Quindici anni fa la sua storia divenne un caso mediatico. Qui la vogliamo ricordare.
Monaco di Baviera e Milano hanno in comune l’iniziale e molto altro. La ricchezza ad esempio. Milano è una città industriale tra le più note al mondo, centro fieristico di importanza internazionale. La stessa cosa vale per Monaco. I due capoluoghi primeggiano anche nell’offerta culturale e artistica. Vantano importanti musei e pinacoteche che ospitano raccolte di notevole valore. Con la Scala e il Nationaltheater, sono sede di grandi eventi musicali. Paragonabili anche l’estensione territoriale, la dimensione demografica e l’ubicazione geografica a ridosso delle Alpi, vicino a montagne e laghi di grande bellezza.
Tra Monaco e Milano negli ultimi tre lustri si è consumata una storia singolare e inquietante che stride col grado di civiltà raggiunto dalle due città e rappresenta un indizio di quanto, nonostante le apparenze, le cose possano essere molto diverse dalla realtà. Un indizio che apre uno squarcio su questioni la cui conoscenza è necessaria se si vuole capire quanto lavoro c’è ancora da compiere per costruire l’Europa e farne un luogo di civile convivenza.
I fatti di cui parleremo riguardano una famiglia mista, padre tedesco, madre italiana e i loro due figli, all’epoca di undici e sette anni, bambini con due culture e due lingue. Da mercoledì scorso la madre non c’é più. Se n’é andata logorata da una malattia fulminea e incurabile. Ma a logorarla lentamente per 15 lunghi anni é stata la sua vicenda personale che lei stessa ha voluto raccontare in tutti i modi.
Con dichiarazioni, proteste e denunce é riuscita a ottenere l’attenzione delle istituzioni e a mobilitare le coscienze della gente, sollecitando ed auspicando per lei, per i figli e per l’ex-marito una soluzione definitiva al loro dramma. Un dramma che oggi, con la sua scomparsa, appare ancor più emblematico dell’incapacità dell’Europa di superare i limiti giurisdizionali degli ordinamenti nazionali in materia di diritto di famiglia.
La storia
Marinella Colombo e Tobias Ritter si conoscono e mettono su famiglia a metà degli anni novanta. Tobias è di Monaco e qui i due stabiliscono la propria residenza. Vivono felici per alcuni anni. Dalla loro unione nascono Leonardo e Nicolò. Poi qualcosa si incrina. Nel mese di novembre del 2006 si separano. Il tribunale di Monaco stabilisce la residenza dei due bambini presso la madre. Tobias può vederli ogni due fine settimana e trascorrere con loro metà delle vacanze. Entrambi i genitori mantengono la potestà genitoriale. All’inizio del 2007 Marinella riceve la prima visita dello Jugendamt. Apriamo una parentesi. Nella vicenda Colombo-Ritter lo Jugendamt ha svolto un ruolo importante e merita un approfondimento. Letteralmente la parola “Jugendamt” vuol dire “Ufficio della gioventù”. L’ufficio è la principale istituzione tedesca a sostegno dell’infanzia e della gioventù e fa parte dell’amministrazione comunale. Gli Jugendamt assistono e supportano i tribunali dei minori in merito a tutte le questioni riguardanti la potestà genitoriale e il diritto di visita, partecipano e collaborano nelle cause e nei dibattimenti processuali. Chiusa parentesi.
Successivamente le visite dello Jugendamt ai bambini si intensificheranno. Nelle sue interviste Marinella parlerà dei modi e dei metodi dei funzionari dell’ufficio. All’inizio del 2008 la ditta in cui lavora decide di chiudere l’ufficio di Monaco e le propone il trasferimento nella sede di Milano. Un’offerta che Marinella vorrebbe accettare. Ne parla con Tobias impegnandosi a portargli i bambini una volta al mese. Si rivolge al tribunale per chiedere l’autorizzazione al trasferimento e per poter regolare le visite del padre. Lei e i bambini vengono nuovamente interrogati dallo Jugendamt. Primavera 2008. La presenza dello Jugendamt nella vita dei due genitori e dei loro bambini si fa sempre maggiore e alimenta il conflitto tra i due ex-coniugi. Marinella ha difficoltà economiche e accusa Tobias di non sostenerla adeguatamente. A giugno il tribunale respinge la richiesta di trasferimento. Marinella fa ricorso.
