Beethoven nella lettura di Maximilian Nisi

È fruibile da ieri, su youtube, Il testamento di Ludwig van Beethoven, una singolare ed emozionante opera teatrale a leggio della durata di dieci minuti.

Maximilian Nisi, (foto sopra) noto attore di prosa, più volte ospite del nostro giornale, ha raccolto e studiato la biografia e le lettere di Beethoven e le ha sintetizzate e drammatizzate per raccontare il grande musicista; lo ha fatto parlare sulle note della musica immortale che Beethoven ha scritto, qui mirabilmente arrangiata ed eseguita dal Maestro Stefano De Meo.

È emozionante come questi due artisti siano riusciti a dipingere con parole e musica tutte le sfumature della passione che ha sempre mosso Beethoven, trasformando il mito ingannevole dell’uomo solo nell’apoteosi del sentimento e di una gioia mai perduta, neppure quando ha attraversato il lago della disperazione.

La vera protagonista di questa lettura è la libertà di Beethoven, che si eleva sopra il Leviatano delle avversità; che supera i mille confini dell’esistenza. E Beethoven, di confini, ne ha attraversati molti.

La sua stessa vita rappresenta un confine, quello tra il Settecento e l’Ottocento. La sua infanzia, poi, si colloca al confine tra una spinetta suonata quasi per gioco e la severità del padre che vuole fare di lui un novello Mozart e non lesina ceffoni per riuscirci, a quanto pare. Anche il suo carattere è un confine. Come narra Theodor de Wyzewa, Beethoven ha in sé l’implacabile austerità del padre, il rigore morale del nonno ed il sentimentalismo della madre. Un coacervo di sensazioni contrastanti che tradurrà nella sua musica, a volte romantica, delicata, altre volte potente e incisiva. Ed è un confine anche quello tra musica e vita scolastica, che l’incontro con Christian Gottlob Neefe rende, in qualche modo, meno netto. È suo mastro di musica, ma è anche un letterato e porta Beethoven verso la cultura a tutto tondo.

E, poi, quanti altri confini, nella vita di Ludwig! Quelli che varca costantemente, tra uno strumento e l’altro: l’organo, il violino, la viola, il clavicembalo, il pianoforte … E quello tra arte pura e insegnamento. Insegna per guadagnarsi da vivere, ma odia farlo, persino quando riesce a formare allievi come Karl Czerny, che diventerà un eccellente musicista e maestro di Liszt. L’arte di Beethoven è tiranna: non ama essere abbandonata per prosaiche esigenze economiche.

Poi ci sono i confini geografici. Ha diciassette anni quando lascia Bonn per recarsi a Vienna. Vuole incontrare Mozart, anche se quello del loro incontro è un confine a parte, perso nelle nebbie di racconti contraddittori e leggende, così come quello con Hayden, qualche anno dopo.

L’alcolismo del padre segna un altro confine netto, nella sua esistenza. Deve prendersi cura dei fratelli: uomo e ragazzo al contempo. Ma la vita gli riserva ben altro.

Vienna, quella Vienna che è patria della musica sinfonica, lo accoglie di nuovo per non lasciarlo più. Lì attraversa spesso il confine tra insegnante e discente, ma insegnare non lo infastidisce come un tempo. Frequenta il bel mondo, ora; si fa amici potenti. Crea con le sue stesse mani uno dei più importanti confini della sua vita, quello tra la sua infanzia difficile e modesta e la ricchezza della sua nuova vita salottiera. Il principe Lobkowitz e il principe Kinsky gli garantiscono addirittura una pensione di quattromila fiorini.

È il preludio di un altro confine, quello che dai salotti gli fa fare ingresso nelle sale dei pubblici concerti, cui Beethoven accede da autore e interprete.

La vita sembra sorridergli, ma un altro confine importante è in agguato: non ancora trentenne inizia ad accusare disturbi all’udito che peggioreranno fino a condurlo alla sordità. E quel confine segnerà la sua esistenza. L’uomo è pugnace, l’artista è afflitto. Sulla linea di questo confine si alternano reazione e abbattimento, forza e scoramento, vita pubblica e vita privata.

