“Gesù non è nato a Las Vegas”

«Gesù è nato a Betlemme, non a Las Vegas, quindi diamo un’immagine un po’ più umana del Natale». Parole che suonano quasi blasfeme, ma a pronunciarle è proprio un uomo di chiesa, parroco di Cesara, comune di appena 600 abitanti, in Piemonte. Da ventotto anni la sua comunità rinuncia agli addobbi pubblici natalizi, scegliendo di destinare i risparmi a progetti di solidarietà, in Italia e nel mondo; in questi anni sono stati raccolti circa 140 mila euro. Sono tantissimi lumini, infatti, acquistati dagli stessi abitanti e accesi ogni sera sui davanzali delle proprie finestre, a rendere luminosa, calda e colorata l’atmosfera natalizia di questo paese.

«Entro l’epifania tutti i soldi che raccogliamo dalla vendita dei lumini li devolveremo», spiega Don Renato Sacco. Quest’anno i fondi contribuiranno ad allestire una nuova clinica in un campo per sfollati nel nord est della Siria, area a maggioranza curda sotto l’attacco delle forze turche.

Cos’è la gratitudine?

Quella che si tiene a Cesara è un’iniziativa certamente volta al risparmio e al taglio dei consumi, ma anche un grande esempio di fratellanza oltreconfine, che vuole celebrare nella sua semplicità quel senso di gratitudine che ogni famiglia a Natale dovrebbe riporre sotto l’albero, ancor prima che questo venga addobbato. Perché, se essere grati vuol dire essere riconoscenti, allora imparare a riconoscere che non tutto ciò che abbiamo ci è dovuto, vuol dire diventare un po’ più umili, significa uscire dal proprio ego, ricercare connessioni e volersi sentire responsabili anche verso ciò che non vediamo ma che in qualche modo ci riguarda.

“Qui aspettavamo il giovane del Mali morto annegato il 18 aprile 2015 portando una pagella sul cuore. Ogni insegnante giusto lo avrebbe accolto”. I ragazzi liceali di Tor Pignattara e Centocelle hanno voluto esprimere così il proprio cordoglio in memoria del ragazzino annegato con la pagella cucita nei vestiti, incidendo queste parole di solidale responsabilità sulla pietra d’inciampo posta all’ingresso di ognuna delle cinque scuole dell’I.C. Simonetta Salacone. Una storia che ha commosso il mondo intero e che non si vuol dimenticare; questo ‘inciampo di umanità’ serve proprio a ricordare che il rispetto, l’accoglienza, lo scambio sono valori che valgono tutti i giorni dell’anno.

Quel senso di responsabilità, non di pronta risposta

A ricordarci il senso di connessione e di responsabilità è un grande uomo, punto di riferimento per molti popoli, “sui generis” secondo alcuni cattolici: Papa Francesco ci insegna lo spirito natalizio vestendo la croce posta all’ingresso del Palazzo Apostolico con un giubbotto salvagente di un migrante scomparso in mare lo scorso luglio. «Questo è il secondo giubbotto salvagente che ricevo in dono. Il primo mi è stato regalato qualche anno fa da un gruppo di soccorritori. Apparteneva a una bambina che è annegata nel Mediterraneo. […] Siamo di fronte ad un’altra morte causata dall’ingiustizia». Le parole di Papa Francesco tuonano contro l’indifferenza in occasione dell’incontro con i rifugiati arrivati da Lesbo tramite corridoi umanitari (19 dicembre 2019)

Ma è anche e soprattutto con una presa di posizione storica che questo papa rivoluzionario ci richiama alla responsabilità che, in quanto uomini, abbiamo gli uni verso gli altri: lo fa abrogando il “segreto pontificio” in materia di abusi sessuali, lo fa ridestando le coscienze e svuotando il clero di privilegi potenzialmente dannosi. L’inazione e l’inerzia non possono più essere delle scelte giustificate, né tra gli ecclesiali, né tra i politici.

Non solo a Natale, non solo oltremare

Ci troviamo a Pisa, davanti ad una chiesa, la casa di Dio, sotto il portico tre ragazzi trascorreranno la loro ennesima notte all’addiaccio. Karim, Omar e Michael parlano italiano ma vengono da molto lontano, da luoghi diversi tra loro; non sono amici da sempre, ma il freddo li ha fatti incontrare qualche mese fa e da allora non si sono più separati.

I fedeli entrano e si siedono ai banchi, si raccolgono in preghiera, lasciano infine cadere degli spiccioli nella cesta delle offerte. Noi nel frattempo lasciamo una richiesta scritta presso l’acquasantiera della chiesa, cosicché non possa passare inosservata: facciamo presente che vi sono tre senzatetto proprio lì fuori e che uno di loro è visibilmente raffreddato; lasciamo un recapito telefonico chiedendo di poter essere aggiornati. Passano circa tre ore, Karim, Omar e Michael sono ancora lì, sotto le coperte intirizzite dalle temperature rigide. Bussiamo alla porta del convento annesso, escono dei frati dal viso gentile ai quali chiediamo la possibilità di accogliere i ragazzi, almeno per stanotte, concedendo loro uno dei numerosi spazi chiusi destinati al gruppo scout della città. «Dovrebbero rivolgersi all’asilo notturno per i senza dimora», ci suggeriscono. Ma il centro è pieno. «Potreste segnalare la loro presenza alla Croce Rossa. Ci dispiace molto, ma noi non possiamo ospitarli».
Forse politiche interne, forse solo questione di scelta.

Impariamo a non farci gli affari nostri

Le luci accese a Natale dovrebbero respingere la tentazione dell’indifferenza e sciogliere sensi di impotenza anestetizzanti. E’ certo più facile rassegnarsi, è certo più comodo chiudere un occhio, è sicuramente più saggio tacere piuttosto che correre il rischio di rovinare un pranzo di Natale.

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