Voci e musiche nella memoria. “Se comprendere è impossibile, ricordare è necessario” (Primo Levi)

memoria2In una sua famosa affermazione il filosofo Theodor Adorno stabiliva che dopo Auschwitz non si poteva più fare poesia. Ma possiamo domandarci: “durante” Auschwitz? Era possibile fare poesia, arte? Che cosa rappresentava per un artista chiuso in un ghetto comporre, scrivere, suonare?

…nel 1942 quando si coprirono i manifesti dei primi concerti con la scritta “ Nei cimiteri non si canta “…

…il senso di quei concerti non poteva che essere testimoniare, andare oltre la morte.

Molte opere sono andate perdute, ma molte le conosciamo.

Abbiamo scoperto che il Campo di sterminio non bloccava anzi moltiplicava le energie creative: in molti casi la musica è stata per i musicisti internati la ragione della loro salvezza; in altri costituiva un momento di alienazione, o di forte aggregazione sociale; in altri ancora di sfida quando, in molti Lager – complice la profonda ignoranza delle SS – risuonavano addirittura le note dei musicisti “ Degenerati”, cioè di coloro che in tutta Europa erano banditi: Schoenberg, Mahler, Bruno Walter, Mendelssohn, Dvorak.

Musica o non musica rimanere in vita era comunque una fortuna: la camera a gas era un destino incombente – è il caso della clavicembalista Zuzana Ruzickova, della pianista Edith Kraus, del compositore Viktor Ulman.

Si seguiranno le tracce di questo complesso racconto come ci viene da una musicista sopravvissuta Fania Fenelon, accostando musica, parole e canti ai racconti che descrivono l’inferno.

Accostarsi all’Olocausto da questo punto di vista, da quello dell’arte musicale, può essere ancora più sconvolgente.

Per noi lo è stato.

“Voci e Musiche nella Memoria” è un itinerario di musiche e parole sui campi di sterminio e sulla musica che in quei luoghi è nata, incurante della tragica contraddizione che segna le vicende della storia e degli uomini.

“Ad Auschwitz c’era un’orchestra” si intitola il libro di Fania Fenelon che racconta delle lacrime degli aguzzini, mentre si riempivano dell’ascolto di Schumann e scherzavano sulle note della Vedova Allegra, un attimo prima di decidere chi meritasse la camera a gas e chi, invece, dovesse restare appeso ancora qualche settimana alla vita, illudendolo così di una resipiscenza di umanità da parte del persecutore, in ragione della misteriosa forza della musica.

……. “ Stretta al petto di quell’uomo, intono il ritornello della Marsigliese. La mia voce non è morta, posso cantare, sono viva. Il ragazzo è sbigottito. Portandomi in braccio, si precipita all’esterno, corre incontro a un ufficiale; come impazzito grida : – She sings! She sings! … L’uomo con il microfono insiste: – Per favore signorina, è per la BBC … Canto God Save the King. Gli occhi dei soldati si riempiono di lacrime… Canto l’Internazionale. I deportati russi lo riprendono in coro. Canto. Davanti a me, attorno a me, da ogni angolo del campo, reggendosi alle pareti delle baracche, si muovono ombre e scheletri. Si levano, si fanno grandi, sono grandi. Dai loro petti esce un fragoroso “hurrah” che dilaga, rotola e travolge tutto. Sono tornati a essere uomini e donne. 

Fania Fenelon è una musicista: canta e suona il piano nei locali di Parigi. Ha poco più di vent’anni il 20 gennaio 1944, quando viene internata ad Auschwitz-Birkenau. È arrestata perché ha aiutato un amico che è nella Resistenza ed è mezza ebrea.

Il 23 gennaio anche Fania viene scelta per far parte dell’orchestra femminile di Birkenau. Nel gruppo ci sono musiciste famose come Alma Rosè e giovani che appena strimpellano uno strumento.

L’orchestra deve suonare per rallegrare le SS e per accompagnare l’uscita e il rientro dal lavoro degli altri prigionieri.

