Nel cuore del Purgatorio: la libertà e la dinamica del desiderio

nel cuore

Nel XVI canto del Purgatorio Dante e Virgilio sono sulla cornice degli iracondi, avvolti da un fumo denso, scuro e acre. In questo «aere amaro e sozzo» la vista è impedita ed è facile perdersi o farsi male. Si parla di «buio d’inferno» in quanto nella Divina Commedia la cecità è la condizione esistenziale della dimensione infernale, poiché imprigiona l’anima in uno stato di immobilità e solitudine, privandola del suo grande obiettivo naturale: godere della vista di Dio. Solo che qui siamo in Purgatorio e questa cecità — che tra l’altro richiama l’espressione accecato dall’ira — è solo una condizione transitoria che le anime attraversano per diventare pure e disposte a salire alle stelle.

Il male del mondo, la responsabilità e il libero arbitrio

Come afferma Franco Nembrini nell’edizione da lui curata del Purgatorio, «proprio in questa oscurità, Dante colloca uno dei passaggi più illuminanti dell’intero poema: la definitiva spiegazione, offerta da Marco Lombardo, del problema della libertà». Marco Lombardo è un personaggio di cui non si sa niente eccetto il poco che ci dice Dante nel canto XVI. Ma in questo caso non è la sua esperienza di vita a essere importante, bensì la sua conoscenza in materia di libertà e responsabilità. Dante gli dice: «io scoppio/ dentro ad un dubbio, s’io non me ne spiego./[…]/ Lo mondo è così tutto diserto/d’ogne virtute, come tu mi sone,/e di malizia gravido e coverto;/ ma priego che m’addite la cagione,/[…]/ché nel cielo uno, e un qua giù la pone». 

In poche parole, perché il mondo è così pieno di male e vuoto di virtù? È colpa degli influssi celesti come dicono alcuni, o dell’uomo come dicono altri?  A questo punto Marco Lombardo ritira in ballo il concetto della cecità («Frate,/ lo mondo è cieco, e tu vien ben da lui») per introdurre il fatto che gli uomini non vogliono rendersi conto della responsabilità che hanno rispetto al male. Tendono a dare la colpa al destino o alle circostanze quando invece dispongono del libero arbitrio, che permette loro di scegliere. Il libero arbitrio: ecco in cosa consiste l’autentica libertà dell’uomo. Una libertà senza la quale non esisterebbe la giustizia e le parole “premio” e “pena” non avrebbero ragione di esistere.

La dinamica del desiderio 

Ciò tuttavia non esclude del tutto che gli influssi celesti abbiano un ruolo nella nostra vita. Afferma Marco Lombardo: «Lo cielo i vostri movimenti inizia». Ovvero ognuno di noi nasce in un’epoca, in un luogo e in un contesto che inevitabilmente lo influenza. Tuttavia è anche vero che, al di là delle circostanze, esiste dentro ogni uomo la capacità di distinguere il bene dal male. Un criterio innato che può vincere su tutto, anche su quelle ottusità che derivano dalle inclinazioni naturali, dai pregiudizi e da certi tipi di educazione. Basta seguire la dinamica del desiderio che abbiamo dentro per innalzarci. 

Ad innalzarci verso cosa? La risposta sta nell’ennesima affermazione di Marco Lombardo: «L’anima semplicetta che non sa nulla,/salvo che, mossa dal lieto fattore,/ volentier torna a ciò che la trastulla». In altre parole, l’anima nasce da Dio e a Dio vuole ritornare perché in Lui coesistono tutte le cose fondamentali della vita portate al massimo grado. In questo canto (e in tutto il poema) Dante ci insegna che la Felicità, la Conoscenza, la Libertà, la Bontà, la Bellezza, la Verità e l’Amore con la lettera maiuscola sono la stessa cosa e coincidono tutte con Dio. Quindi ci esorta a tendere al «lieto fattore», ovvero a tendere al massimo che si possa desiderare per essere contenti. Questo perché qualunque altro desiderio posto come assoluto è riduttivo, ci costringe ad accontentarci e ci farà sempre sentire incompleti.

Foto di Joe da Pixabay

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