In diverse recensioni dei brani di Angerfist una delle parole che più ricorre è “violenza”, termine che si applica ora alla musica, ora al timbro, ora al ritmo. Eppure nelle composizioni elettroniche di questo artista riferimenti ad azioni aggressive, esortazioni alla negatività o incitamenti all’odio sono per lo più cliché rintracciabili nei risicati testi tipici dei remix e del genere elettronico. Perché allora è la musica a essere violenta?
Il riconoscimento internazionale
Angerfist è il nome d’arte di Danny Masseling, nato in Olanda nel 1981. Fin dall’adolescenza si è avvicinato alla musica elettronica lanciando i primi lavori auto-prodotti on-line e ricevendo nel tempo il successo internazionale che lo hanno condotto nei più importanti palchi e festival del genere musicale: Syndicate, Master of Hardcore, Defqon.1, e soprattutto Tomorrowland. Questi eventi sono un’esplosione di suoni e colori, con scenografie e coreografie molto elaborate, il palco è contornato da edifici fantastici, giochi di luci impressionanti, con fuochi, fumi, maschere, ballerine e acrobati. Chi partecipa non va solo per la musica, ma per una sensazione di partecipazione a tutto tondo dove la prima finalità è ballare dal primo fino all’ultimo giorno.
Lo stile musicale
Angerfist appartiene quindi a questa scena ma è dedicato soprattutto al genere con le sonorità più di impatto, accompagnate dai ritmi più rapidi e dai bassi più gravi: l’Hardcore, con diramazioni nel Gabber e nello Speedcore; non mancano operazioni di elaborazione e Remix di brani pre-esistenti che il DJ aggiunge ai suoi album, nonché collaborazioni con altri produttori. La discografia dell’artista in tal senso è molto grande, fra singoli, remix, album, split ci sono a disposizione decide di ore d’ascolto. Tuttavia, la maggior parte dei brani rientra nelle caratteristiche sopracitate venendo targhettata, quindi, come musica aggressiva e violenta.
Le influenze oltre alla musica
Le influenze extra-musicali dei brani di Angerfist derivano talvolta da personaggi o storie cariche di esposizioni drammatiche e ideali rabbiosi: Knock-Knock (2014) riprende uno dei monologhi del tragico protagonista di Breaking Bad, Walter White, <I am not in danger, I am the danger! A guy opens his door and gets shot, and you think that of me? No. I am the one who knoks> (Io non sono in pericolo, io sono il pericolo! Un tizio apre la porta e viene ammazzato, pensi che sarei io? No. Io sono quello che bussa), il singolo Pennywise (2018) estrapola alcuni suoni dall’ultimo film horror sul libro di Stephen King, IT (2017, di Andrés Muschietti).
Una musica violenta?
Ma non sono i riferimenti, le parole e i titoli a rendere la musica violenta, sono i suoni. I timbri dei brani di Angerfist vanno da alti acuti a gravi profondi, spesso questi estremi sono usati assieme e impiegati non come melodia ma come ritmo, distribuiti su tempi molto rapidi. Queste sonorità sono unite a elementi percussivi tradizionalmente legati alla prassi della batteria: tamburi e piatti. Sono queste sequenze di rapidi ed elaborati “ritmi di suoni”, con quasi ogni accento in battere, a rendere la musica adatta più al ballo che all’ascolto. Tuttavia Angerfist mitiga l’impeto introducendo tutta una serie di esposizioni melodiche quasi orchestrali che danno respiro fra sezioni vuote, altamente percussive, e altre drammatiche, melodiche. Per tutti i suoni esposti vige un’ampia quantità di effetti che arricchiscono i brani: riverberi ed echi sono distribuiti a tutti i livelli sicché, che il volume dell’ascolto sia basso o alto, si avrà sempre l’impressione di esecuzioni imponenti, acuendo la gravosità della proposta musicale. Ciò che emerge è quindi una sonorità percepita come lesiva per le orecchie, da qui il concetto di musica violenta e aggressiva.
Come accennato, però, la finalità del lavoro di Angerfist non è l’ascolto ma il ballo, soprattutto in quegli spazi enormi e d’effetto dei grandi festival internazionali. Se la musica è violenta lo saranno anche le danze che da questa son sostenute?
Fonte foto: facebook.com/angerfistmusic
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