Viaggio nella globalizzazione (3). Il “globale” che piace di più: la cucina italiana

Negli ultimi anni mi sono trovato ad effettuare alcuni viaggi all’estero per motivi di lavoro. Spesso, in questi casi, la riunione di lavoro si conclude in un ristorante scelto dall’amministrazione organizzatrice – in questo caso, il comune di Amsterdam – che offre la cena ai partecipanti. Leggo il menu del ristorante: arancine siciliane, spaghetti alla carbonara, penne all’arrabbiata, lasagne, risotto, scaloppine e, addirittura, ossi-buchi (scritto così) alla milanese. Chiedo, nel mio inglese imperfetto: “Ma è un ristorante italiano?”. “Niente affatto – mi si risponde – Queste sono le pietanze che si trovano in Olanda, in un normale ristorante!”.

In un altro viaggio, a Berlino, ho voluto controllare la nazionalità dei primi dieci ristoranti da me incontrati su uno dei viali principali della capitale tedesca: cinque italiani, uno turco, uno giapponese, uno spagnolo, due fast-food. Per trovare una birreria tipica ho dovuto chiedere e mi hanno indirizzato in una zona poco battuta del centro.

Per restare in Germania, sembra che a Monaco di Baviera ci siano oltre 500 ristoranti italiani. A Londra, gran parte dei 500.000 italiani che vi vivono – come il nipote di chi scrive – lavorano nella ristorazione. In ogni dove, poi, si incontrano non solo ristoranti ma anche negozi di prodotti culinari made in Italy importati direttamente dall’Italia e diffusi in modo capillare. Insomma, da alcuni anni a questa parte, in Europa e nel mondo, si mangia italiano.

Grande momento della cucina italiana in tutto il mondo

Negli Stati Uniti, oltre che a New York, ove la tradizione della ristorazione italiana era già abbastanza consolidata, è a Los Angeles che la nostra cucina sta vivendo un grande momento. Nella metropoli californiana, la passione per il cibo italiano sta soppiantando gli stimoli della gastronomia tex-mex, per instaurare una sorta di “rinascimento italiano”, con nuove aperture di locali e il consolidamento del successo dei ristoranti storici. In incremento è la produzione e l’importazione dall’Italia di vino e di olio d’oliva, mentre la pizza è diventata il piatto più diffuso negli USA, tanto che i giovani la ritengono ormai una tipica specialità statunitense.

Fra le insegne che rappresentano il made in Italy nella capitale russa, trova spazio Salumeria Moscow, ristorante aperto appena un anno fa e che ha conquistato fin da subito il palato dei cittadini. A Singapore, con il Braci ed il Garibaldi, la ristorazione italiana consegue altre due stelle nella Guida Michelin. A Hong Kong, l’agenzia di comunicazione australiana Food and Travel Communications promuove da un decennio una rassegna della gastronomia italiana a livello internazionale.

A Dubai sono presenti ben duecento attività di ristorazione made in Italy. Qui Matteo Bianchi, giovane ingegnere di Poggio Rusco, sta aprendo il primo dei ristoranti Piadèra con introduzione della piadina romagnola nella Capitale degli Emirati Arabi.

Soppiantate la cucina francese, cinese, giapponese e turca

Il successo della cucina italiana ha soppiantato quello della francese e assestato un colpo mortale alle velleità planetarie di quelle cinese, giapponese e turca. Sembra che tutto sia nato da un’inchiesta dello scienziato Angel Keys e di sua moglie Margaret Haney, i quali hanno prima pubblicato tre best sellers sui benefici della dieta mediterranea e poi si sono trasferiti in un villaggio di pescatori in provincia di Salerno, dove lui è vissuto sino alla veneranda età di 101 anni.

Oggi, Il 73% degli esperti dice che l’Italian way of fooding, che mette insieme appunto dieta mediterranea e italianità a tavola, rappresenta lo stile di vita più seguito a livello internazionale. Al di fuori del territorio italiano, esistono oltre 90.000 imprese ufficialmente registrate, che si autonominano “italiane”, tra ristoranti, pizzerie e pasticcerie.

E’ un mercato in continua espansione in ogni paese del globo, con una filiera che inizia dalle materie prime, passa per gli strumenti professionali, fino ad arrivare ai designers e all’arredo professionale. Inoltre, le categorie professionali hanno dato vita a un marchio che individua quei locali e quei ristoratori impegnati nel promuovere le tradizioni e la cultura enogastronomica italiana nel mondo e che assicurino il pieno rispetto di una serie di standard qualitativi certificati. Anche questo vuol dire “globalizzare”.

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