Perché si muore scendendo in un container?

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Sono purtroppo numerosi e frequenti incidenti mortali sul lavoro che hanno tutti la stessa dinamica: un lavoratore si cala in una fossa, un serbatoio interrato, la stiva di una nave, ed ha un malore.

Un collega cerca di soccorrerlo fa la stessa fine, e così tre, quattro, cinque vittime. Si crea una catena della solidarietà che diventa una catena della morte: nelle statistiche internazionali, ed anche nel nostro Paese, oltre il 50% delle vittime è rappresentato, dai soccorritori.

Cosa accade?

La spiegazione sfortunatamente è piuttosto semplice. Gli ambienti portati ad esempio fanno parte della categoria degli ambienti così detti confinati, di cui fanno parte pozzi neri, pozzi, vasche, fogne, cunicoli, serbatoi, gallerie, silos, caldaie e simili. Questi ambienti sono spazi circoscritti non progettati per la presenza continuativa di lavoratori, ma di dimensioni tali da consentirne l’ingresso per svolgere un lavoro. Sono ambienti sospetti di inquinamento, cioè possono contenere gas.

Che tipo di gas?

I gas che si trovano nei luoghi confinati possono essere presenti perché fanno parte del ciclo produttivo o perché si sviluppano per processi chimici o biologici incontrollati.

I gas tossici che si incontrano in genere possono essere ossido di azoto( NO), acido solfidrico( H2S) dal caratteristico odore di uova marce, anidride solforosa (SO2), ossido di carbonio (CO), quello che si forma durante le combustioni in carenza di ossigeno, come la stufa accesa in una stanza in cui si dorme , l’anidride carbonica (CO2), che si può liberare per cause naturali, attraverso fermentazioni organiche, l’ammoniaca(NH3), il cloro gassoso Cl2, l’acido cianidrico (HCN), da cui si formano i cianuri e l’ozono (O3). I gas infiammabili ed esplosivi possono essere metano, butano, propano e vapori di altri idrocarburi ed anche presenza di un eccesso di ossigeno.

Diversi comparti produttivi (agroalimentare, chimico, plastica ecc.) utilizzano tecnologie di conservazione e di trasporto che implicano la creazione di ambienti confinati con atmosfera controllata inerte (assenza di ossigeno), per impedire l’ossidazione del prodotto.

Esempi di emissione spontanea sono l’emissione di etilene in magazzini di frutta, di H2S, NH3, CO2 in impianti di depurazione, di CO, NO, O3 durante le saldature, CO2 in fermentazione di mosti, metano (CH4) nella produzione di biogas e cianuri, acidi, ipocloriti, solfuri in tubazioni di acquedotti e di piscine.

Alcuni gas sono altamente tossici, anche in piccolissime quantità, come l’acido solfidrico o il cianuro, altri, come l’anidride carbonica, non lo sono ma provocano la morte per asfissia semplicemente perché sono presenti in quantità così elevata da rendere insufficiente la concentrazione dell’ossigeno, indispensabile per la respirazione (e la vita) umana.

Cosa si deve fare?

In tutti questi ambienti è necessario verificare la presenza di gas introducendo delle apposite sonde rivelatrici di gas prima dell’ingresso delle persone. Alcuni gas, come l’SO2 e l’H2S, sono più pesanti dell’aria e tendono a stratificarsi nella parte più bassa, quindi è importante che la sonda scenda fino in fondo. Una volta rivelata la presenza di gas, se non è possibile bonificare l’ambiente, e comunque anche durante le operazioni di bonifica,  è necessario utilizzare maschere antigas con filtri appropriati al tipo di gas presente o autorespiratori (dei sistemi simili alle attrezzature dei subacquei) in caso di atmosfere asfissianti o in assenza di filtri specifici.

Cosa manca quindi quando accadono delle tragedie?

Mancano le sonde dotate di rivelatori multigas, mancano le maschere protettive, ma soprattutto manca la cultura, la formazione degli operatori che si immettono negli ambienti confinati e e l’addestramento pratico ad utilizzare questi dispositivi prima di iniziare il lavoro.

*Biochimico, direttrice del  Laboratorio Rischio Agenti Chimici dell’INAIL

Foto di Mar da Pixabay

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