Polpettine di carne cotte in tegame con mozzarella e pachino

polpettine

Polpettine: che passione. Definita dal marchese bolognese Vincenzo Tanara, (storico e appassionato di cucina del XV sec), “la regina delle vivande”, la polpetta è un piatto che piace ad ogni latitudine e longitudine.

Economica, apparentemente disordinata e caotica, si può realizzare in diversi modi: al ragù, lessa, arrosto, senza che la sua preparazione richieda procedure, protocolli e pesate di precisione.

Da dove vengono questi deliziosi stuzzichini?

Origini delle polpettine

L’origine di queste gustosissime palline di carne macinata è sconosciuta e controversa. 

Una delle ipotesi più accreditate, ritiene che la ricetta sia nata in Persia.

Qui le polpettine venivano indicate con il termine koofteh che significa “carne pestata”. 

Dalla Persia, la ricetta si è poi diffusa in tutto il Medio Oriente, con il nome di kofta.

Gli arabi invece la battezzarono bonâdiq e quando conquistarono la Spagna, anche i colonizzati impazzirono per questi bocconcini di carne.

Gli spagnoli chiamarono le polpette albondigas, termine che derivava appunto dall’arabo al-bonâdiq.

In Olanda si chiamavano bitterballen , in Cina shi zi tou.

La ricetta spagnola 

Nella Spagna musulmana, la carne veniva tritata e pestata al mortaio. 

A parlarcene sono gli esperti Jean-Louis Flandrin e Massimo Montanari, che nel libro In “Storia dell’alimentazione” scrivono: “Le bonâdiq entravano anche nella composizione di una farcia o di preparazioni come la famosissima harissa: si tratta di una mistura di carne grassa pestata e di frumento ammollato e spezzato, lungamente cotta a calore moderato. Molto spesso si fa bollire la carne in una pentola con sale, cipolla, aromi e spezie. Si aggiungono poi altri ingredienti vari, e le verdure sono aggiunte in momenti diversi, secondo la qualità e l’effetto desiderato. Frequentemente si aggiunge un pugno di ceci ammollati e sbucciati, a volte lenticchie oppure fave”. 

Anche gli antichi romani apprezzavano le palline di carne 

Marco Gavio Apicio, un gastronomo, cuoco e scrittore romano vissuto a cavallo fra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. nel suo “De re coquinaria” chiamava le polpettine esicia omentata. 

La ricetta prevedeva di cucinare delle polpette fatte con vino rosso, bacche di mirto e garum (una salsa liquida di interiora di pesce e pesce salato), avvolte nell’omento (la rete di maiale). Poi si utilizzò il termine latino “pulpa”.

Secondo alcuni studiosi, la radice del nome avrebbe indicato il gesto di “palpare”, nel senso che prendere la carne, tritata e condita, formare la piccola pallottola tra i palmi velati di olio, avrebbe potuto dare un certo piacere tattile. 

Il primo a usare il nome “polpetta” fu Martino de’ Rossi o Martino de Rubeis, detto Maestro Martino. Il famoso cuoco e gastronomo del XV secolo, nel suo “Libro de arte coquinaria” scrive: “Per fare polpette di carne de vitello o de altra bona carne, in prima togli de la carne magra de la cossa et tagliala in fette longhe et sottili et battile bene sopra un tagliero o tavola con la costa del coltello, et togli sale et finocchio pesto et ponilo sopra la ditta fetta di carne. Dapoi togli de petrosimolo, maiorana et de bon lardo et batti queste cose inseme con un poche de bone spetie, et distendile bene queste cose in la dicta fetta. Dapoi involtela inseme et polla nel speto accocere. Ma non la lassare troppo seccar al focho”.

Nel 1549 Cristoforo di Messisbugo, cuoco ducale alla corte Estense di Ferrara, le propone fritte, in tiella

Nel 1570 Bartolomeo Scappi, cuoco privato dei pontefici Paolo III e Pio IV dedicò un libro intero della sua “Opera di Bartolomeo Scappi, mastro dell’arte del cucinare, divisa in sei libri” alla gustosa pietanza.

