Fondazione di Roma, aspetti totemici e leggendari del 21 aprile

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Fondazione di Roma. Alcuni riti collegabili al totemismo sono presenti nella leggenda del 21 aprile sin dall’epoca dell’insediamento latino sul colle Palatino. Cioè in epoca precedente alla fondazione romulea. La grotta del Lupercale che si apriva sul fianco del colle, davanti alla palude del Velabro, era infatti teatro di riti preistorici collegati a Fauno.

Questa divinità totemica degli antichi latini era uno sconcertante soggetto mezzo uomo e mezzo lupo, forse un licantropo.  Un‘altra divinità, probabilmente addirittura precedente era Picus, il picchio. Fauno e Picus potrebbero aver guidato due generazioni differenti di Latini in una primordiale “primavera sacra” alla ricerca di territori da popolare.

Ancora in età repubblicana si svolgeva a Roma la cerimonia rituale del Lupercale in onore di Fauno. Nel corso di essa alcuni giovani correvano nudi attorno al Palatino. È proprio nella grotta del Lupercale che, secondo la leggenda, sarebbe approdata la cesta dove erano stati abbandonati i gemelli Romolo e Remo. Ivi furono allattati dalla lupa, raffigurante l’aspetto materno di Fauno.

Fauno, Picus e il ficus ruminalis alla base della leggenda della fondazione di Roma

Un altro aspetto totemico della genealogia dei gemelli è documentato sul retro di uno straordinario specchio del IV secolo a.C. ritrovato a Volsinii (Bolsena). Romolo e Remo sono accovacciati fra le gambe della lupa e sotto il ficus ruminalis. Ruminalis significa “che secerne latte“.

Il ficus rappresenta un elemento della componente sabina di Roma. Era infatti il simbolo totemico della città di Ficulea, nei pressi dell’odierna Mentana. Di lì aveva origine un antichissimo percorso per Roma inizialmente detto Via Ficulensis, poi Via Nomentana. Sulle spalle della lupa vi sono gli uccelli sacri del picchio (Picus) e della civetta. Quest’ultima, detta parra, era un animale sacro a Vesta.

Ai lati sono Fauno, verso cui guarda Remo e – probabilmente – l’eponimo re Latino, verso cui guarda Romolo. Lo spazio complessivamente riservato al culto di Fauno è comunque maggiore degli altri. Non solo per la presenza di un altro lupo, seduto in basso alla scena. Ma soprattutto per il personaggio materno rappresentato dalla lupa (Fauna) che allatta i gemelli. La componente sabina è, quindi, ragionevolmente messa in secondo piano.

Marte sostituì un originario dio Fuoco come genitore di Romolo e Remo

La figura del dio Marte che, secondo la leggenda tradizionale era il padre dei gemelli, è presente in posizione defilata nello specchio del IV secolo. Appare infatti tra i rami del ficus, accanto alla madre dei gemelli (Rea Silvia). Indossa un copricapo alato. A ben guardare, ha l’aspetto di un improbabile Mercurio. Il suo ruolo, quindi, è molto sfumato. Quasi quello di un semplice “messaggero”.

In una versione primitiva della leggenda di Romolo e Remo, il padre dei gemelli sarebbe stato invece il dio Fuoco. Lo riporta lo storico greco Promathion e lo cita Plutarco. La vestale Rea Silvia, infatti, sarebbe stata fecondata da una scintilla (ignis) scaturita dal focolare. Nello specchio di Bolsena appare quindi anche la presenza dell’elemento totemico del fuoco. Ma è già mediata dalla figura dell’innocua civetta, sacra a Vesta. Vesta era la dea del focolare domestico.

Marte si sostituì al dio Fuoco come genitore dei due gemelli fondatori di Roma solo successivamente. Probabilmente in epoca repubblicana. In effetti, anche in Etruria troviamo il dio della guerra Maris. E’ una divinità molto simile al latino Mars e al greco Ares, figlio di Zeus e di Era. Così come Ignis lo era di Giove.

La fondazione di Roma non avvenne il 21 aprile del 753 a.C.

Tutte queste tradizioni leggendarie sono collegate a un primitivo totemismo preesistente alla data tradizionale della fondazione di Roma. A ben guardare, poi, il 21 aprile del 753 a.C. sarebbe stata fondata la “Città del Palatino“ non quella dei sette colli. Lo stesso Andrea Carandini la ricollega alla costruzione di un primo muro di cinta attorno a quel solo colle. Per poi parzialmente contraddirsi datando al 730 a.C. le mura da lui ritrovate intorno al Palatino.

In realtà già 150 anni prima, all’inizio del IX secolo a.C. sui sette colli esisteva un enorme abitato, suddiviso in più distretti. Quell’insieme di villaggi era già il più esteso centro abitato d’Italia. Un po‘ come la New York italica di allora. Il tentativo del presunto “Romolo“ sarebbe stato quello di conferire al suo colle (il Palatino) una posizione dominante sugli altri sei/sette. Ma non vi riuscì.

Il prosieguo della leggenda, infatti, parla di una “seconda fondazione“ di Roma con cerimonia ai piedi del Campidoglio. Al termine sarebbero stati proclamati due coreggenti: Romolo e il sabino Tito Tazio. Sul luogo della nuova fondazione, al posto della lupa, fu posto il ficus ruminalis simbolo di Ficulea. Da esso nacque il nome Roma. Ma il predominio sabino fu solo transitorio. Le narrazioni successive provvidero a cancellarne persino la memoria. E a riportare la lupa in posizione dominante.

Foto di Peter Fischer da Pixabay

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