Mosaici a Roma, in nessun’altra città così tanti

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Mosaici. Il turista – ma anche il romano – spesso nemmeno sa che Roma è la città d’Italia maggiormente dotata di tale forma d’arte. Insieme a Ravenna, Venezia e Monreale. Nella Città Eterna infatti i meravigliosi mosaici sono messi in secondo piano dai tanti splendidi capolavori artistici e architettonici. Eppure Roma detiene tale primato anche tralasciando i tanti esempi dell’antichità. Le sole sue basiliche cristiane, infatti, espongono opere musive realizzate nel corso di circa un millennio. Diamo un’occhiata alle più significative.

L’itinerario non ha un senso geografico ma temporale. Riteniamo più opportuno procedere cronologicamente, per evidenziare l’evoluzione artistica delle opere. Vi sono, infatti, mosaici che ancora riflettono motivi pagani (periodo paleocristiano). Abbiamo poi mosaici del periodo bizantino, dell’alto medioevo e del periodo gotico-romanico. Dal nostro excursus tralasciamo per il momento la Basilica di Santa Maria Maggiore, pur conservando opere notevoli. Sia perché i suoi mosaici sono stati realizzati in almeno tre fasi separate da alcuni secoli. Sia perché la Basilica, per la sua importanza artistica merita un discorso unitario a parte.

Mosaici paleocristiani: Mausoleo di Santa Costanza

Il mausoleo sulla via Nomentana è il sepolcro della figlia dell’imperatore Costantino, poi trasformato in chiesa. I suoi mosaici del IV secolo sono forse i più antichi della Roma cristiana. Sono posti nella volta anulare che copre il deambulatorio. Rappresentano motivi geometrici e naturalistici (pavoni, colombe, rami con frutti) e scene di vendemmia. In una immagine, secondo alcuni studiosi, sarebbe riconoscibile la stessa Costanza.

In due nicchie Cristo è assiso sul globo terracqueo, in qualità di dominatore del mondo. Tale iconografia ricalca quella presente nelle catacombe di Commodilla. Nella prima nicchia è rappresentata la consegna della legge e nell’altra quella delle chiavi a un San Pietro imberbe. Questi mosaici simboleggiano quindi il primato del papato romano, per diretta delega di Cristo.

Arco trionfale e abside di San Paolo fuori le mura

Sulla Via Ostiense, la Basilica di San Paolo conserva due cicli di mosaici. Entrambi sono fortunatamente sopravvissuti al grande incendio del 1823 che distrusse quasi completamente la basilica. L’arco trionfale, che separa il transetto dalla navata centrale, fu commissionato da Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio. Sono databili al pontificato di Leone I (440-461 d.C.). Al centro della composizione è raffigurato il Cristo Pantocratore in una circonferenza da cui fuoriescono dei raggi.

Ai suoi lati, fra le nuvole rosse e verdi del cielo dorato, vi sono i quattro simboli degli evangelisti. Più in basso, ai due lati dell’arco, sono raffigurati ventiquattro uomini anziani disposti in quattro gruppi da sei. Indossano il pallio e portano una corona. Ancora più sotto, su sfondo blu scuro, vi sono le figure dei SS Pietro e Paolo (rispettivamente a destra e a sinistra). Anche il catino absidale è completamente decorato a mosaico. L’opera fu però realizzata durante il pontificato di Onorio III (1216-1227) con l’aiuto di artigiani che avevano collaborato ai mosaici di San Marco a Venezia.

Mosaici bizantini: Santi Cosma e Damiano

Questa chiesa nascosta tra le rovine della Basilica di Massenzio, al Foro romano annovera una rappresentazione musiva di grande potenza espressiva. È il frutto della capacità di un maestro che sintetizza gli esempi del V secolo in una composizione innovativa. Il catino dell’abside fu decorato a mosaico intorno al 530 d.C. Mostra una scena rappresentante l’accoglienza nei cieli dei due santi titolari della chiesa. Al centro domina la figura del Cristo con un rotolo nella mano sinistra e con la destra indicante una stella. Gesù è rialzato rispetto alle altre figure e poggia su nuvolette rosse e bluastre, che invadono il cielo blu alle sue spalle.

