Caso Wesolowski. Il procedimento penale avviato dalla Magistratura vaticana

wesolowski2Il Promotore di Giustizia del Tribunale di prima istanza dello Stato della Città del Vaticano, prof. Gian Piero Milano, ha convocato lo scorso martedì 23 settembre l’ex Nunzio Apostolico a Santo Domingo, il polacco Jòzef Wesolowski (foto), a carico del quale aveva avviato un’indagine penale, al fine di notificargli i capi di imputazione del procedimento penale avviato a suo carico per gravi fatti di abusi sessuali su minori avvenuti nella Repubblica Dominicana e detenzione di materiale pedopornografico.

L’inchiesta per presunti casi di abusi sessuali su minori a carico del cittadino vaticano Mons. Wesolowski era partita dalla Repubblica Dominicana, dove era stato a lungo Nunzio Apostolico, fin dal gennaio 2008; la documentazione era stata trasmessa alla magistratura polacca. Da qui, le richieste della procura di Varsavia al Vaticano. Papa Francesco aveva richiamato il presule a Roma nell’agosto 2013 in seguito proprio alle gravi accuse emerse a Santo Domingo.

Nel mese di maggio 2014, a Ginevra, il Comitato Onu contro la tortura aveva messo a punto nove raccomandazioni, una delle quali riguardava il caso dell’ ex arcivescovo che, a parere di detto Organismo, avrebbe dovuto o essere estradato a Porto Rico oppure essere sottoposto a processo penale in Vaticano, poiché non poteva essergli riconosciuta l’immunità dovuta al suo status diplomatico.

Il caso del nunzio era riesploso alla fine del mese di agosto 2014 quando il New York Times aveva pubblicato un’inchiesta in cui ha ricostruito con testimonianze dirette di minorenni quali erano le abitudini dell’ex prelato polacco: racconti pieni di dettagli raccapriccianti (rapporti sessuali addirittura “comprati” in cambio di medicine). Allora la Santa Sede aveva fatto sapere che anche altre giurisdizioni (cioè la Repubblica Domenicana e la Polonia) avrebbero potuto procedere penalmente nei suoi confronti.

Per inciso, Papa Francesco, che lo scorso 7 luglio ha ricevuto nella sua residenza a Casa Santa Marta sei vittime di abusi sessuali perpetrati dal clero, ha istituito all’uopo la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, composta, ad ora, da otto membri e presieduta dal cardinale arcivescovo di Boston Sean Patrick O’Malley, di cui fa parte una donna irlandese, Marie Collins, abusata da bambina da un sacerdote. Importanti decisioni sono attese nella terza riunione della Commissione in programma per il 4 e il 5 ottobre prossimo.

Oggi è giunta la notizia dell’iniziativa assunta dagli Organi giudiziari del Vaticano di agire direttamente e la gravità degli addebiti ha indotto l’ufficio inquirente a disporre un provvedimento restrittivo nei confronti di Mons. Wesolowski che, alla luce della situazione sanitaria dell’indagato, 66/enne, comprovata dalla documentazione medica, consiste negli arresti domiciliari, con le correlate limitazioni, nei locali del Collegio dei Penitenzieri (i frati francescani che confessano i fedeli nella Basilica di San Pietro) all’ultimo piano del Palazzo del Tribunale vaticano. Il provvedimento cautelare intende evidentemente evitare la possibilità dell’allontanarsi dell’indagato e il possibile inquinamento delle prove.

Il direttore della Sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha dichiarato che l’azione dell’Autorità Giudiziaria vaticana è “conseguente alla volontà espressa dal Papa, affinché un caso così grave e delicato venga affrontato senza ritardi, con il giusto e necessario rigore, con assunzione piena di responsabilità da parte delle Istituzioni che fanno capo alla Santa Sede”.

Il procedimento penale avviato dalla Magistratura vaticana contro l’ex Nunzio segue per grandi linee quelli che si sono svolti in Italia fino alla riforma del codice di rito avvenuta nel 1988. La procedura penale vaticana, infatti, è per larga parte sovrapponibile a quella italiana e ha come fonti normative il Codice di procedura penale adottato in Italia nel 1913, il cosiddetto Codice Zanardelli, e il Codice penale promulgato da Umberto I il 30 giugno 1889, cioè quelli in uso in Italia nell’epoca liberale, entrambi recepiti con la legge 7 giugno 1929, n. II, come modificati ed integrati dalle leggi vaticane, ai sensi degli artt. 7 e 8 della legge 1° ottobre 2008 n. LXXI sulle fonti del diritto, entrata in vigore dal 1° gennaio 2009.

