Sviluppo economico e occupazione oggi a Roma

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Sviluppo economico oggi a Roma. Il convegno a cui abbiamo presenziato si è tenuto presso il Museo MACRO di Via Nizza, presentato dall’architetto Matteo Costanzo e dall’ingegner Giulia Benati. Era organizzato nell’ambito dell’incontro “Tre viste su Roma. Sopra, attraverso, sotto”. L’incontro è stato allestito dal gruppo di professionisti riuniti nel team “Laboratorio Roma050”. Coordinamento complessivo esercitato dall’architetto Stefano Boeri, con il supporto organizzativo di Risorse per Roma Spa.

Nell’ambito del convegno sono state evidenziate luci e ombre nello sviluppo economico della città di Roma. Le luci sono sostanzialmente presenti sotto il profilo quantitativo dell’economia. Le ombre – dove i sindacalisti presenti si sono particolarmente diffusi – sotto il profilo qualitativo, soprattutto dell’occupazione.

Sviluppo economico a Roma, buono il dato quantitativo, deprimente quello qualitativo

Ha aperto i lavori il ricercatore del CENSIS, Stefano Sampaolo. Dato il suo background culturale, il relatore ha voluto basarsi sui dati. I numeri dicono che Roma è la seconda città produttiva italiana in quanto a PIL. Tali dati la collocano dietro soltanto a Milano, da sempre “capitale economica” del paese. Ma, a livello europeo, alla pari dell’intera Ungheria e – udite, udite! – poco al di sotto dell’area di Berlino. Ciò significa che la Capitale oggi non fa soltanto della politica la sua mission.

Se il dato quantitativo è sorprendente, meno ottimistica è – come detto – la visione qualitativa dell’economia romana. I dati 2018 mettono in luce l’esistenza di pochissimi investimenti pubblici e l’inesistenza quasi assoluta di quelli esteri. Sotto il profilo dell’occupazione continuano a esistere sacche di lavoro sottopagato. Soprattutto, si è ridotta la produttività degli investimenti più redditizi. Costringendo gli operatori a lavorare di più per mantenere lo stesso livello di reddito.

Nel medio periodo, le occasioni di riscatto non sembrano mancare. Vanno spesi i finanziamenti eurounitari del pnrr, che non sono pochi. Il 2025 e il 2033 saranno due anni “giubilari” per la religione cristiana, con tutte le conseguenze in termini di indotto economico per Roma. Da questo punto vista, la città sembra più capace di 30-40 anni fa di sfruttare i ritorni economici di tali favorevoli situazioni. L’economia romana infatti non si basa più quasi esclusivamente sulla PA ma sta diventando sempre più un’economia di servizi. Il pericolo è sempre quello atavico di adagiarsi su sé stessa, soprattutto nel settore turistico.

Sviluppo economico a Roma, in crisi l’artigianato, emigrano i più professionalizzati

È poi intervenuta Maria Fermanelli, Presidente di CNA-Confartigianato di Roma. Anche lei ha iniziato esponendo le cifre che indicano nell’artigianato una componente importante dell’economia romana. Trattasi di 18.000 imprese più altre 60.000 nell’indotto. La media è di 3-5 addetti, spesso familiari o extra-comunitari. I dati di crescita sono dell’1,93% annuo, cioè oltre la media nazionale.

Fermanelli non ha precisato se la media addetti comprende anche i numerosi lavoratori “in nero”. Né se il dato dell’incremento del PIL comprenda gli introiti spesso non fatturati da parte degli artigiani. Non ha nascosto però la forte crisi di sopravvivenza delle imprese artigianali a Roma. Sia per la difficoltà culturale di comunicare e pubblicizzare la propria professionalità. Sia per gli enormi costi d’affitto delle botteghe, soprattutto al centro storico.

La prima sindacalista a intervenire è stata Maria Annunziata Veltri, della CISL Roma e Lazio. Veltri ha confermato lo schiacciamento verso il basso delle professionalità operanti sul mercato del lavoro romano. Ha rilevato l’esistenza di pochissime start-up, non sostenute da un polo universitario comunque di eccellenza. Milano, ad esempio, ne ha quasi il doppio. Le competenze, quindi, scarseggiano e i lavoratori più professionalizzati spesso preferiscono emigrare all’estero. Soprattutto, sono rimaste ferme le politiche attive del lavoro, principalmente nel campo dell’incrocio tra domanda e offerta.

Sviluppo economico basato sulla precarietà e il lavoro nero

Molto più pessimista l’intervento di Anelio Corsi, della CGIL Roma e Lazio. Ha aperto l’intervento segnalando l’aumento della precarietà e la discesa dei salari da un ventennio a questa parte. Il suo “grido di dolore” ha riguardato soprattutto la “trasformazione” dell’economia romana, avvenuta nell’ultimo quarantennio. Non più basata sulla PA, a causa delle numerose “esternalizzazioni”, a suo parere svantaggiose per l’interesse pubblico.

A Roma – ha proseguito – sono quasi sparite le poche ma eccellenti industrie fuori GRA (Alenia, Voxson, ecc.). In declino l’artigianato e il commercio di prossimità, a causa del proliferare degli ipermercati e del commercio online. Distrutta l’industria cinematografica, con l’avvento delle TV private. I settori economici oggi prevalenti, secondo il sindacalista, sono la logistica (commercio microaziendale e ristorazione) e i servizi alla persona. Cioè i serbatoi della precarietà e del lavoro nero.

Il risultato è la disoccupazione strutturale e l’insufficienza dei redditi che in 40 anni sono aumentati solo del 23%. In tale situazione, è sorprendente l’incremento esponenziale dell’ammontare dei c/c a Roma. Secondo il relatore tali incrementi sarebbero andati a vantaggio di quello che ha definito “il sistema delle rendite” (professionisti, accademici, imprenditori edilizi). Oppure alla malavita e al sistema del lavoro nero.

Le politiche economiche di Stato, Regione e Comune sono sempre state contrastanti

Alberto Civica, segretario UIL di Roma e Lazio, ha svolto un intervento più giuridico-politico che economico. Secondo il sindacalista, i mali di Roma dipendono dall’assenza di decisioni per la frammentarietà e contrapposizione dei poteri. Da sempre, le posizioni di Stato, Regione e Comune, per quanto riguarda Roma, non hanno mai coinciso. Nemmeno quelle poche volte che le tre amministrazioni erano dello stesso colore politico.

Inoltre, da troppi anni i Bilanci di previsione si fanno in funzione del parere della Corte dei Conti e non ai bisogni dei cittadini. Il risultato è il finanziamento soltanto di “microcantieri”, con tutte le conseguenze sull’occupazione.

Sono intervenuti anche Adriano Contabile, dottorando alla LUISS e Francesca Leoncini, Vice Presidente della Commissione Bilancio di Roma Capitale. Quest’ultima ha ventilato la “privatizzazione” di parte dei servizi AMA e ATAC, facendo storcere la bocca a molti dei partecipanti. Redattore compreso.

Foto di user32212 da Pixabay

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