Bardo Thodol. Il libro dei morti ci insegna che il morente è l’altra metà di noi stessi

morte

Tutte le nostre ansie e le nostre paure più profonde scaturiscono dalla non consapevolezza della morte. La vita e la morte sono simultanee e inscindibili: quando nasciamo iniziamo già a morire. Inutile negarlo. Eppure, nella nostra civiltà desacralizzata, la morte è la sola vera “morta e sepolta”, il più grande tabù. Questo ci porta ad avere costantemente paura (la paura della morte è inconciliabile con la libertà), a non azzardare, ad accettare qualsiasi cosa. Ci porta altresì ad essere sempre vittime, a soffrire proprio a causa della nostra relazione perturbata con la morte e soprattutto a fuggirne. L’unico modo per riscattarci da ogni attaccamento consiste proprio nel “resuscitare” la morte.

Il morente è l’altra metà di noi stessi

Il Buddismo considera scopo primario dell’uomo il raggiungimento dell’Illuminazione, cioè la piena coscienza dell’irrealtà del mondo sensibile e quindi anche del proprio Io.
L’Io tuttavia non conosce questa totalità dei due corpi, ciò lo porta a vivere nella schiavitù dei suoi limiti.
Quando attraversiamo la grande soglia dobbiamo pertanto sapere come muoverci dal mondo del visibile a quello dell’invisibile e il rimedio a questa ignoranza consiste nel vedere al di là dell’illusione, nel riconoscere le proprie proiezioni del mondo e dissolvere il senso del sé nel vacuo e nel luminoso.
Ebbene, l’altra metà è di noi stessi è ciò che i buddisti tibetani chiamano il corpo di “bardo”, che vuol dire “transito”. Il bardo è ciò che finisce e ciò che inizia simultaneamente, per l’appunto un corpo di transito dalla morte alla successiva rinascita, quando ci muoviamo nell’invisibilità.

Il libro dei morti: il Bardo Thodol

Sebbene la tradizione attribuisca il Bardo Thödol al guru tantrico indiano Padmasambhava, che ha introdotto il buddismo in Tibet nel VII secolo, il libro è stato probabilmente composto nel XIV secolo.
Il Bardo Thödol (in tibetano: “Liberazione nello stato intermedio attraverso l’udito”), chiamato anche “Libro tibetano dei morti”, è un testo funerario che viene recitato dal lama, una sorta di psicopompo o traghettatore di anime, per alleviare la coscienza del morente e assisterla in un rinascita favorevole.
L’obiettivo è quello di fargli raggiungere l’illuminazione mentre si trova nello stato di bardo.
Il testo contiene una serie di istruzioni che vengono recitate all’orecchio del morente nel momento del trapasso, quando la coscienza del defunto può ancora apprendere le parole e le preghiere pronunciate per la sua liberazione.
La sua recitazione, inizia solitamente poco prima della morte (se possibile) e continua per tutto il periodo di 49 giorni, in quello che viene definito “Bardo della Morte” (per gli individui comuni dai 7 ai 14 giorni), che porta alla successiva rinascita.

Un processo che coinvolge diversi stadi di Bardo

1) Il primo è il Bardo della Vita (dalla vita alla morte).
In questo stadio, la coscienza del morente diventa consapevole. Egli accetta la sua morte recente e riflette sulla sua vita passata.

2) Il Bardo del Sogno.
Nel Bardo del Sogno, il defunto incontra spaventose apparizioni, che altro non sono se non le immagini delle emozioni che ha coltivato per tutta la vita. Esse possono essere terribili o benefiche, a seconda del karma che ha accumulato durante la vita.
Fra le varie istruzioni, l’insegnamento fondamentale che il Bardo offre al morente è che tutte le visioni che gli appariranno sono solo proiezioni della sua mente e che quindi egli deve assolutamente evitare di esserne attirato.
In caso contrario, la coscienza diventa confusa e, a seconda del suo karma, può essere trascinata in una rinascita che gli impedisce la liberazione.
Per queste ragioni, quando si muore bisogna dire di sì e lasciarsi andare alle immagini che ben presto si formano nella nuova dimensione, altrimenti si cade nella fossa dell’inconsapevolezza che interrompe il ciclo vita/morte.

3) Il Bardo della Meditazione, ovvero la transizione in un nuovo corpo. Per chi la sperimenta appieno, essa può introdurre agli stradi successivi:

1) Il Bardo della Morte;
2) Il Bardo della Verità;
3) Il Bardo del Divenire

La contemplazione delle forme in vita

Come accennato, il libro suggerisce al morente di stare attento alle visioni che gli appaiono.
Ebbene, una delle pratiche del buddismo esoterico consiste nella contemplazione della forma (da fare in vita).

Cosa insegna la forma?

Poiché le forme impressionano fortemente la coscienza, dovremmo stare sempre attenti alle immagini che ci impressionano.
Del resto, il linguaggio della psiche, dell’anima parla il linguaggio delle forme, non quelle della parola.
Ecco perché i buddisti meditano su forme misteriose e belle quali ad esempio: il Buddha della compassione, della guarigione, della conoscenza.
Ciò è stato sintetizzato egregiamente nell’aforisma di Nuburu Kudaru, sciamano yamauschi, “L’uomo che vive nel brutto nella morte vede il terrore; chi vive nella bellezza vede l’amore”.

Cosa accade alla fine del viaggio?

Quando moriamo troviamo sei Regni (3 inferiori, 3 superiori).
Se in vita abbiamo prodotto sofferenze, saremo destinati a rinascere consecutivamente nei 3 mondi inferiori: come un sofferente all’inferno (sopportando orribili torture), come un fantasma errante (guidato da un desiderio insaziabile), come un animale (governato dall’istinto).
Se invece abbiamo prodotto gentilezza, altruismo o amore rinasceremo in uno dei 3 mondi superiori: come un semidio (assetato di potere), come un essere umano (equilibrato nell’istinto e nella ragione) o come un dio (illuso dalle loro lunghe vite).
Tutto dipende comunque dalla quantità di karma positivo o negativo da noi prodotto.
Coloro che invece hanno raggiunto l’illuminazione (bodhi) vengono liberati da questo processo, ottenendo la liberazione (moksha).

La morte in vita

Anche noi, in vita dobbiamo imparare a morire per rinascere. Ovviamente parliamo di una morte mistica.
Essa avviene quando siamo in grado di superare la condizione di non dualità, in cui la morte e la vita sono riunificate in un unico atto di totale consapevolezza, che vede la vita e la morte come due dimensioni distinte, ma non separate.
Solo allora riusciremo a vincere ogni paura, a estirpare la radice di ogni sofferenza e a sentirci pienamente realizzati.

Foto di Thanks for your Like • donations welcome da Pixabay

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