Il caso di Nicola “Coco” Ianicelli, bambino di 3 anni, ucciso e bruciato dalla Ndrangheta

autobruciataNotizia scioccante di pochi giorni fa. Un bambino di tre anni, insieme al  nonno e una donna vengono uccisi dalla’ndrangheta. I loro corpi sono stati trovati bruciati nella loro macchina incendiata (foto). La terribile notizia appare su qualche blog, sulla stampa locale e in poco tempo sparisce. 

Un fatto agghiacciante che avrebbe meritato molta più attenzione nei media, come succede quando dei bambini restano vittime di reati commessi da adulti.In questo caso a ridurre l’attenzione ci pensa il contesto. Nicola “Cocò” è una vittima di un regolamento di conti tra criminali di cui il nonno, sicuramente l’obiettivo dei killer, faceva parte. Anche una donna, la compagna del nonno rimane uccisa. Di lei nessuno parla, a mala pena si cita il nome, anche perché non è italiana e quindi ancora meno interessante.

Perché questo silenzio? Perché nessun media nelle lunghe trasmissioni ha dedicato uno spazio per ricordare, discutere questo terribile evento?

Eppure ci sono trasmissioni televisive che si sostengono solo su fatti di cronaca, che sguinzagliano giornalisti alla ricerca delle più piccole informazioni, anche inutili, ma che messe in un certo modo, solleticano la curiosità dell’ascoltatore. Visto che il nonno era un criminale, non c’è  interesse, come se il fatto che il bambino di tre anni, fosse parente di un criminale, il futuro sarà in qualche modo segnato.

Negli ultimi anni, contrassegnati da cruenti conflitti bellici in varie parti del mondo, è sempre più di moda usare il termine “vittime collaterali” intendendo con questa arida frase tutti coloro che per un motivo o per un altro, pur non essendo diretti responsabili di qualcosa vengono sacrificati per obiettivi militari giudicati più importanti. Un’arida frase che spesso nasconde le centinaia se non migliaia di civili inermi che vengono colpiti dalla furia bellica. Come risposta al termine “vittime collaterali” si usa un altro termine ancora più ambiguo, mutuato dalla medicina “intervento chirurgico” volendo con questo significare la capacità di colpire un obiettivo senza le vittime collaterali.

Il povero Nicola va inserito in questo contesto? È anche lui una semplice vittima collaterale di uno scontro tra gruppi criminali? Gli assassini non erano in grado di fare un “intervento chirurgico”? Colpire l’uomo senza fare altre vittime, oppure l’importante era colpire disinteressandosi se a morire fossero altri innocenti? O ancora peggio,  il fatto di essere in compagnia dell’uomo, essere anche parenti li ha resi obiettivi primari?

Troppe domande le cui risposte possono portare a valutazioni inquietanti e forse proprio per questo non si è voluto approfondire.

Ci definiamo un paese civile, dove eventi simili dovrebbero  avere una rilevanza nazionale. Evidentemente questo assordante silenzio fa pensare che si è arrivati ad accettare che in Italia esistano zone di guerra.

di Gianfranco Marullo

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