Goethe e Werther: quando la biografia diventa romanzo 

Goethe

I dolori del giovane Werther — celeberrimo romanzo epistolare di Johann Wolfgang Goethe pubblicato nell’autunno del 1774 — è un piccolo volume che ha come tema centrale l’esplosione del sentimento. Werther infatti è un personaggio estremamente passionale che riversa il suo slancio sentimentale nell’amore per la giovane Lotte. Una passione intensa che affonda le radici nella «storia dolorosa e idilliaca» dell’amore che l’autore prova per una Lotte in carne e ossa: Charlotte Buff (detta, appunto, Lotte), figlia del magistrato di Wezlar sulla Lahn (una cittadina della Renania). 

L’incontro del Goethe/Werther con Lotte

Wetzlar è un luogo chiave della biografia goethiana, anche se l’autore vi permarrà per poco tempo. Nel 1772 il ventitreenne Goethe (che era stato costretto a intraprendere lo studio del diritto) viene mandato qui dal padre allo scopo di fare pratica nel Tribunale imperiale del luogo. Tuttavia la sua vera passione è la letteratura, infatti — come scrive Thomas Mann nel saggio Il Werther di Goethe — «La sua intenzione era di darsi agli studi ameni, di poetare e di vivere e questo fece in realtà e il tribunale lo vide a malapena».

In questo periodo Goethe partecipa anche a eventi mondani, ed è proprio durante un ballo che avviene l’incontro con Lotte Buff. Si tratta di un vero e proprio colpo di fulmine: «Lotte è gentile, bionda, con gli occhi azzurri, ha un carattere energico e […] possiede una sana sensibilità, seria e fanciullesca a un tempo»; insomma, appare come un essere speciale agli occhi dell’artista sensibile. Quando Goethe va a prenderla insieme a un’amica per condurla al ballo la trova già in abito da sera e intenta a tagliare fette di pane per i fratelli minori, a cui fa da madre dato che il padre vedovo è spesso assente. La scena lo colpisce profondamente, tanto da riportarla fedelmente nel Werther

Il ballo

«Qui mi capitò lo spettacolo più delizioso ch’io abbia mai visto: Nell’anticamera, sei bambini, di età fra gli undici e i due anni, s’accalcavano intorno a una fanciulla di bella presenza, giusta statura, vestita di un semplice abito bianco con nodi di nastro rosa alle braccia e al petto. Teneva in mano un pane scuro, e via via ne tagliava una fetta a ciascuno dei piccini […], e le porgeva a ciascuno con tanta amabilità!». Questo incontro rappresenta l’imprevisto che accende il sentimento del giovane Werther, così come quello di Goethe: una passione travolgente e totale («tutta l’anima mia era rapita da quelle forme, da quella voce, da quel portamento») che rappresenta un tratto tipico della letteratura dello Sturm und Drang.

Durante il ballo Goethe danza con Lotte, proprio come narra di aver fatto il giovane Werther nell’epistola del 16 giugno: «Non mi ero mai sentito così leggero, alato. Non mi pareva più d’essere un uomo». Tuttavia, quando sembra che l’amore sia sbocciato, un altro imprevisto si abbatte su Goethe: la scoperta dell’esistenza di un rivale. Lotte Buff infatti è fidanzata con Johann Christian Kestner, segretario di ambasciata dello Hannover. 

Il rivale e l’antagonista

Anche per quanto riguarda il rivale, la vicenda biografica si trasferisce in quella letteraria. Nel romanzo Kestner appare con il nome di Albert, antagonista di Werther sia in quanto rivale in amore sia in quanto portatore di valori completamente opposti ai suoi. Albert è il borghese, l’uomo normale, solido, razionale e positivo, ma anche limitato. Werther invece è l’artista, l’uomo eccezionale, il genio insofferente alle convenzioni sociali, alle idee correnti, alle norme socialmente accettate. 

Albert è perfettamente inserito nel quadro della società e giudica il suicidio come un’assurdità, una debolezza. A Werther dice: «qui mi sembra che tu abbia torto, poiché consideri il suicidio come una grande azione: mentre invece non lo si può giudicare niente altro che una debolezza. Senza dubbio è più facile morire che sopportare coraggiosamente una scelta tormentata». E Werther, che nel suicidio vede come un tentativo estremo di liberazione dal dolore che opprime in vita, risponde: «Un popolo che languisce sotto il giogo insopportabile di un tiranno merita d’essere chiamato debole se alla fine insorge e infrange le sue catene? […] E, mio caro, se un eccesso fisico viene considerato come una forza, perché non lo sarà anche un eccesso dei sentimenti?».

Il suicidio

Lo scollamento tra la vicenda di Goethe e quella di Werther si ha proprio nel gesto estremo che chiude il romanzo: Werther si uccide, l’autore no. Questo non significa che anche il suicidio non abbia una radice biografica. Nel novembre dei 1772 è proprio Kestner a informare Goethe della morte dell’amico comune Carl Wilhelm Jerusalem. Jerusalem si è ucciso con le pistole chieste in prestito allo stesso Kestner dopo aver subito il rifiuto da parte di una donna sposata. Proprio come lui, Werther chiede in prestito le pistole a Albert e dopo aver scritto una struggente lettera d’addio a Lotte, si spara in fronte. 

Il suicidio del protagonista è il suicidio dell’escluso, dello sradicato. Werther, essendo anticonformista per natura, non riesce a inserirsi in nessuna delle classi che occupano la scena sociale dell’epoca. Il suo amore infelice per Lotte è il modo concreto in cui si manifesta la sua esclusione. Egli infatti non riesce a amare come gli altri, sposarsi, diventare un padre di famiglia; e siccome nella cultura borghese l’amore può essere felice solo se coronato dal matrimonio, la felicità con Lotte resta per Werther solo un’utopia, proprio come lo resta il sogno d’amore di Goethe con la sua amata.

Foto di Andreas da Pixabay

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