I dati ISTAT raccolti e pubblicati dall’Ente italiano evidenziano un allarmante calo di natalità nel nostro Paese. Le politiche attuate dal governo Meloni in merito sono abbastanza chiare, ma saranno davvero efficaci?
Natalità: un saldo negativo
Prima di addentrarci in sofismi di sorta, iniziamo dalla schietta analisi degli ultimi dati ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) “Previsioni della popolazione residente e delle famiglie”:
- Nel 2022, in Italia sono nati 392.598 bambini, mentre sono stati registrati 713.499 decessi. Questo primo dato indica che come il saldo negativo tra nascite morti, contribuisca a una diminuzione della popolazione;
- L’età media del primo parto in Italia è di circa 32 anni, (nel resto d’Europa la media si aggira sui 29,4 anni). Siamo in ritardo rispetto ad altri Paesi europei.
- Il rapporto evidenzia una diminuzione delle nascite da parte di coppie in cui entrambi i genitori sono stranieri. Nel 2022, sono nati solo 56.926 bambini da coppie entrambi stranieri, rispetto ai 79.894 di 10 anni prima.
- Il rapporto sottolinea anche le cause che frenano la riproduzione, riportate dalle donne intervistate. Queste includono motivazioni economiche, il gap lavorativo tra uomini e donne, la difficoltà nella conciliazione tra lavoro e famiglia, la scarsità di servizi di assistenza, il carico di cura degli anziani e la sensazione di “fatica”.
- Infine, fa notare che le condizioni economiche, il supporto alla famiglia, e l’equa distribuzione delle responsabilità familiari sono fattori chiave che possono influenzare positivamente la decisione di avere figli.
Affidarsi ai numeri è davvero così importante o è un punto di partenza?
Conta più la dimensione numerica della popolazione o la qualità di vita e condizioni della stessa, al fine della crescita demografica (e non solo) di un Paese?
A guardare popolazioni come la Germania o il Giappone, che hanno avuto tassi di natalità molto bassi per decenni ma hanno continuato a prosperare, verrebbe da pensare che forse non dovremmo basarci troppo sui numeri. Altro esempio viene da Paesi piccoli come la Svizzera o la Norvegia che hanno continuato a crescere nonostante non siano certo dei campioni di natalità.
A onor del vero, quello che ci differenzia da altri Paesi è lo standard di vita e bisognerebbe dunque partire da questo punto per trovare soluzioni al dilemma. In effetti, sono entrate in gioco molte forze (politiche, religiose, sociali, ecc) per risolvere la questione. Si arriverà a un nuovo baby boom? Quali sono i fattori da prendere in considerazione per una sana crescita? Iniziamo dalla politica.
Le politiche attuate dal governo Meloni
Il governo Meloni ha risposto alla questione insistendo sulla necessità di rafforzare la famiglia e la natalità, sull’importanza dei legami tradizionali e sui valori cattolici.
Fin qui nulla da eccepire. Discorso a parte meritano le posizioni contro l’aborto e le famiglie omogenitoriali o omosessuali, temi assai delicati che hanno sollevato un vespaio di polemiche soprattutto a sinistra.
A fare storcere il naso alla sinistra è stato innanzitutto il disegno di legge presentato lo scorso ottobre dal Senatore Roberto Menia di Fratelli d’Italia: si propone di attribuire soggettività giuridica al feto. Ne conseguirebbe una equiparazione dell’aborto all’omicidio, nonostante in questo Paese l’aborto sia tutelato dalla legge 22 maggio 1978/194.
In secondo luogo, la sinistra non ha gradito il concetto di “riproduzione” quale compito primario delle donne, a tutela e rafforzamento della famiglia (composta ovviamente da una mamma e da un papà). Cosa che penalizzerebbe le coppie omosessuali o tutti quei single che non intendono rinunciare al desiderio di essere genitori.
Natalità: cosa ci dice realmente l’ISTAT?
Ma veniamo ai numeri dell’ISTAT e cerchiamo di andare oltre i semplici dati.
Al di la delle scelte politiche e ideologiche o delle considerazioni etiche, culturali, religiose, essi ci mostrano le vere cause del problema, fornendo così una base solida su cui poggiare future azioni.
- Sottolineano la necessità di un supporto reale alle famiglie, come asili nido pubblici accessibili e congedi parentali equi per entrambi i genitori;
- Sollevano l’importanza di una distribuzione più equa delle responsabilità domestiche tra uomini e donne, per favorire una vera parità di genere;
- Toccano una questione strettamente connessa al lavoro. Del resto, la stabilità economica è un fattore fondamentale, le persone devono sentirsi in grado di sostenere adeguatamente i loro figli dal punto di vista finanziario. Si dovrebbero portare avanti delle politiche che supportino le famiglie in termini di assegni familiari, agevolazioni fiscali o altre forme di aiuto? Possono influenzare positivamente la decisione di avere figli?
Paure giustificate?
Quanto al timore o la controversia nei confronti delle famiglie omogenitoriali o omosessuali, il discorso è molto complesso, ricco di sfaccettature e delicato. Non lo approfondiremo in questa sede.
Ma comunque, chi può stabilire se determinate persone siano in grado o meno di essere dei bravi genitori? A nostro modesto avviso, ogni persona è un caso a se stante. Sappiamo bene in fondo che le cosiddette “famiglie tradizionali” non sono tutte perfette. L’allegra famiglia del Mulino Bianco è forse un caso raro. Una bella utopia.
Dare fiducia ai giovani
Sembra, quindi, che, affinché qualsiasi governo abbia successo nell’innalzare i tassi di natalità, debba creare un ambiente in cui i giovani abbiano fiducia nel pianificare il loro futuro e avviare un famiglia.
Ciò richiede una serie di politiche specifiche che rispondano ai bisogni reali delle famiglie, delle donne, degli uomini e dei bambini. Non sarà facile.
Superare questi ostacoli richiederà una forte leadership politica e la disponibilità al cambiamento, senza pregiudizi di sorta.
Ma i potenziali benefici potrebbero essere enormi e andare ben oltre l’aumento dei tassi di natalità.
Perché quando i giovani hanno fiducia nel loro futuro e le donne possono partecipare pienamente a tutte le sfere della società senza dover rinunciare alla maternità, è probabile che i Paesi crescano, non solo in numero, ma in opportunità, stabilità e prosperità per le generazioni a venire.
Foto di Marjon Besteman da Pixabay
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