Il cinema russo d’avanguardia

il cinema

Tra il 1918 e il 1933 si sviluppa l’era del cinema russo d’avanguardia e con esso nuove rivoluzionari teorie del montaggio il quale assumerà sempre di più una funzione di grande importanza per la buona riuscita dei lungometraggi.

Il cinema sovietico può essere a sua volta suddiviso in tre fasi distinte:
1) fase rivoluzionaria nella quale prevalgono enormi difficoltà economiche ma che porta alla nascita del cinema russo d’avanguardia;
2) fase della nuova politica economica (1921-1924), con l’inizio della ripresa nell’industria cinematografica. In questo periodo il nuovo governo post-rivoluzione controllava l’intero sistema industriale russo senza però esser ancora in grado di finanziare la produzione cinematografica;
3) fase di ripresa (1925-1933). Nei primi anni di questa fase nacque il movimento legato alle teorie sul montaggio ma a partire dal 1928 inizierà un controllo più serrato da parte dello stato e che porterà alla fine della fase di sperimentazione.

La scuola di cinema e il montaggio

Nel primo periodo del cinema russo d’avanguardia le risorse per poter realizzare film di produzione propria erano quasi del tutto inesistenti, di conseguenza i registi dell’epoca si concentrarono sui film già esistenti per studiare e comprendere la tecnica del montaggio. E così nel 1919 a Mosca apre la prima scuola di cinema al mondo, fondata da Vladimir Rostislavovič Gardin.

La scuola è una scuola d’avanguardia in quanto rivoluzionaria, elemento in comune con le altre scuole, ma è una delle prime che problematizza e analizza in ogni suo aspetto il codice del montaggio. Tutti gli altri codici del cinema sono in comune con altri linguaggi (ad es.: la pittura con la montatura, i gesti dell’attore con la scultura); il montaggio invece ha funzioni ritmiche, di semplice collegamento a scopo estetico ma che, con il cinema russo, acquisirà sempre più uno scopo ideologico al fine di portare in una certa direzione i sentimenti degli spettatori.

Il primo teorico e uno dei pionieri della scuola è il regista Lev Vladimirovič Kulešov. Kulešov è il primo ad affrontare il problema del montaggio creando l’effetto conosciuto come effetto Kulešov. Tramite l’effetto Kulešov il teorico approfondisce il collegamento causa-effetto: bisogna far credere allo spettatore qualcosa che non è detto che sia reale.

Nel video vi sono tre inquadrature che non c’entrano nulla tra loro e che vengono inserite una dietro l’altra. L’espressione dell’attore rimane la stessa ma è la percezione che hanno gli spettatori a modificarne il significato: se relazionata con l’immagine di una zuppa, sembrerà che l’attore abbia appetito, se la vediamo subito dopo l’immagine di una bambina in una bara, sembrerà triste, infine se viene associata all’immagine di una donna sensuale, sembrerà affascinato. Il senso di ciò che avviene è dato dalla relazione tra le diverse inquadrature e non dalle immagini prese singolarmente, quindi è l’attività interpretativa dello spettatore a fornire loro un significato. Così, dal 1921 si sviluppa la tecnica di montaggio che porta lo spettatore a comprendere le relazioni spaziali e temporali tra elementi eterogenei; ad essa si associa la geografia creativa, un’altra intuizione di Kulešov, ovvero l’insieme di inquadrature realizzate in luoghi diversi ma che sembrano girate tutte nello stesso luogo grazie all’utilizzo del montaggio. Tale effetto lo ritroviamo ancora oggi, a distanza di oltre un secolo, nei film odierni.

Uno dei lungometraggi più interessanti del regista russo è “Le straordinarie avventure di Mr. West nel paese dei bolscevichi” (1924), una ricostruzione ironica riguardo la concezione che gli americani avevano nei confronti dei russi e la situazione nell’Unione Sovietica di quell’epoca. I pregiudizi americani vengono riproposti dallo stereotipo del signore americano protagonista della storia che fa un viaggio in Russia.

Gli attori della scuola sfruttano al massimo la loro espressività e, fatto più curioso, non avevano possibilità di fare molte prove; di conseguenza si provava solo prima di girare e poi si girava una sola volta perché non si poteva stoppare.

Sergej Eisenstein

Nella scuola del cinema russo d’avanguardia Eisenstein è uno dei nomi più conosciuti all’estero. Inizialmente studiò architettura e ingegneria, in seguito fece parte dell’armata russa e infine, dopo un periodo dedicato al teatro, realizzò che il cinema era la sua più grande passione.

ll primo lungometraggio che realizza Eisenstein è “Sciopero!” (1925). Attraverso il montaggio delle attrazioni il pubblico si schiera subito con gli operai, è portato a partecipare e a reagire fisicamente ed emotivamente. Il film possiede molte inquadrature diverse e inserite una dietro l’altra, si procede per accumulo di immagini e la stessa immagine si ripresenta più volte al fine di farci immergere maggiormente nella trama e di provare empatia per i protagonisti della vicenda. In tal senso Eisenstein riprende la teoria di Kulešov ma, a differenza di quest’ultimo, alcune immagini non sono diegetiche in quanto all’apparenza non hanno nulla a che vedere con il film mostrato: l’esempio più significativo consiste nell’immagine dei poliziotti che fermano la rivolta accostata all’immagine dei tori che vengono portati al macello, immagini che, se ai giorni nostri possiamo facilmente pensare ad un’associazione tra loro, all’epoca non era un ragionamento che lo spettatore era solitamente portato a fare.