Ai suoi lati, su un idilliaco praticello, si dispongono S. Paolo, S. Cosma e Papa Felice IV. Questi offre il modellino della chiesa a S. Pietro, S. Damiano e S. Teodoro. Nel tamburo sottostante sono rappresentati gli apostoli sotto forma di pecore. La mano di S. Pietro si poggia affettuosamente su quella di S. Damiano. L’artista utilizza l’euritmia della disposizione delle grandi figure, la gestualità e l’espressività dei volti. In tal modo risolve con efficacia il problema di una rappresentazione a sette figure.

Sant’Agnese fuori le mura

Si trova anch’essa sulla Via Nomentana, a pochi passi dal Mausoleo di Santa Costanza. Nel catino absidale vi è un tipico esempio dell’influenza bizantina sull’arte romana dell’epoca. È un mosaico concernente Sant’Agnese e i papi Simmaco ed Onorio risalente al 625-638 d.C. I tre personaggi sono raffigurati isolati, su un abbagliante fondo d’oro. Si presentano come tre figure simboliche e quasi immateriali.

La composizione inaugura un nuovo spirito di venerazione dei santi, titolari dei luoghi di culto. L’esempio della decorazione musiva della basilica di Sant’Apollinare in Classe a Ravenna è evidente. Ivi per la prima volta un santo, nella sua gloria, è raffigurato nel catino absidale. Anche qui Sant’Agnese, ammantata da una stola gemmata, s’iscrive nel ruolo di creatura celestiale.

Mosaici altomedioevali: il catino absidale di Santa Prassede all’Esquilino

È il ciclo musivo preferito da chi scrive, insieme a quello dei SS. Cosma e Damiano. Risale al rifacimento fatto eseguire da Pasquale I nel IX secolo a.C. Copre il catino absidale, l’arco absidale e l’arco trionfale. Al centro della parte superiore del catino dell’abside è collocato il Cristo. È raffigurato in piedi con un’aureola dorata, in cui campeggia una croce azzurra, tra nuvole stilizzate. Gesù ha la mano destra alzata per mostrare i segni dei chiodi e la mano sinistra racchiusa attorno ad un rotolo.

Sopra il Cristo è la mano di Dio Padre che, emergendo tra le nuvole, impone al figlio la corona della gloria. Alla sinistra di Gesù si trovano le figure di S. Pietro, Santa Pudenziana e un diacono di incerta identificazione. Alla sua destra sono le figure di S. Paolo, Santa Prassede e Papa Pasquale. Questi ha l’aureola quadrata che contraddistingue i vivi e offre a Gesù un modello della chiesa. I sette personaggi sono racchiusi in uno spazio delimitato da due palme, che richiamano il paradiso. Sulla palma di sinistra, è raffigurata la fenice, simbolo di rinascita. Una rappresentazione stilizzata del fiume Giordano separa questa parte dalla successiva.

Nella parte inferiore del mosaico absidale sono rappresentati 13 agnelli. Al centro è Cristo in forma di agnello pasquale, posto su una collinetta da cui sgorgano i quattro fiumi del paradiso. I fiumi scorrono nella direzione dei quattro punti cardinali, rappresentanti simbolicamente i quattro evangelisti. Gli agnelli (sei per lato che guardano in direzione dell’Agnello-Cristo) raffigurano i dodici apostoli. Ai lati vi sono le rappresentazioni delle città di Betlemme e di Gerusalemme.

L’arco absidale e l’arco trionfale di Santa Prassede

L’iconografia dell’arco absidale di Santa Prassede fa riferimento al libro dell’Apocalisse. Al centro dell’arco, è posta la figura di Cristo-Agnello, all’interno di un medaglione blu. Egli è seduto su un trono, ai cui lati ci sono i sette candelabri che l’Apocalisse identifica con le chiese dell’Asia. Completano la rappresentazione quattro angeli e i simboli dei quattro evangelisti. In basso vi sono le figura di ventiquattro vegliardi equamente distribuite nella parte destra e sinistra dell’arco absidale. Le figure identificabili con i quattro evangelisti hanno in mano il vangelo. I vegliardi sono vestiti di bianco, e con le mani velate offrono a Cristo delle corone d’oro. Sono posti dodici per parte al di sotto degli evangelisti, suddivisi in tre file di quattro.