Le polpette moderne 

Agli inizi del ‘900, lo scrittore, gastronomo e critico Pellegrino Artusi nel libro “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, prima di spiegare il procedimento della ricetta sostiene “Non crediate che io abbia la pretensione d’insegnarvi a far le polpette. Questo è un piatto che tutti lo sanno fare cominciando dal ciuco, il quale fu forse il primo a darne il modello al genere umano”

Il gastronomo inoltre sfata il mito della sfericità delle polpette, quale segno distintivo della loro perfezione: “Formate tante pallottole del volume di un uovo, schiacciate ai poli come il globo terrestre, panatele e friggetele nell’olio o nel lardo”. 

Nel 1939, il medico-poeta Giovanni Riaberti in “L’arte di convitare” rivendica l’appartenenza geografica del piatto.

Non solo sostiene che le polpette siano un piatto italiano, ma afferma che hanno sicuramente origine meneghina.

In effetti, a Milano si fa largo uso di questa pietanza, ed è la patria dei mondeghili, polpettine di carne arrosto cotta con il bollito, croccanti all’esterno e cremose all’interno.

In realtà anche Venezia si contende questa paternità.

Nella città lagunare, le polpette si vendono all’interno dei cicchetti, piccole porzioni di pietanze tipiche da consumare con un buon bicchiere di vino. 

Ai tempi della Serenissima, le polpette venivano vendute dai luganegheri (venditori di carne cruda).

Polpettine letterarie 

In letteratura, Manzoni ha parlato spesso delle polpette nei suoi “I Promessi Sposi”. 

Quando la madre, Giulia Beccaria, chiese spiegazione sulla scelta del piatto per il suo romanzo, l’autore disse “Cara mamma, mi avete fatto mangiare fin da bambino tante di quelle polpette, che ho ritenuto giusto farle assaggiare anche i personaggi del mio romanzo”.

Nel 1745 Carlo Goldoni inserì le polpette – come cibo “da signori” – in una delle sue commedie più celebri, Il servitore di due padroni. 

Il segreto della preparazione

Preparare le polpette richiede una buona manualità, ma il vero segreto sta nel giusto tempo di riposo.

Come accennato qualche riga fa, la polpetta perfetta non deve essere sferica.

Oggi vi proponiamo la nostra ricetta.

              Ricetta per 5 persone

  • 500 g di carne trita
  • 100 grammi di pane grattato
  • 100 g di latte
  • Ciuffo di prezzemolo
  • Spicchio d’aglio
  • Pepe Nero qb
  • Erba cipollina
  • 100 g di Parmigiano Reggiano grattugiato
  • Sale qb
  • Mezza cipolla rossa
  • Olio extravergine d’oliva
  • 250 g di mozzarella fiordilatte.
  • 2 uova.
  • 500 g di pomodorini pachino
  • Peperoncino rosso
  • Basilico quanto basta.

Svolgimento

Mettete in una terrina la carne trita con il pangrattato, il latte, il ciuffo di prezzemolo tritato, lo spicchio d’aglio privo dell’anima e tritato, il pepe nero, l’erba cipollina tritata, il Parmigiano Reggiano e sale quanto basta. 

Lavorate questa miscela fino a ottenere un composto omogeneo. 

Formate poi le vostre polpettine. In un tegame basso mettete un giro d’olio Evo e la cipolla tritata. Copriate e fate rosolare per un minuto. Fatto questo, mettete dentro le polpettine e continuate a cuocere a fiamma viva, coprendo e ricordando di girare le polpette di tanto in tanto. Quando le polpette risulteranno quasi cotte, mettete dentro il pomodorino Pachino, aggiustate di sale e un pizzico di peperoncino e qualche foglia di basilico. Coprite e fate cuocere ancora per circa 10 minuti a al massimo un quarto d’ora. A questo punto alzate il coperchio e mettete dentro la mozzarella tagliata a fette. Coprite e continuate ancora a cuocere per 10 minuti. Trascorso il tempo, lasciate le polpette in auto cottura per 5 minuti.

Servite e buon appetito

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