C’eravamo tanto amati… salvo intese

Di Maio e Salvini.

Come per le famiglie “perbene” dell’Italia provinciale, sia detto senza alcun significato deteriore, degli anni settanta o addirittura precedenti, anche oggi riconoscere che un rapporto, nato in questo caso non dall’amore bensì dalla mera convenienza di breve o brevissimo periodo, è giunto al suo termine è sempre molto difficile. Ci si nega talvolta l’evidenza, ci si aggrappa a qualunque “salvo intese” soltanto per mantenere le apparenze.

In realtà, sotto sotto, il realismo e l’opportunismo non difettano e accordi e intese prospettiche sono già da tempo avviate. 

Cosa ci aspetta è ormai palese e lo testimoniano i dati sulla fiducia, non solo tra alleati, già ai minimi storici, bensì sia quelli delle famiglie, sia quelli delle imprese entrambi calati ad aprile. Ormai da tre mesi, consecutivamente, il morale dei consumatori è in discesa raggiungendo ora quota 110,5 (minimo da luglio 2017) dal precedente 111,2. Com’è evidente hanno certamente inciso il deterioramento del clima economico, i continui distinguo e spesso i veri propri scontri frontali tra esponenti della stessa maggioranza fino alla cocente delusione personale nei confronti di esponenti politici, principalmente del M5S, verso i quali buona parte del paese riponeva speranze e aspettative molto diverse. 

Anche l’indice composito di fiducia delle imprese è tornato a calare a 98,7 dopo il rimbalzo a 99,1 del mese scorso. In controtendenza le costruzioni, dove l’indice è aumentato ancora da 140,3 a 141,2 (nuovo massimo da 12 anni). La diminuzione è significativa nei servizi (da 100,1 a 99) e nel commercio al dettaglio (da 105,3 a 101,4), mentre è contenuta nel manifatturiero (da100,8 a 100,6, un minimo da oltre 4 anni). 

Nello scorso mese di febbraio, il fatturato dell’industria è aumentato di 0,3%, mentre gli ordinativi sono calati di -2,7%. In entrambi i casi la causa è riconducibile all’impatto negativo del mercato estero (-6% gli ordini). In estrema sintesi, i dati complessivi sono meno incoraggianti di quelli sulla produzione, e segnalano che è troppo presto per parlare di ripresa dell’attività industriale, sulla quale pesa in particolare la persistente debolezza del commercio estero.  

La ciliegina sulla torta viene poi dal comunicato Istat che certifica nel 2018 in area euro un deficit aggregato del settore pubblico dimezzato rispetto al 2017, 0,5% contro 1,0% del PIL e ridottosi a poco più di un quarto del livello del 2015 (60,5 miliardi contro 215 miliardi). Il rapporto debito/PIL è calato di due punti percentuali, da 87,1 a 85,1%. Ben sette paesi, Grecia inclusa, hanno registrato un avanzo di bilancio, mentre un ottavo (Irlanda) ha azzerato il deficit. Quattordici tra gli Stati membri UE hanno un debito pubblico superiore al 60% del proprio PIL che, tuttavia, è calato in tutti i paesi dell’Eurozona tranne Francia (stabile a 98,4%) Grecia e Italia, dove era già stato comunicato un incremento da 131,4 a 132,2%. In Portogallo la discesa è stata di oltre tre punti, da 124,8 a 121,5%, mentre il deficit è stato quasi azzerato (-0,5% del PIL, contro il 3,0% del 2017). In Spagna, il debito è calato di un punto a 97,1%, a fronte di un deficit pari al 2,5% del PIL. 

Quando finisce un amore, per il bene di tutti, occorre avere il coraggio e l’onestà di riconoscerlo per il bene di tutti.

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