Qualunque sfida ci si presenti, possiamo affrontarla solo se siamo capaci di ascoltare la nostra interiorità. Sembra una cosa banale, ma in realtà non è scontato. Solo possedendo una connessione profonda con noi stessi, riusciremo a risuonare in maniera armonica con il mondo esterno
Quando l’interiorità rimane inascoltata
Molte infelicità rimangono tali perché in noi manca l’interiorità, quell’unico santuario in cui possiamo affrontare ogni problema alla radice.
Dobbiamo aprire la porta che ci conduce dentro di noi. Spesso invece, troviamo più comodo “tirare innanzi” e assumere qualche “pasticchetta” per l’ansia o la depressione, qualcosa che ci anestetizzi dal dolore.
In realtà, non abbiamo bisogno di palliativi. Tutt’altro! Dobbiamo dotarci di un coraggio intrepido che ci permetta di andare a fondo, anche quando questo fa male.
Del resto, un pianoforte emette un suono solo quando il martelletto, azionato dalla pressione del tasto, colpisce la corda corrispondente. Senza questo scontro, esso rimane un semplice oggetto d’arredo. Lo stesso accade a noi. Se non scaviamo, se non grattiamo la superficie, toccando i “nervi scoperti”, non riusciamo a comprendere il motivo della nostra insoddisfazione esistenziale.
Ma come fare per raggiungere tali profondità? Come trovare quel suono autentico e vibrante che risiede dentro di noi?
Le giuste domande
La vita interiore, che non coincide necessariamente con la natura spirituale, comincia quando siamo capaci di farci domande profonde. Qual è il senso della gioia, del dolore, della vita stessa? Perché non sono felice? Perché il mio matrimonio è in crisi? E via discorrendo. Questi interrogativi, accompagnati da una ricerca di significato, scavano nelle profondità del nostro essere. Nella maggior parte dei casi, essi ci feriscono, ci fanno sanguinare, ma poiché a nessuno piace soffrire, solitamente evitiamo certi argomenti.
Perché complicarsi l’esistenza? È più facile far finta di niente, fingere che tutto vada bene, sorridere e esorcizzare ogni cosa. Questo è spesso il nostro atteggiamento. Tuttavia, il segreto di una vita interiore sana risiede proprio nella capacità di sciogliere i nodi irrisolti.
Ma la ricerca interiore, da sola, può bastare? La risposta è no.
Dobbiamo anche dotarci della capacità di ascolto.
Il Logos del divino: l’arte dell’ascolto autentico
Chi dovremmo ascoltare? Noi stessi? Gli altri? In realtà, entrambe le risposte sono al contempo corrette e ingannevoli: possono diventare persino delle trappole. Se ascoltiamo solo noi stessi, rischiamo di ripiegarci sul nostro ego e non vedere il mondo oltre la punta del nostro naso. Se ascoltiamo solo gli altri, potremmo finire per dipendere interamente da volontà a noi estranee. Che fare, dunque?
Dobbiamo imparare ad ascoltare, prima di tutto e soprattutto, il Logos del divino, qualunque sia il nome del Dio in cui crediamo.
Un logos riportato nei testi sacri, che talora non riusciamo a comprendere, perché ci sembra astratto e distante.
Questo accade perché non siamo abituati a discernere fra il senso letterale e il senso metaforico del logos. Di conseguenza, non arriviamo a catturare l’essenza della parola, che è viva ed efficace.
Ha la capacità di raggiungere angoli della nostra vita che nulla può toccare. Può consolarci, offrirci nuove prospettive e guidarci verso la “conversione” – dal latino “se convertere”, ovvero “portarsi dall’uno all’altro luogo” – cioè cambiare il nostro modo di ragionare, le nostre prospettivi, i nostri paradigmi.
Insomma, una parola in grado di illuminare la nostra esistenza.
Ma quale rapporto abbiamo con la parola del divino?
Torniamo per un attimo a un punto affrontato poche righe fa, sulla nostra incapacità di discernere astratto e concreto.
Se siamo cattolici, probabilmente crediamo nel Vangelo e nella Bibbia, nell’eucarestia e nei dogmi, ma, sinceramente, consideriamo reale il logos narrato dai testi sacri? La risposta, forse, è ambivalente.
In che senso?
La verità nei dettagli: una riflessione sulla narrazione e l’umanità
Quando ascoltiamo qualsiasi predicozzo generico sull’amore, possiamo essere d’accordo a livello teorico, ma ciò di cui abbiamo veramente bisogno è la credibilità. La parola diventa cioè credibile quando le storie che ci vengono narrate non occultano nulla del nostro lato umano.
Eppure, se riflettiamo attentamente, anche leggendo la Bibbia, ci rendiamo conto che racconta storie di persone uguali a noi in tutto e per tutto, persone che condividono i nostri stessi potenziali e limiti, con pregi e difetti, imperfetti come noi. È questa umanità che spesso non riusciamo a comprendere.
La verità, risiede nei dettagli, non nelle narrazioni generali.
Le storie che ci toccano davvero sono quelle che riflettono la complessità e la profondità dell’esperienza umana. Esse ci mostrano che non siamo soli nelle nostre lotte, che c’è una verità universale condivisa da tutti. Questo riconoscimento può diventare una fonte di ispirazione e guarigione.
Ogni individuo deve dunque confrontarsi con la propria storia, con la propria verità, per trovare una nuova linfa vitale. Ma cosa serve per ottenere questa linfa?
Impegno, ascolto attivo e pazienza
- Per esplorare e comprendere la nostra interiorità è necessario impegno e partecipazione. Questo richiede coraggio, perché implica affrontare i nostri lati oscuri e le nostre fragilità. Tuttavia, è proprio attraverso questo confronto sincero con la nostra umanità che possiamo trovare la forza e la saggezza per crescere. In definitiva, per ottenere questa nuova linfa, dobbiamo abbracciare la nostra storia personale, con tutte le sue sfumature e complessità;
- L’ascolto attivo: significa ascoltare noi stessi, la nostra interiorità, e confrontarci con gli altri e con le storie esemplari narrate nei testi sacri. Queste storie non sono semplici racconti di fantasia, ma rappresentazioni della vita quotidiana, ricche di dettagli e narrazioni sfumate che ci guidano verso un cammino virtuoso. Da questo ascolto e da questa indagine può iniziare il nostro percorso. Alcuni aspetti toccheranno il nostro cuore e ci faranno male, ma è un dolore salutare, poiché significa che abbiamo toccato qualcosa di importante dentro di noi;
- Pazienza: non bisogna avere fretta nel trovare le risposte. Spesso, chi intraprende un percorso di crescita interiore crede che una o due sedute di meditazione, coaching o preghiera siano sufficienti per ottenere una chiarezza interiore immediata. Non è così! Alcune illuminazioni arrivano solo dopo mesi o addirittura anni. Dopo la semina, c’è bisogno di tempo e gradualità per emergere. Dobbiamo essere maturi e pronti a ricevere i segnali e, quando questi arriveranno, ogni dubbio svanirà e la verità si manifesterà chiaramente. Risultato?
Parafrasando il Vangelo di Giovanni, “Veritas vos liberabit (“la verità vi renderà liberi”)“.
La libertà ci svincola infatti dalle oppressioni che ci turbano. Ci insegna a vivere diversamente la nostra vita, liberi dai nostri limiti mentali e aperti a una nuova e più profonda consapevolezza.
Foto di Eva Michálková da Pixabay
Scrivi