Il background check degli affitti a NYC

NYC

È scontato dire che, quanto a case in affitto, a NYC ci sia solo l’imbarazzo della scelta, soprattutto se il budget a disposizione va dai 5000 dollari al mese per un appartamento con una camera da letto, agli 8000 per quello con due camere. Certo, si può spendere meno accontentandosi di un appartamento in un palazzo senza ascensore, in un’area con pochi servizi, pericolosa e lontana dalla metropolitana, ma non è difficile spendere anche molto, molto di più.

Se però si cerca un appartamento in affitto per tre, quattro mesi, i cosiddetti short-term rentals, allora le cose si fanno veramente complicate: non basta più, infatti, essere disposti a spendere qualsiasi cifra, gli affitti brevi sono davvero rari. Ed è una di queste rarità che Ammi ed io abbiamo cercato affannosamente per poi finire, come avete letto, nella topaia.

Dalla topaia

“Io in questo posto non ci voglio stare”, ha detto Ammi al risveglio, dopo una prima notte agitata.

“Amore, non preoccuparti, troveremo un’altra casa.” gli ho risposto mentre passavo l’aspirapolvere nel tentativo di eliminare almeno la laniccia che svolazzava sul pavimento.

Ho passato dieci giorni a consultare compulsivamente i siti immobiliari, alla ricerca di una casa abitabile. Ne abbiamo viste tre. 

Le alternative alla topaia

La prima, seppur microscopica, sembrava decente e Ammi stava dicendo qualcosa quando le sue parole sono state coperte dal rumore assordante di un martello pneumatico: stavano ristrutturando due degli appartamenti adiacenti e non avrebbero finito prima di maggio. Mi sono immaginata Ammi al telefono o in una video chiamata, mentre grida, paonazzo, per farsi sentire sopra il rumore delle martellate. Non si poteva fare.

La seconda, all’ottavo piano di un orribile palazzo (ma non era il momento di andare per il sottile) era grande ed illuminata dal sole; peccato che non si vedesse nitidamente fuori dalle finestre perché la parte esterna dei vetri era incrostata di sporco, ma chi eravamo noi, abitanti della topaia, per lamentarcene?

Era una fredda e luminosa giornata invernale; l’inquilino, un burbero signore di una certa età, sudava copiosamente.

“L’aria condizionata non funziona.” ci ha detto, “Il riscaldamento funziona ma non c’è il termostato: la temperatura sale, sale, sale senza limite fino a che non spengo. La notte o si muore di caldo o si muore di freddo.”

Ammi ha guardato me, io ho guardato il divano.

“Il divano è scomodo” ha detto l’inquilino.

“Il divano è rotto” gli ho detto io.

“Mi hanno detto che è fatto così” mi ha risposto lui.

Come no! Il classico divano ad arco, con il centro che tocca per terra, praticamente una culla, talmente imbarcato che le zampe in metallo, invece di essere perpendicolari al pavimento, sporgevano verso l’esterno.

“Attenti alle zampe” ha infatti continuato il burbero, “io mi sono fatto male più volte” ed ha mostrato alcune ferite sul collo del piede. 

Il tutto per 8.000 dollari al mese.

Siamo andati a vedere la terza casa senza alcuna speranza. Invece era perfetta: luminosa, pulita, silenziosa, in una zona piena di servizi e vicino alle metro.

“Chiamo l’agente immobiliare e la confermo.” ha detto Ammi e, dopo una lunga telefonata, nel corso della quale abbiamo chiesto rassicurazioni in merito al funzionamento dell’aria condizionata e del riscaldamento, abbiamo preso la casa. Almeno così pensavo, fino a che Ammi, guardando i documenti ricevuti dall’agente immobiliare, ha sgranato gli occhi, ha cambiato colore ed ha gridato:

“No! Il background check nooo!”

Il background check

Ignara di cosa potesse mai essere il background check, ho dato una sbirciata ai documenti e:

“Bè? Devi riempire il questionario, dati personali, di conto corrente….”

“Non è facile come credi.”

Con ansia crescente, ho scoperto che per affittare una casa a NYC, anche se per soli tre mesi, si viene sottoposti ad un invadente controllo delle proprie finanze e si deve:

produrre dichiarazione dei redditi americani ed eventuale portafoglio azionario; dimostrare di avere un lavoro stabile; avere uno stipendio annuale, sempre in America, di 40/50 volte superiore al canone mensile; provare di essere stato, in America, un buon inquilino; avere la cosiddetta credit history, un sistema di valutazione che, sulla base di alcuni elementi, accerta quanto si sia solvibili. Sempre in America. Insomma, non basta avere del denaro: occorre averlo in America. Ora, se uno vive a NYC, il background check è rognoso ma possibile; se, però, vivi a Londra e stai qui solo 4 mesi, soddisfare le richieste è pressoché impossibile.

“Paghiamo tutto in anticipo.” abbiamo suggerito.

“È vietato per legge.” ci ha risposto l’agente immobiliare.

“Gli estratti dei conti inglesi valgono?”

“No, servono i conti americani.”

“Ma noi viviamo a Londra!”

“Darvi la casa sarà un problema.” ha concluso l’agente immobiliare. Mentre a me veniva il magone, Ammi sbraitava “io non posso perdere tutto questo tempo, io devo lavorare” e camminava su e giù lungo il tetro soggiorno della topaia. Topaia, tra l’altro, alla quale avevamo dato disdetta sulla base del mio immotivato ottimismo “tanto è sicuro che troveremo una sistemazione migliore”. Nel giro di una settimana saremmo stati senza casa.

È stato un weekend di suspense nel corso del quale, però, l’ufficio background check del palazzo ha lavorato alacremente e, dopo aver ricevuto da Ammi ogni documento possibile, manco avessimo chiesto milioni di dollari in prestito, lunedì mattina ci ha scritto: background check superato. La casa era nostra. Non siamo mai stati così felici di pagare un canone di locazione.

Esultando, abbiamo abbandonato la topaia e da allora NYC mi sembra quasi bella.

P.S.

In molti mi hanno chiesto di vedere le foto della topaia. Vi soddisferò presto.

Foto di Leonhard_Niederwimmer da Pixabay

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