Dopo Sciopero Eisenstein produce uno dei film di propaganda rivoluzionaria che hanno fatto la storia del cinema dell’unione sovietica, ovvero “La corazzata Potëmkin” (1925). Il film è stato realizzato per commemorare i 20 anni dall’ammutinamento avvenuto nel 1905, quando l’equipaggio della corrazzata Potëmkin si ribellò contro gli ufficiali.

Ogni personaggio ha una sua caratteristica ed espressione ben visibile in modo da far entrare subito in empatia con esso, compresa la folla stessa, grande protagonista del film in quanto simboleggia l’importanza del proletariato nella nuova società.

Il film presenta diverse scene diventate poi iconiche nella storia del cinema, come ad esempio la scena della scalinata di Odessa, dove il tempo viene dilatato in un susseguirsi di immagini che hanno degli scopi ben precisi (come l’ombrello nero che compare all’improvviso, la carrozzina che scende le scale). Questo processo viene definito overlapping, ovvero quando la stessa scena viene riproposta da più punti di vista facendo risultare il tempo del film superiore al tempo della storia: di conseguenza, lo sguardo di tutti converge in quel preciso punto, spettatori compresi.

Lo scopo è sempre quello di scioccare lo spettatore, letteralmente colpirlo con le immagini (da qui infatti nasce la teoria del cinepugno) attraverso il montaggio ritmico con un susseguirsi di eventi uno dietro l’altro.

La vicenda si svolge nel giugno del 1905 e i protagonisti sono i membri dell’equipaggio della nave da battaglia russa che dà il titolo all’opera. Vi è stata una rielaborazione dei fatti storici da parte di Eisenstein che portano alla rivoluzione del 1905 (ad esempio il massacro di Odessa non avvenne di giorno né sulla scalinata ma sulle vie centrali e di notte).

Eisenstein decise di suddividere il film in cinque atti:
1) Uomini e vermi. La carne che viene servita come pasto è piena di larve. I marinai capitanati da Grigorij Nikitič Vakulenčuk protestano ma il medico di bordo interpellato nega l’evidenza e conferma che la carne è buona. Chi si rifiuta di mangiarla e disobbedisce, viene fucilato. Gli ufficiali e alcuni marinai accettano di mangiarla mentre altri marinai si rifiutano e vengono portati sul ponte;
2) Dramma sul ponte. I soldati non sparano grazie all’intervento di Vakulenčuk, dando il via all’inizio della rivolta. Il medico e alcuni ufficiali vengono buttati in mare, altri invece uccisi;
3)Il morto chiama. L’ammutinamento come prevedibile ha un prezzo molto alto, molti ribelli muoiono compreso Vakulenčuk, ucciso da un ufficiale. Il cadavere del marinaio arrivato al porto di Odessa viene trasportato a terra ed esposto pubblicamente dai suoi compagni con un cartello al petto con su scritto “morto per un cucchiaio di minestra”. Il popolo rimane commosso dalla morte dell’eroe ma attira l’attenzione della polizia zarista;
4) La scalinata di Odessa. I cosacchi dello zar, mostrati dalla camera attraverso dettagli, irrompono in mezzo alla folla disarmata sparando contro tutti, donne e bambini compresi. I marinai della corazzata vedono la scena e sparano addosso ai cosacchi coi cannoni.

Intanto giunge la notizia che una flotta di navi dello zar sta per arrivare.
5) Una contro tutte. I marinai portano la corazzata Potëmkin fuori dal porto per combattere contro la flotta dello zar ma incredibilmente i loro compagni delle navi zariste si rifiutano di sparare e lasciano passare la corazzata sventolando la bandiera rossa.

Dziga Vertov

Un altro teorico del cinema russo d’avanguardia e regista da menzionare è sicuramente Dziga Vertov.

Vertov fa una scelta politica che verte a distruggere il sistema tradizionale. Vengono destrutturati i canoni tradizionali e la narrazione dei film precedenti, prediligendo un approccio più razionale. Per Vertov qualsiasi immagine non è la realtà ma una visione di essa, una costruzione della realtà. Da questo nuovo approccio nasce il cineocchio (Kinoglaz, qualsiasi cosa che con gli occhi del quotidiano viene vista banale e scontata, se guardata con l’occhio del cinema e l’aiuto del montaggio diventa qualcosa di nuovo che genera nello spettatore stupore e meraviglia), che si contrappone al cinepugno di Eisenstein; siamo verso la fine del cinema muto.

Anche Vertov subisce il fascino della macchina tipico di quegli anni (si ricorda Metropolis di Fritz Lang), e L’uomo con la macchina da presa del 1929 ne è un esempio.

Il rapporto uomo-macchina continua ad essere molto ambivalente (attrazione per la macchina ma anche paura). Il montaggio è libero di significati intellettuali e logici: siamo noi spettatori a collegare le inquadrature. Inoltre, la città viene spesso paragonata alla macchina e ciò lo si può riscontrare anche dal punto di vista del ritmo del lungometraggio. Il ritmo infatti, in particolar modo il ritmo del lavoro, è il tema centrale che darà il via alla nuova corrente delle sinfonie urbane (avanguardia legata alla modernizzazione urbana).

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