
Nel corso della storia dell’umanità, una domanda ricorrente ha tormentato l’animo umano: qual è il segreto della felicità e cosa rende una vita degna di essere vissuta? Questa incessante ricerca ha spinto gli individui a scrutare nei recessi della propria esistenza, così da trovare risposte che soddisfino il desiderio intrinseco di felicità e significato. Dove ci condurrà il cammino?
Il segreto della felicità e il desiderio di “significato” della vita
Ogni essere umano, guidato da un innato desiderio di felicità, trascorre gran parte della propria esistenza alla ricerca di qualcosa che possa colmare il suo vuoto interiore e conferire significato alla propria vita. Nelle “Confessioni”, Sant’Agostino, spiega che l’anima è alla costante ricerca di Dio, inteso come fonte ultima di felicità e pienezza.
Per Andrea Camilleri, la felicità è “una folgorazione. Ti arriva mentre meno te la aspetti e forse mentre meno te la meriti”.
Per altre persone, l’oggetto di questa ricerca non è sempre chiaro. Spesso si rivolgono a creature o circostanze esterne. In altri casi credono che l’autoaffermazione possa essere la chiave della felicità.
Unica cosa certa è che la felicità sembra sfuggire sempre di mano.
L’amore come fulcro della vita degna
L’amore, in tutte le sue forme e declinazioni potrebbe essere il luogo privilegiato in cui sperimentare la vera gioia e dare senso alla propria esistenza?
L’esperienza dell’amore, al di là di contingenti circostanze esterne, rivela la profondità della vita. È attraverso l’amore che l’essere umano trova la pienezza e la trasformazione radicale della propria percezione del mondo.
D’altro canto, quando l’esperienza dell’amore manca o è distorta, anche le circostanze più favorevoli non riescono a produrre una gioia autentica. L’assenza di amore porta a un’esperienza depressiva e angosciante dell’esistenza, in cui il senso di vuoto interiore prevale sulle apparenze esterne.
A suggerirlo, ovviamente in ottica cristiana, anche San Giovanni, con la sua affermazione “Dio è amore“, attraverso cui getta le fondamenta per una comprensione filosofica e psicologica dell’amore come elemento essenziale della condizione umana.
Questa prospettiva suggerisce che ogni esperienza autentica di amore sia, in ultima analisi, un’esperienza di trascendenza, una connessione con la divinità stessa. Detta così, sembra facile. Allora, ripeschiamo Platone, il quale, di contro, sosteneva che l’amore è mancanza, è desiderio di ciò che non abbiamo. La domanda quindi sorge spontanea: e se amiamo e non siamo riamati perché questo amore ci manca, possiamo ugualmente essere felici? E ancora: è possibile amare quando negli altri o in noi stessi non facciamo che vedere imperfezioni? Infine, ci meritiamo l’amore? Anche questa è una domanda frequente in coloro che cercano la felicità.
Ognuno troverà ovviamente la sua risposta. Una prospettiva interessante ci viene tuttavia dal Vangelo di Luca.
La parabola del figliol prodigo
Attraverso la Parabola del figliol prodigo, l’Apostolo ci offre una prospettiva rivoluzionaria sull’amore come forza capace di superare ogni logica umana. Nel racconto, il padre, nonostante l’ingratitudine e la ribellione del figlio, non smette mai di amarlo, offrendogli un perdono inaspettato e un’accoglienza senza riserve. Questa narrazione ci invita a riflettere sull’essenza stessa dell’amore, che non va meritato ma si dona liberamente, che non presta attenzione alle imperfezioni, alla vulnerabilità, alle debolezze, che non ha un secondo fine ma guarda all’essenza della persona.
Ci invita cioè a abbracciare le nostre fragilità e a riconoscere che è proprio nella nostra debolezza che troviamo la forza di amare e di essere amati.
L’amore e la felicità ci spettano per “diritto di nascita”
In definitiva, non siamo chiamati a meritare l’amore, ma a riceverlo gratuitamente e a donarlo agli altri. È proprio attraverso questa dinamica di dare e ricevere che la nostra vita diventa un’avventura piena di significato e di bellezza, capace di trasformare le nostre ferite in testimonianze di amore e di felicità.
Ovviamente l’amore non è un sentimento tranquillo e pacifico, ma un’esperienza che sconvolge e ridefinisce la nostra esistenza. Ma il bello della vita è proprio questo. Quanto alla felicità, ci spetta per diritto di nascita.
Tornando a Camilleri “è una folgorazione”, basta lasciarsi andare alle piccole esperienze e ci accorgiamo che è più vicina di quanto non pensiamo.
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