, detto anche Kappel Muur ( per la piccola cappella costruita sulla cima ), o Muur de Geraarsbergen ( per la città di cui fa parte), ma più semplicemente conosciuto come ” Le Muur”, il Muro, luogo di culto per tutti i ciclisti del mondo.

Proprio ”Le Muur” ha una storia all’interno della corsa, fino a poche edizioni fa era posto a 10 chilometri dal traguardo come ultima insidia che solitamente lanciava il vincitore verso il trionfo finale; in questa edizione era posto a 95 chilometri dal traguardo, fatto che ha suscitato lo sdegno dei tifosi più puri.

1Ci sono uomini che sembrano quasi inadatti al momento, che sembrano essere nel posto sbagliato, messi in contrapposizione a uomini che sembrano nel momento giusto al posto giusto. Alla prima categoria sembrava appartenere il belga Philippe Gilbert, Vallone e non Fiammingo ( il Belgio si divide da sempre nell’eterna lotta molto più che campanilistica tra Valloni e Fiamminghi), che ha vinto tutto nella parte del Belgio dove il pavè manca, anche un mondiale, che oggi sembrava quasi un pesce fuor d’acqua, almeno all’apparenza. Gilbert era considerato tra i favoriti di secondo livello dopo le prestazioni dell’ultima settimana, oggi avrebbe dovuto correre da gregario di Boonen, il vero fiammingo, il vero capitano e maestro del pavè. Alla seconda categoria sopra citata sembravano appartenere Van Avermaet e Sagan, rispettivamente campione olimpico e campione del mondo, veri fuori classe nel pavè, che giungevano alla Ronde in condizioni fisiche perfette. Ci sono poi cose che accadono anche se non dovrebbero, come lo scatto di Philippe Gilbert a 95 chilometri dal traguardo, sul Grammont, che riesce a mietere vittime illustri nel gruppo, compresi Sagan e Van Avermaet che rimangono da subito attardati. Lo scatto di Gilbert è frutto dei dettami tattici della squadra, che sfrutta la condizione fisica del suo uomo (fresco di vittoria alla Tre giorni di La Panne, grazie ad uno scatto guarda caso sul Grammont) che si porta dietro il capitano Boonen, il fidato gregario italiano Matteo Trentin e altri cinque o sei ciclisti bravi a capire l’importanza del momento. Il gruppo di una decina di elementi fa subito la differenza in termini di energie e mantiene ad 1′ di distanza tutti gli altri favoriti, che sul Kwaremont a 55 chilometri dalla conclusione sono tutti a rischio KO. Sul Kwaremont Gilbert inaspettatamente attacca, con Boonen e Trentin che rallentano il ritmo per permettergli di guadagnare il più possibile e l’azione del belga diventa ancor più efficace. Nelle retrovie gli inseguitori capiscono che la frittata è stata fatta, che la QuickStep, la squadra di Boonen e Gilbert, ha giocato d’astuzia ed ora riparare ai danni è quasi impossibile. I chilometri passano e davanti Gilbert non sembra avere cali di potenza, scollina uno dopo l’altro i muri, scollina il Taaienberg, scollina l’Oud Kwaremont, scollina il Paterberg: a 20 chilometri dalla fine l’impresa inizia a prendere forma. Con circa 50” di ritardo Van Avermaet e Sagan guidano il tentativo di rimonta mentre Boonen viene rallentato dalla rottura della bici; i due favoriti della vigilia però vedono l’estinguersi dei loro sogni di vittoria sull’ascesa del Paterberg: Sagan passa troppo vicino al bordo della strada, sbatte contro una transenna, vola a terra facendo cadere Van Avermaet, le loro speranze sono finite. Gli inseguitori rivedranno il vincitore solo dopo il traguardo, con Van Avermaet che, con una prova di gran coraggio, risale in sella e conclude secondo battendo in volata Terpstra, compagno di squadra di Gilbert, il quale può tagliare il traguardo con un vantaggio così ampio da avere il tempo di fermarsi ad un metro dal traguardo, scendere di bici, sollevare al cielo quest’ultima e tagliare la linea d’arrivo a piedi. A rendere ancor più bella questa giornata ci sono gli italiani Modolo, Pozzato e Colbrelli che arrivano nei primi dieci, ci sono gli italiani Troìa, Moscon, Felline e Trentin che durante la gara si mettono in mostra con prove di spessore.

2Ci sono gare che andando contro pronostico e contro la tradizione finiscono invece per rispettare la tradizione, come Philippe Gilbert, che è Vallone e non Fiammingo, che va forte in Belgio ma non sul pavè, che vince sul pavè attaccando sul Grammont anche se questo non è a 10 ma a 95 chilometri dal traguardo.

Fonte foto: copertina Brake Through Media, 1 e 2 Tim de Waele

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