La politica britannica è sempre stata caratterizzata da sobrietà, compostezza e da una certa dose di eleganza. Le terribili cravatte viola di Gordon Brown, o alcune improbabili regimental sfoggiate da Tony Blair, più adatte ad Harry Potter che non ad un primo ministro, non sono rimaste impresse nelle memorie collettive tanto quanto è rimasta impressa la signorilità di chi le indossava.
Dai politici britannici, negli anni, noi italiani abbiamo imparato che ci si può vestire senza alcuno stile ma essere seri e validi parlamentari; non è l’abito che fa il monaco, ci hanno insegnato i British.
Così, quando sulla scena politica si è affacciato Boris Johnson, abbiamo pensato: lo vedi così, con quella pettinatura da folle e l’aspetto un po’ cialtrone ma lascia perdere le apparenze, quello è britannico, saprà il fatto suo. E invece ci sono sempre le eccezioni e Bojo è una di quelle.
Lo stile della sua leaderschip è emerso chiaro fin da subito: mentire.
Tra le sue gesta grandiose si deve ricordare l’aver ottenuto la chiusura del Parlamento proprio raccontando bugie alla Regina. Non era mai successo prima, e con grande probabilità non accadrà mai più, che un primo ministro menta alla Sovrana: Boris lo ha fatto con una nonchalance degna di un nostro rappresentante in campagna elettorale, quando vengono promesse cose che manco Dio potrebbe garantire. Ma noi siamo fatti così e si sa; i britannici, invece, sono diversi. O almeno lo erano prima dell’avvento di Boris.
Con lui tutto è cambiato e se n’è accorta anche l’Europa.
È andata così.
Ad ottobre 2019 Boris aveva negoziato e risolto il problema delle due Irlande.
L’Irlanda è un’isola sulla quale convivono due stati: l’Irlanda del Nord, stato britannico, e la Repubblica d’Irlanda, stato a sé e facente parte dell’Europa.
Guerre sanguinose hanno scosso le due Irlande fino a che, nel 1998, Tony Blair, sfoggiando un’improbabilissima cravatta arancione ad enormi pois neri, e Bertie Aheren, allora primo ministro irlandese, hanno sottoscritto l’accordo detto del Good Friday – perché firmato il Venerdì Santo – con il quale fu fatta la pace. Tra le decisioni determinanti, quella di eliminare il confine militarizzato tra i due stati affinché l’isola restasse unita. Ed è andato tutto bene. Fino alla Brexit.
Essendo le due Irlande membri dell’Europa, l’assenza di un confine fisico non era un problema; uscendo la Gran Bretagna dall’Unione Europea, però, e venendo meno le intese commerciali comunitarie per l’Irlanda del Nord, intese che rimangono valide per la Repubblica di Irlanda, come si sarebbe potuto controllare l’importo ed export delle merci? Come ripristinare le dogane senza violare l’accordo del Good Friday e senza, quindi, imporre un confine terrestre?
L’accordo sottoscritto quasi un anno fa da Boris Johnson con l’Unione Europea ha risolto la questione spostando, idealmente, il confine tra le due Irlande lungo il mare: in questo modo, tutte le merci importate ed esportate in e dall’Irlanda, anche quelle provenienti dalla Gran Bretagna e dirette in Irlanda del Nord e viceversa, saranno soggette a controlli da parte di una dogana mista UK ed Irlanda. I dazi saranno calcolati sulla base delle direttive comunitarie per la Repubblica Irlandese mentre per l’Irlanda del Nord vigerà un regime più articolato.
L’accordo garantisce, inoltre, all’UE il controllo sui sussidi statali concessi alle imprese nord irlandesi.
Ora, non c’è da chiedersi se sia un buon accordo o meno, c’è solo da rilevare che Boris Johnson, a nome del suo Paese, lo ha ritenuto idoneo e lo ha sottoscritto.
I britannici sono un popolo di parola, quando dicono una cosa è quella, basta vedere com’è andata a finire con Brexit.
L’estroso Bojo fa eccezione: sostenendo che “lo faccio per preparare una rete di sicurezza per il mio paese” ha presentato un disegno di legge, chiamato Internal Market, in netto contrasto con il patto da lui stesso firmato. Una condotta così te la aspetti dal leader della Corea del Nord, non dal primo ministro britannico. Ma, in effetti, la verità è che non ti aspetti Boris Johnson come premier della Gran Bretagna.
L’Europa non l’ha presa bene ma ancora peggio l’hanno presa i britannici.
“Abbiamo firmato liberamente e consapevolmente un accordo internazionale e questo deve essere onorato. Fine della storia.” ha detto Sir Roger Gale, veterano dei Conservative.
Cinque ex premier, tra i quali Cameron, Brown e Blair, hanno fortemente criticato il disegno di legge.
Bojo ha replicato che Bruxelles potrebbe danneggiare la pace e la stabilità in Irlanda del Nord. Sarebbe stato carino, da parte sua, ragionarci prima di firmare l’accordo ma ormai è fatta.
La Camera dei Comuni ha approvato il disegno di legge, come era prevedibile vista la grande maggioranza dei Conservative, ma forti sono i contrasti all’interno del partito e l’iter perché l’Internal Market Bill diventi legge è ancora lungo.
Restiamo a guardare sperando che, alla fine, abbiano la meglio i britannici, quelli che hanno una parola sola. Quelli veri.
Foto di Wayne Harrison da Pixabay
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