L’evoluzione di Orlando: da paladino ideale a vulnerabile innamorato

l'evoluzione

Nella Chanson de Roland (XII secolo), al momento della sua morte a Roncisvalle a seguito di un agguato tesogli dai Mori con l’aiuto del traditore Gano, il celebre paladino Orlando afferma rivolgendosi alla sua spada miracolosa: «Ah, Druendala, aveste assai sfortuna!/Ora che muoio, di voi non avrò cura./Per voi sul campo tante vittorie ho avute/e contro tanti paesi ho combattuto,/che tiene or Carlo che ha la barba canuta!/Non v’abbia un uomo che innanzi ad altri fugga./Per lungo tempo un prode vi ha tenuta!/La Francia santa così non ne avrà più». Con queste parole, anche in un momento di fragilità come quello del trapasso, Orlando si pone come un paladino «prode», fedele al proprio imperatore e come un cavaliere d’eccezionale coraggio che ha ottenuto molte vittorie.

La sua fede incrollabile di valoroso cristiano (elemento che permea tutta la Chanson de Roland), invece, è sottolineata dalle invocazioni alla Madonna («Santa Maria, qui aiuto!») e a Dio. Si pensi alla preghiera che il paladino rivolge al Padre Eterno un attimo prima di spirare: «O vero padre, che mai non hai mentito,/tu richiamasti San Lazzaro alla vita/e fra i leoni Daniele custodisti; ora tu l’anima salvami dai pericoli/per i peccati che io commisi!». Qui Orlando si comporta da perfetto cristiano. Non dimentica se stesso e dimostra un’umiltà carica di dignità che gli fa guadagnare il paradiso. D’altronde, se non avesse avuto un coraggio, una moralità e una fede incrollabili non avrebbe potuto immergersi in una guerra all’ultimo sangue contro i Mori che minacciano la Francia cristiana, per glorificare il suo Dio e Carlo imperatore. 

L’orgoglio di Orlando e la forza dell’amore

All’umiltà che Orlando dimostra davanti a Dio e all’imperatore tuttavia fa da contraltare un’altra caratteristica tipica del paladino: l’orgoglio. Al momento dell’imboscata dei Mori infatti Orlando potrebbe salvarsi, basterebbe che suonasse il corno per richiamare l’esercito di Carlo Magno. Chiamare i rinforzi tuttavia sarebbe motivo di disonore, così lo fa solo in punto di morte. Nei poemi cavallereschi dell’epoca rinascimentale, quando la figura del paladino Orlando tornerà a calcare il palco della letteratura da protagonista, tale orgoglio non risulterà più così resistente ai colpi della sorte. 

Scrive Matteo Maria Boiardo nel primo canto dell’Orlando innamorato: «Non vi par già, signor, meraviglioso/odir cantar de Orlando inamorato./Ché qualunque nel mondo è più orgoglioso,/è da Amor vinto, al tutto subigato;/né forte braccio, né ardire animoso,/né scudo o maglia, né brando affilato,/né altra possanza può mai far diffesa,/che al fin non sia da Amor battuta e presa». Rispetto alla figura integerrima della Chanson de Roland, l’Orlando di Boiardo cede al sentimento dell’amore (ingrediente certamente più attribuibile al ciclo bretone-arturiano che a quello carolingio). 

Da paladino ideale a cavaliere umano e vulnerabile

L’amore si presenta nel poema come la nuova forza naturale che muove alle grandi imprese, prendendo il posto della fede e della fedeltà e mostrando i personaggi nella propria vulnerabilità. Nell’Orlando innamorato, l’amore si concretizza nella bella Angelica, principessa del lontano Catai, che entra in scena in modo particolarmente teatrale durante un banchetto, a Parigi, a cui partecipano anche tutti i paladini di Carlo Magno. «Però che in capo della sala bella/quattro giganti grandissimi e fieri/intrarno, e lor nel mezo una donzella,/che era seguita da un sol cavallieri./Essa sembrava matutina stella/e giglio d’orto e rosa de verzieri:/in somma, a dir di lei veritate, non fu veduta mai tanta beltade». 

Angelica affascina tutti gli uomini presenti in sala. Anche Orlando, che — avvertendo «il cor tremante» — ammette con vergogna «io, che stimavo il mondo nulla,/senza arme vinto son da una fanciulla». Si fa così strada in lui quel sentimento amoroso che lo condurrà a deviare dai propri obiettivi, ad abbandonare il modello di cavaliere ideale per abbracciare quello di cavaliere umano e vulnerabile. È su questa scia che si immetterà Ludovico Ariosto con l’Orlando furioso, in cui l’amore condurrà l’eroe della Chanson de geste direttamente alla follia. 

Foto di Enoch111 da Pixabay

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