Giovanni Berchet: la tendenza alla poesia e il nuovo pubblico

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Secondo il poeta Giovani Berchet la tendenza alla poesia è innata nell’uomo. Nel più famoso manifesto del Romanticismo italiano Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliolo (1816) egli afferma: «Tutti gli uomini, da Adamo in giù fino al calzolaio che ci fa i begli stivali, hanno nel fondo dell’anima una tendenza alla poesia. Questa tendenza, che in pochissimi è attiva, negli altri non è che passiva; non è che una corda che risponde con simpatiche oscillazioni al tocco della prima». Ciò significa che se anche coloro che sono in grado di produrre testi poetici sono pochi, le persone che riescono a comprenderli e ad amarli sono tante. 

La «poesia viva»

In base a questi presupposti, il singolo poeta può aspirare ad un pubblico molto vasto. Un’affermazione non da poco in un’Italia in cui la cultura era sempre stata materia d’élite. Improvvisamente non siamo più nell’orbita della poesia classicistica, destinata a una cerchia ristretta di intellettuali e definita «poesia dei morti» per la tendenza all’imitazione degli antichi. La poesia romantica è «poesia viva» perché si ispira alla natura, allo spirito della religione, alle tradizioni della nazione. Essa, concentrandosi su tematiche d’interesse per tutta la società, mira a risvegliare la tendenza passiva alla parola poetica nella moltitudine. Nel cosiddetto «popolo» o «classe media».

La classe media si identifica con la borghesia, un ceto ancora in formazione nell’Italia del Risorgimento ma che già promette di soppiantare l’aristocrazia come classe dirigente. Secondo Berchet, i suoi membri sono i soli ad avere abbastanza «fantasia» e «cuore» per cogliere il messaggio poetico. «Se egli [il poeta] ha mente […] che mille e mille famiglie pensano, leggono, scrivono, piangono, fremono, e sentono le passioni tutte, senza pure avere un nome ne’ teatri, può essere che a lui si schiarisca innanzi un altro orizzonte; può essere che egli venga accostandosi ad altri pensieri e a più vaste intenzioni». Una di queste intenzioni può certamente essere quella di instillare nel cuore del pubblico una certa idea di nazione. Quella che accompagnerà i risorgimentali italiani sulla strada verso l’Unità.

Il pubblico ideale e la media cultura

La virtù che fa del «popolo» il pubblico ideale è la media cultura. Coloro che sono troppo ignoranti o troppo colti ne sono esclusi. La prima categoria è esemplificata dalla figura dell’Ottentotto: individuo talmente primitivo che non sa nemmeno cosa sia la poesia, pertanto non può provarne il desiderio. In lui la «tendenza poetica è sopita» («Avvolto perpetuamente tra il fumo del suo tugurio e il fetore delle sue capre, egli non ha altri oggetti, dei quali domandare alla propria memoria l’immagine, pe’ quali il cuore gli batta di desiderio»). La seconda categoria invece viene presentata da Berchet mediante la metafora del Parigino

Il Parigino è l’aristocratico che non è più in grado di riconoscere le emozioni che la poesia trasmette perché non riesce ad approcciarsi alla cultura se non per mezzo di «paragoni» e «raziocini» da filosofo. Berchet, a proposito di tale figura afferma che: «la fantasia in lui è stracca, il cuore allentato per troppo esercizio. Le apparenze esterne delle cose non lo lusingano (per così dire): gli effetti di esse non lo commuovono più, perché ripetuti le tante volte. E per togliersi di dosso la noia, bisogna a lui investigare le cagioni, giovandosi della mente». L’intellettuale aristocratico di stampo illuminista viene ormai visto come esempio di pedanteria e aridità, mentre il poeta romantico ha bisogno di terreno fertile in cui seminare. Pertanto non sono più i salotti e i caffè che deve conquistare, la sua poesia deve dilagare nelle strade e diffondere con urgenza il suo messaggio.

Foto di Andrys Stienstra da Pixabay

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