Lo Jugendamt continua la sua azione. I bambini sono spaventati. Marinella promette ai figli che non permetterà più che venga loro fatto del male. Decide di reagire e di difendersi e cerca aiuto. Viene a conoscenza dell’esistenza del CEED (Conseil Européen des Enfants du Divorce – Consiglio europeo dei bambini del divorzio) un’associazione di genitori di bambini vittime di sottrazioni internazionali, e la contatta. Apprende che il suo caso non è isolato. Viene a sapere di bambini sottratti ai loro genitori dallo Jugendamt, senza preavviso e assegnati a famiglie affidatarie. Decisione drastica e al stesso tempo drammatica, il 14 settembre 2008 è in viaggio con i figli. Destinazione Milano. Qualche giorno dopo li iscrive a scuola. Ottobre 2008. Marinella viene a sapere di essere ricercata dalla polizia. Il 27 ottobre si costituisce, viene arrestata e portata a San Vittore, dove trascorre una notte, poi rilasciata con l’obbligo di firma settimanale. Apprende che contro di lei è stato spiccato un mandato di arresto europeo, emesso a Monaco già il 24 agosto quando si trovava ancora in Germania e i figli erano in vacanza con il padre. Rischia fino a cinque anni di prigione. “Strano che il 2 settembre, presentandomi a Monaco all’udienza di ricorso per il negato trasferimento, ricorso anch’esso respinto, non sia stata arrestata” dichiara Marinella. Ma quel giorno aveva già capito, sono sue parole, che si stava costruendo un caso per impedire che i figli lasciassero la Germania, e per toglierle l’affido. Trascorre una notte nel carcere di S. Vittore. Il giorno dopo viene rilasciata con l’obbligo di firma settimanale.
Il 2 dicembre il Tribunale dei Minori di Milano sulla base della documentazione ricevuta dalla Germania dispone il rimpatrio immediato dei bambini. Marinella denuncia anomalie ed irregolarità nella documentazione prodotta dai giudici tedeschi. Ciò in particolare per quanto riguarda la correttezza delle traduzioni il cui testo, non conforme all’originale, assegna al padre l’affidamento esclusivo dei figli. Marinella, delusa dalla decisione dei giudici italiani, decide di non mandare più a scuola i figli e li nasconde. Il giorno dopo le arrivano in casa i carabinieri. Da quel momento dà inizio alla sua azione di informazione, di denuncia e di protesta. Contatta giornali e televisioni e scrive alle Istituzioni italiane ed europee. Scrive al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al Ministro della Giustizia Angelino Alfano. Il 26 gennaio 2009 i giudici della Corte d’Appello rendono noto di aver rilevato “condizioni ostative” alla concessione dell’estradizione e che pertanto non accolgono la richiesta delle autorità tedesche. Marinella resta in Italia. Ciò non serve ad evitare che rimanga oggetto non solo di uno, ma di due procedimenti a suo carico, uno in campo penale per il reato di sottrazione di minori, l’altro in campo civile per non aver dato luogo al rientro dei bambini ordinato dai giudici. Nel mese di marzo avanza ricorso in Cassazione contro la decisione del Tribunale dei Minori di Milano. I tempi tecnici dei ricorsi in Cassazione sono lunghi e Marinella non può e non vuole tenere a lungo i figli nascosti. I suoi avvocati contattano quelli dell’ex-marito e tra le parti ha così inizio una mediazione stragiudiziale con lo scopo di arrivare a sottoscrivere un accordo con il quale Tobias rinuncia al rimpatrio dei figli e Marinella si impegna a far riprendere i contatti tra lui e i bambini. Aprile 2009. Firmato l’accordo Leonardo e Nicolò riprendono la scuola. 8 maggio: Marinella va a prenderli a scuola, ma non li trova. Li hanno presi, con la forza, i carabinieri e riconsegnati alle autorità tedesche.
Marinella accentua la sua campagna di informazione e di denuncia. L’eco che ne deriva è forte. Rilascia interviste a quotidiani, riviste e televisioni, e contatta parlamentari italiani ed europei. Tra questi l’on. Alessandra Mussolini, Presidente della Commissione Parlamentare per l’infanzia, che in una trasmissione di Canale 5 si impegna ad andare a fondo nella questione e dice persino di volersi recare personalmente in Germania. Il 20 maggio il ministro Frattini istituisce una task force interministeriale sulla sottrazione internazionale dei minori.