Al centro dell’arco trionfale c’è Cristo con la tunica rossa, affiancato da due angeli; al di sotto di questi, a sinistra le figure di Maria e Giovanni Battista, a destra Santa Prassede. Seguono i dodici apostoli, sei per lato. Alle estremità sinistra si trova Mosè che tiene in mano una tavola della legge. A destra il profeta Elia tende le braccia verso Cristo. Vicino ad Elia, vi è un angelo con in mano il libro del Nuovo Testamento, in contrapposizione alla legge veterotestamentaria di Mosè. Su due ordini sono rappresentati gli eletti di cui parla l’Apocalisse. Tra quelli dell’ordine superiore si possono riconoscere i SS. Pietro e Paolo, vescovi e martiri, donne riccamente vestite e ufficiali. Nell’ordine inferiore sono raffigurati altri eletti, in modo indistinto, che agitano rami di palma.

Mosaici gotico-romanici: San Clemente in Laterano

La basilica fu completamente distrutta nel 1084 durante il “sacco di Roma” di Roberto il Guiscardo. Fu poi riedificata nei decenni successivi e a tale epoca risalgono i suoi mosaici. Sono i più belli di Roma per quanto riguarda l’età romanica. Così come quelli di SS. Cosma e Damiano per l’epoca paleocristiana o bizantina e quelli di Santa Prassede per l’alto medioevo. Nell’abside centrale vi è il meraviglioso mosaico, con al centro Cristo crocifisso tra la Vergine e San Giovanni Evangelista.

La croce, su cui sono posate le dodici colombe bianche degli apostoli, è rappresentata da una incredibile figura dell’albero della vita. Esso sorge da un cespo di acanto e si dirama in innumerevoli girali a ventaglio di origine classica. I girali inglobano oggetti e figure umane e di animali: uccelli di varie specie, delfini, musicanti, cornucopie, fiori e fontane. I quattro dottori della Chiesa sono attorniati da figure di fedeli. La composizione realizza l’idea della Redenzione attraverso il sacrificio di Cristo, in posizione centrale, con ai lati le figure dolenti della Vergine e di San Giovanni. In basso, in fila serrate, convergono al centro due teorie di agnelli.

Santa Maria in Trastevere e i mosaici del maestro Pietro Cavallini

La basilica è tradizionalmente ritenuta la più antica di Roma. Sulla parte superiore della facciata si conserva un mosaico del XIII secolo in cui Maria in trono allatta il Bambino. È affiancata da due file di dieci donne recanti lampade. Secondo alcuni sarebbero le vergini savie, contrapposte alle vergini stolte di una parabola evangelica. Il mosaico più prezioso è però nella parte inferiore del catino absidale, perché riferito all’artista romano Pietro Cavallini, di cui rimangono pochissime opere. Cavallini l’avrebbe decorato a mosaico con alcune Storie della Vergine intorno al 1291. Nella parte superiore, invece, è raffigurata la Vergine e Cristo assisi sullo stesso trono (XII secolo).

Secondo un’accreditata ipotesi l’iconografia del catino absidale alluderebbe a una grande processione che si teneva in Roma la notte dell’Assunta. In tale occasione l’icona acheropita del Laterano veniva solennemente condotta, tra l’altro, sino a Santa Maria Nova, presso il Foro romano. Qui vi era un incontro con una seconda icona che avrebbe fatto da modello alla raffigurazione della Vergine nel mosaico trasteverino. La tesi è basata su alcune assonanze stilistiche tra la decorazione musiva e le citate icone. In particolare quella tra il volto di Cristo del mosaico e l’acheropita lateranense.

Foto di loveombra da Pixabay

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