Anche in Vaticano esistono tre gradi di giudizio: Giudice unico o Tribunale, a seconda dell’entità dei reati, per la prima istanza; Corte d’Appello; Corte di Cassazione. Vi è un Promotore di giustizia che corrisponde grosso modo al Pubblico Ministero italiano, ma che per i reati minori decide anche autonomamente il rinvio a giudizio. C’è poi un Giudice istruttore che nel caso di reati più complessi (come quello per i quali è accusato l’ex nunzio) ha la funzione di condurre l’istruttoria: a conclusione di questa può emettere una sentenza di proscioglimento o di rinvio a giudizio se emergono fondati indizi di colpevolezza.

La fase istruttoria non è pubblica, ma “segreta”, a garanzia dello stesso indagato e delle altre persone eventualmente coinvolti. L’indagato ha la facoltà di non rispondere alle domande, è assistito da uno o più avvocati che può nominare e che intervengono solo dopo il primo interrogatorio che deve essere un confronto diretto col Promotore di giustizia, nella fase «sommaria» dell’inchiesta. Gli avvocati possono avere colloqui con l’indagato in qualunque momento. La fase del dibattimento invece è «pubblica»: tutti vi possono assistere, nell’aula nel Palazzo del Tribunale vaticano in Piazza Santa Marta.

Il termine della custodia cautelare (“preventiva”) è in Vaticano di 50 giorni, rinnovabile per altri 50 in caso di istruttorie particolarmente complesse. In caso di rinvio a giudizio parte un altro termine per la custodia cautelare che può arrivare a un massimo di tre anni, ipotesi molto remota anche perchè in genere si arriva a sentenza molto prima.

Se si giunge a una pena detentiva la Segreteria di Stato vaticana secondo le disposizioni del Trattato Lateranense (art. 22) può chiedere allo Stato italiano che il condannato possa scontare la pena nel carcere italiano.

Per ciò che concerne le “rogatorie” – letteralmente, richieste di collaborazione – possono essere rivolte dalla Segreteria di Stato attraverso il canale diplomatico – Nunziatura – agli Stati stranieri.

Il Papa ha il potere di intervenire in qualunque momento della fase giudiziaria e anche di decidere in favore del soggetto anche in difformità dall’esito delle indagini e del processo.

Dal punto di vista della qualificazione penalistica dei fatti addebitati, la legge che sarà applicata nei confronti di Wesolowski non sarà la “nuova” legge 11 luglio 2013 n. VIII (Norme complementari in materia penale), in vigore dal 1° settembre 2013, che ha introdotto nel Codice penale vaticano un più severo regime sanzionatorio per i delitti di atti sessuali con minori (art. 8) e di detenzione di materiale pedopornografico (artt. 11), puniti, rispettivamente, con le pene base della reclusione fino a dieci e due anni, più eventuali aggravanti (contro il paventato “rischio” dell’applicazione di una pena detentiva tra i 6 e i 7 anni in base alla normativa previgente), perché i fatti addebitati all’indagato oggi conosciuti sono precedenti all’entrata in vigore di tale legge.

Nei confronti di Mons. Wesolowski è già stato avviato il processo (amministrativo penale) canonico: il primo grado di giudizio si è concluso, a giugno di quest’anno, con la condanna da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede (l’ex Santo Uffizio) alla dismissione dallo stato clericale e conseguente riduzione allo stato laicale (che diverrà operativa dopo il secondo grado). Contro questa decisione il prelato ha proposto appello il 25 agosto scorso e il relativo giudizio di secondo grado dovrebbe svolgersi nel prossimo mese di ottobre. E comunque il procedimento penale presso gli Organi giudiziari civili vaticani proseguirà non appena la sentenza canonica sarà definitiva.

Avendo Mons. Wesolowski cessato le funzioni diplomatiche con la connessa immunità, all’eventuale condanna penale dei Giudici penali vaticani potrebbe seguire anche l’estradizione ai Paesi che la richiederanno formalmente (Santo Domingo e Polonia, e forse anche altri dove ha prestato servizio; la sua carriera, infatti, si è svolta in Africa Meridionale, Costa Rica, Giappone, Svizzera, India e Danimarca, come Consigliere di Nunziatura, e in Bolivia, Kazakhistan, Tagikistan, Kirghizistan e Uzbekistan, dove è stato Nunzio Apostolico, e potrebbero esservi altre inchieste giudiziarie in corso a suo carico).

di Stefano Di Pinto

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