Dopo il ritorno in Germania dei figli, Marinella non ha più loro notizie. Non le è permesso sentirli tanto meno andarli a visitare. Nonostante non possa mettere piede sul suolo tedesco, il 22 giugno il Tribunale di Monaco la diffida dall’avvicinarsi a meno di 200 metri dall’abitazione dei bambini o dalla scuola pena una multa di 250.000 euro o sei mesi di prigione. Il 7 luglio quattro parlamentari italiani inoltrano un’interrogazione scritta al Presidente del Consiglio e ai Ministri degli Esteri e della Giustizia chiedendo quali azioni si intendano intraprendere, in sede comunitaria, al fine di persuadere il governo di Berlino ad aprire un dialogo con i rappresentanti dello Jugendamt. A questa interrogazione ne seguono svariate altre che restano senza risposta. La vicenda ha ormai assunto una dimensione internazionale e tocca il delicato intreccio dei rapporti tra le diplomazie dei due Paesi. In una maxi-petizione Marinella raccoglie migliaia di firme. L’eco della sua battaglia giunge al Parlamento Europeo di Strasburgo dove il 25 novembre l’on. Cristiana Muscardini presenta un’interrogazione alla Commissione.
Inizio 2010. Tutte le iniziative fin qui messe in azione, le conferenze stampa, le interviste giornalistiche e televisive, le petizioni e le interrogazioni non bastano a consentire che Marinella possa rivedere i figli. La donna è disperata. Il 19 febbraio 2010 è a Monaco. Vede i figli per strada, li chiama. I tre non si vedono da dieci mesi. Si abbracciano e vanno via insieme. Di loro da quel giorno non si ha più traccia. Qualche giorno dopo Radio 24 diffonde questa dichiarazione:
“Buongiorno a tutti, sono Marinella Colombo. Avrete già ormai tutti sentito che Leonardo e Nicolò sono di nuovo con me. Stiamo bene, siamo contenti. (…) Io sono dovuta andare da sola a riprendere i miei figli perché, era chiaro, una volta rimandati in Germania, dall’Italia nessuno sarebbe più andato a liberarli. E in Germania qualsiasi prova io possa portare delle illegalità che sono state fatte nei miei confronti non interessa a nessuno. (…) Erano dieci mesi che non potevo vederli senza nessuna una ragione chiara. (…) Quindi ho dovuto farlo. Non ho fatto niente di speciale, ho fatto quello che qualsiasi genitore responsabile nei confronti dei propri figli avrebbe fatto. Io spero soltanto adesso che, finalmente, vengano riconosciuti i diritti dei miei figli, anche quello di avere due genitori, e questo potrà succedere solo in Italia”.
L’epilogo
Roma, 17 marzo 2010. Al “Palazzaccio” ha luogo l’udienza della Corte di Cassazione sul ricorso di Marinella Colombo contro la decisione del Tribunale dei Minori di Milano del dicembre 2008 che aveva disposto il rientro in Germania dei bambini. Il Procuratore Generale riconosce la fondatezza del ricorso e ne chiede l’accoglimento. Va detto però che da dicembre 2008 molte cose sono successe. I drammi umani e personali hanno velocità e tempi diversi da quelli della giustizia. I bambini, forzatamente rimpatriati prima, sono stati poi ripresi dalla madre, recidiva, e portati in un nascondiglio all’estero, forse in Polonia. Marinella viene colpita da mandato d’arresto europeo. 8 mesi dopo viene arrestata e poi condannata a 18 mesi di detenzione domiciliare con l’assoluto divieto di avere contatti con i figli. Cinque anni dopo saranno Leonardo e Nicolò, ormai maggiorenni, a decidere di andare a vivere con la madre a Milano.
Marinella Colombo è morta il 18 settembre 2024 nell’ospedale Niguarda di Milano. Aveva 61 anni. Chi scrive l’ha conosciuta personalmente e seguito da vicino le vicissitudini della battaglia che ha combattuto per amore dei figli. Ho appreso con profonda tristezza la notizia della sua scomparsa. Se mai in Europa avremo norme condivise di diritto di famiglia, norme che garantiscano una migliore tutela per i figli di famiglie miste, lo dovremo anche a lei.
Fonte foto copertina: screenshot tratto dal video YouTube
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