“Percorriamo circa trecento metri attraverso le baracche, ci fermiamo per tenere il nostro concerto di fronte a una schiera di prigionieri immobili, in attesa di partire per il lavoro. Da tutti gli angoli del campo, le donne passano davanti a noi. Trovo il coraggio di guardare. Le guardo, devo guardare. Un giorno dovrò testimoniare.”

Denigrate dalle altre prigioniere perché privilegiate, le ragazze dell’orchestra devono, per sopravvivere, piacere e compiacere la kapo e il comandante del campo. E la musica è vita. I mesi passano… Alla direzione dell’orchestra c’era Alma Rosé, eccezionale violinista ebrea, nipote di Gustav Mahler. Due donne, due visioni, due modi di vivere la musica all’interno del lager. Per Fania suonare è un mezzo per sopravvivere e sopravvivere è testimoniare. Per Alma la musica è un fine, il fine su cui ha costruito la propria identità.

La loro musica pone domande sul rapporto fra Arte e Vita, che superano la dimensione storica e arrivano fino al nostro presente.

Ripercorrendo il diario di Fania diamo vita alle sue parole, accompagnate da quel repertorio musicale che era il preferito degli ufficiali tedeschi, capaci di commuoversi all’ascolto di una

Madama Butterfly e subito dopo di mandare dei prigionieri alle camere a gas.

I tedeschi stanno perdendo la guerra, gli alleati si avvicinano. L’orchestra viene trasferita nel campo di Bergen-Belsen, dove, il 15 aprile 1945 entra l’esercito britannico.

NOTIZIE

Dal libro, pubblicato per la prima volta in Italia da Vallecchi nel 1978, e in seconda edizione nel 1981, sono stati tratti il film “Playing for time”- “Ballata per un condannato” in italiano – con Vanessa Redgrave e sceneggiato da Arthur Miller, e vari adattamenti teatrali. Il loro successo è un’ulteriore prova della forza documentaria di questo testo sconvolgente, a tratti ironico, scritto con un linguaggio sorprendentemente attuale.

Fania Goldstein, in arte Fénelon (Parigi, 1908-1983), pianista e cantante di cabaret, fu incarcerata e deportata ad Auschwitz per i suoi contatti con la Resistenza francese e le sue origini ebraiche.

PER RIFLETTERE

Oltre alle riflessioni legate alla ricorrenza della Giornata della Memoria lo spettacolo fornisce anche altri particolari  spunti di riflessione legati sia alla musica che alle donne nei campi di concentramento:

  • La musica può essere capace di evocare alti      sentimenti e di essere nello stesso tempo mallevadrice dell’atrocità ?
  • Cosa ha in serbo l’animo umano che riesce a      commuoversi e nello stesso tempo a sprofondare nella perversione più      immonda ?
  • Una riflessione su come si      può fare per sopravvivere in situazioni estreme:  la musica come mezzo per la vita o la      musica come vita
  • E’possibile mettere insieme il tema della centralità femminile,      delle tante storie del mondo delle donne, con la Shoah e il Giorno memoria      per riflettere sulla capacità di sopravvivenza e sulla resistenza delle      donne, riflettendo come la deportazione femminile abbia guadagnato un      proprio posto nella storiografia della Shoah solo in un tempo recente.  

DOVE :

Auditorium del Massimo, Via Massimo Massimiliano 1, 00144 Roma 06 5423 0559

www.auditorium.it

ORE: 11:00

INGRESSO: 7 euro

COME RAGGIUNGERE :

Situato all’Eur, l’Auditorium del Massimo è facilmente raggiungibile sia per coloro che provengono da fuori città, dagli aeroporti o dalla autostrade, sia per chi vi giunge dal centro. Nel raggio di 600 metri (ai piedi di Via Tiberiade) sono disponibili ampi parcheggi comunali gratuiti.

Dalla Stazione Termini, Metropolitana Linea B fermata Eur Palasport, 800 metri a piedi.

L’auditorium è provvisto di un Bar/Caffetteria interno.

L’accesso ai disabili è consentito e garantito da apposite rampe fino al loggione

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