Quando la voce imita uno strumento musicale

voce strumento musicale

Al momento ancora non si sa quando i primi versi emessi da un essere umano abbiano assunto significato trasformando rantoli e sbuffi in parole capaci di descrivere il mondo attorno. Una delle ipotesi è che i primi versi emessi da esseri umani fossero imitazioni di ciò che li circondava, quali animali, piante, o eventi atmosferici.

Al di là dei suoni emessi dai primi homo sapiens, fin dall’antichità esiste l’intenzione volontaria di poter riprodurre i suoni che ci circondano; notevole notare che con l’evoluzione della musica in un insieme organizzato di grammatiche e strumenti questa accezione non sia sparita. La voce umana come imitazione di suoni è di fatto un’operazione performativa di talento, dunque di intrattenimento. Durante i secoli questa pratica è andata perfezionandosi con risultati sempre più mirabolanti.

La Guerre di Janequin

La pratica corale è andata perfezionandosi dal IX secolo in poi. I suoi aspetti più notevoli sono da registrarsi nella polifonia rinascimentale e barocca, le cui scuole più importanti al tempo si trovavano in terra fiamminga e a Venezia. Uno degli esempi dell’epoca più interessanti che coniuga la pratica vocale corale con l’imitazione di suoni altri è La Guerre del francese Clément Janequin (1485-1558). Il brano è stato composto per celebrare la Battaglia di Marignano (1515) dove i soldati francesi sconfissero le schiere del Ducato di Milano. I cantanti vanno a imitare i suoni delle battaglia fra cui lo scoppio di bombarde (“fan”), gli zoccoli dei cavalli (“pa-ti-pa-toc”), lo sferruzzare di spade (“fre-re-le-le-lan”), lo scoccare di frecce (“fa-ri-ra-ri-ra-ri-ra-ri”). La proposta onomatopeica si articola perfettamente con quella ritmica e melodico-armonica. L’opera è divisa fra momenti della battaglia e la descrizione sonora della stessa. L’effetto finale è nel contempo quello di intrattenere portando un virtuosismo canoro ma anche di rimettersi ai suoni più significativi della guerra appena conclusa in Italia.

Trallalero La Partenza

Un esempio invece che fa riferimento non alla musica colta bensì alla musica tradizional-popolare è il “trallalero” ligure. Anche in questo caso assistiamo a un gruppo corale in cui parte della proposta è l’imitazione di un complesso musicale strumentale. Le voci stesse sono così ripartite: tenore, contralto, contrabbasso, basso, e chitarra. Tutte le voci a seconda dei brani o del momento possono essere soliste o accompagnamento. In questo articolo però notiamo soprattutto le tre più gravi che sembrano in parte imitare strumenti quali: i bordoni di cornamusa o, appunto, una chitarra. Quindi, un complesso completo dove le voci possono alternarsi fra momenti canori e momenti di accompagnamento in cui la traccia ritmica viene proposta principalmente dalla voce “chitarra”.

Il Beat box

Ultimo esempio è il beat-box. In questo caso non abbiamo un complesso canoro va una voce sola. La pratica del beat-box nasce negli anni ’80 come imitazione del ritmo, perciò un accompagnamento utile a seguire l’esecuzione solista dei rapper americani. Uno dei fini era poter fare musica e dare libero sfogo all’improvvisazione tipica dei repertori rap anche in mancanza di strumenti musicali. Negli anni a venire questa pratica si è evoluta fino a rendere alcuni individui degli esperti in tutto e per tutto, capaci di imitare sia le sonorità ritmiche che quelle melodiche ed accompagnamento. Se all’inizio il beat-boxer imitava essenzialmente i suoni di una batteria, adesso i più completi esecutori riescono a imitare interi generi fra cui la Dubstep o il Jazz. Fra alcuni degli esecutori più talentuosi segnaliamo: Rahzel Manely Brown, Heymoonshaker, Tom Thum.

Foto di Dean Moriarty da Pixabay

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