L’Italia dei risparmi opinabili e degli sprechi occulti

lampioni romaSabato 1 aprile la Süddeutsche Zeitung, principale giornale della Baviera, ha pubblicato in prima pagina un articolo dal titolo provocatorio: “Roma, città eterna, luce finita“. Non si è trattato di un pesce aprile. L’articolo riguardava la decisione dell’amministrazione capitolina di sostituire, anche nel centro storico della città, le lampadine dei lampioni con delle luci a LED.

In tutto sarebbero 186.000 i lampioni interessati dalla sostituzione. Scaturita dalla necessità di risparmiare sulla bolletta elettrica (il risparmio previsto è di 23 milioni di euro), la decisione ha provocato la reazione indignata dei cittadini che lamentano la perdita di fascino dei vicoli del centro storico illuminati da una luce fredda, brutta, deturpante.

Risparmi opinabili, sprechi di denaro pubblico e proteste dei cittadini, in Italia sono all’ordine del giorno. Singolare, però, che anche un organo di informazione straniero ne abbia voluto parlare. Mutatis mutandis restiamo in Germania per dare un’altra notizia sempre afferente al tema dei tagli e dei risparmi.

Lo Stato italiano vuole vendere, a Monaco di Baviera, gli edifici sede del Consolato e dell’Istituto di cultura. La notizia è stata data senza fornire spiegazioni ed ha alimentato il timore che la vendita sia il primo passo cui seguirà la successiva soppressione delle due istituzioni. La preoccupazione sulla loro sorte ha indotto alcuni connazionali residenti a Monaco a indire una petizione online.

La decisione di mettere in vendita i due edifici è legata alla legge di stabilità, strumento con cui annualmente il governo realizza gli obiettivi di finanza pubblica. Puntualmente vi si parla di contenimento della spesa e di tagli agli sprechi, dei modi e delle misure per ottenere risparmi. E non potrebbe essere altrimenti vista l’immane voragine del debito pubblico italiano. Ma ci sono modi e modi. E sprechi e sprechi.

Il 20 marzo la Rai ha trasmesso un servizio sulla casa-museo di Pirandello ad Agrigento. Nell’edificio, di 80 mq, lavorano 66 dipendenti tra cui 15 custodi. A Torino nel museo egizio i custodi sono 32 per 10.000 mq. A Monaco i dipendenti dell’Istituto di cultura sono cinque. Saranno pure paragoni e discorsi da bar, ma come non indignarsi quando lo Stato con una mano distribuisce prebende ingiustificate e con l’altra impone sacrifici ingiusti?

La Baviera è lo Stato della Germania con la maggiore estensione geografica. Ha una popolazione di circa 13 milioni di abitanti, ben superiore a quella dell’Austria o a quella della Svizzera. Gli italiani che ci vivono sono circa centomila. In quanto sede di numerose industrie, di centri tecnologici d’eccellenza nonché di università e istituzioni culturali di primaria importanza, la Baviera ha intensi rapporti scientifici, commerciali, giuridici e culturali con l’Italia intera e in particolare con le regioni settentrionali.

Siccome se ne tralascerebbero non poche, è semplicemente impossibile elencare le innumerevoli realtà che impersonano questo felice connubio. Altrettanto impossibile è tentare di quantificarne il valore in quanto non riconducibile a un calcolo meramente economico. Una cosa però può essere affermata senza ombra di dubbio. L’introito derivante dalla vendita dei due edifici è certamente risibile se confrontato a tale valore, mentre i danni che ne deriverebbero in termini politici, sociali, culturali e di immagine sarebbero incalcolabili.

Consolato Generale d'Italia a Monaco di Baviera

Consolato Generale d’Italia a Monaco di Baviera

Va detto che nella sede dell’Istituto di cultura hanno luogo, tra l’altro, anche i corsi di italiano, con circa settecento iscritti in totale. La lingua è il primo veicolo della cultura di un paese. Questo lo sanno bene perfino i cinesi che hanno in programma l’apertura, nei cinque continenti, di mille Istituti Confucio entro il 2050. Nonostante la nostra lingua sia molto richiesta (e, consentiamocelo, molto più bella di quella cinese), l’Italia i suoi istituti di cultura invece di aprirli li vende o li chiude.

Consolati e istituti di cultura sono un ponte tra le nazioni. Sopprimerli equivale ad abbattere questi ponti. Il 25 marzo scorso a Roma i capi di governo della UE hanno firmato una dichiarazione col chiaro obiettivo di rilanciare l’Unione e rimarcare l’importanza dei valori comuni e dei legami tra le nazioni partecipanti, a dispetto dei muri e quale baluardo della indivisibilità dell’Unione. Nella dichiarazione i leader dei 27 stati UE hanno sottolineato l’importanza dello sviluppo culturale e sociale e hanno sottoscritto “l’impegno a dare ascolto e risposte alle preoccupazioni espresse dai cittadini”.

In attesa di vedere come andrà a finire la petizione, la speranza della collettività italiana e tedesca di Baviera, nonché di tutti coloro che vivono in questo Land e a cui sta a cuore il rapporto con l’Italia è che questo impegno venga rispettato. Nel frattempo vedremo anche se i quartieri del centro storico più grande del mondo torneranno ad essere illuminati con la luce, calda e affascinante, dei suoi vecchi lampioni.

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