La voce del mondo gli giunge ovattata. Persino i cannoni di Napoleone sembrano lontani. E con i suoni spariscono anche molte altre certezze. I principi che gli hanno garantito la pensione muoiono senza lasciare disposizioni e lui dovrà far valere i propri diritti con gli eredi; dalla famiglia arrivano solo noie, in un intreccio perverso e irrisolvibile di dipendenze e ricatti affettivi. Gli spigoli della sua rabbia, a volte, offuscano la vita, ma sono solo brevi attimi. Poi torna la musica e, con la musica, che vibra nel suo corpo, che egli sente anche senza sentire, torna il colore, che copre il rumore bianco di cui è composto il silenzio. La sua arte non si ferma, anzi si espande.

Arriva anche il Fidelio, un’opera destinata a rappresentare essa stessa un confine, perché sarà universalmente conosciuta come la prima opera romantica.

Persino l’amore è un confine, nella vita di Beethoven: donne amate e donne che lo amano. Conosciamo alcuni nomi, anche se ci sfugge quello più importante, l’amata immortale di una delle sue lettere più struggenti.

Sono solo due i confini che deve ancora attraversare: quello tra voce e penna, perché sarà costretto a comunicare attraverso fogli di carta, e quello tra vita e morte. Ma quest’ultimo è un confine solo apparente. L’arte ha le chiavi del Tempo e riesce a dare voce anche a chi non c’è più. Esattamente ciò che hanno fatto Maximilian Nisi ed il Maestro Stefano De Meo (foto sotto).

Dalla luce di pietra che abbraccia il tempo passato, Beethoven è tornato a parlare della sua fiera, coraggiosa, solitaria verità.

Avrebbe meritato un pubblico in sala, questa lettura, ma anche la scelta di farla uscire libera nel web è in parte legata ad un confine, quello che ha portato oltre la vita Ada Pucci, ricordata con la foto che appare dopo i credits; una sensibile e raffinata cultrice di musica sinfonica, che ha partecipato alla scelta dei testi recitati e dei brani musicali.

Maximilian Nisi e Stefano De Meo hanno deciso di liberare, attraverso il web, il risultato del loro lavoro in suo onore, nel terzo mese dalla scomparsa, quasi a volerla raggiungere nell’aria che chiamiamo Paradiso, affinché nella musica torni a sorridere.

In questa iniziativa, però, c’è anche un altro confine non segnato sulla carta geografica di questa splendida lettura, quello tra il mondo che noi tutti conoscevamo prima di febbraio, prima della pandemia, e quello di oggi: un mondo di divisioni, di paura, di guerra contro un nemico invisibile, di assenza; un mondo dove il lavoro è  affievolito, l’economia è in ginocchio, la salute è tutelata a metà; un mondo senza cinema, teatri, musei, senza arte; un mondo che, al contrario, è proprio della bellezza e dell’arte che avrebbe bisogno per recuperare ciò che solitudine e paura stanno soffocando. Nella luce declinante di un giorno lungo tre mesi, tutto sembra esile, etereo e separato da distanze gigantesche. Decidere di mettere questo lavoro a disposizione di tutti e gratuitamente, è, dunque, un generoso messaggio di speranza; è una condivisione che fa tremare l’anima; è un gesto che rende semplice la pace, la quiete, il sorriso; è un’aspettativa che nasce da quell’essere artisti di chi l’arte ce l’ha nel cuore, come Nisi e De Meo.

La voce di Beethoven si sovrappone a quella di tutti quando dice: “Pazienza, di questo si tratta. E la pazienza è ormai la guida che debbo scegliere”.

Dal momento in cui la pandemia ci ha costretti a relazionarci con la vita diversamente da come avevamo sempre fatto, siamo tutti immersi in uno stato d’animo in cui lente onde riflessive si allungano su un oceano di incertezze, sulla superficie del quale si scorge di lontano qualche guizzo improvviso di normalità. Ci attende un bel cammino da fare per tornare all’esistenza che conducevamo, per passare da una condizione di sopravvivenza ad una condizione di vita, ma il cessare dell’armonia, della libertà non ha fatto altro che rendere il loro ricordo più vivo e più vivo il desiderio di riconquistarle. Arte e bellezza sono una via per farlo e la conclusione che ci offre il Beethoven di Nisi è uno strepitoso inno alla vita: “Io spesso ho pensato a voi per rendervi felici. Siatelo”.

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