Gratteri: “L’Agenzia per il sequestro e la confisca dei beni sottratti alla criminalità non funziona”

REGGIO CALABRIA - ARRESTI NELLA LOCRIDELe 182 pagine di relazione della Commissione per l’elaborazione di proposte normative in materia di lotta alla criminalità, (il cui presidente è il Procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri) parlano chiaro: “L’Agenzia per il sequestro e la confisca dei beni sottratti alla criminalità così come è oggi non funziona. Se da un lato vi è la piena consapevolezza che strumento fondamentale per la lotta al crimine mafioso ed economico sia l’aggressione ai beni di provenienza illecita, solo di recente si è compresa l’importanza di rimettere in un circuito legale tali proventi di origine illegale una volta che lo Stato se ne sia appropriato definitivamente. Si tratta di capitali che non solo devono concorrere alla ripresa economica del Paese, ma soprattutto devono favorire la rinascita di un sistema imprenditoriale legale”.

Il dossier, partendo da un’analisi del peso economico della criminalità organizzata, i cui ricavi annuali oscillano tra gli 8,3 ed i 13 miliardi di euro (in media lo 0,7% del Pil), ha come obiettivo quello di proporre una serie di interventi normativi per migliorarne appunto il contrasto. Il tema dei beni confisca è stato dunque ampiamente discusso.

Secondo l’Agenzia, il numero dei beni sequestrati e confiscati è pari a 12944 (dati aggiornati al 7 gennaio 2013) di cui 1707 aziende.

Il PM  Gratteri nonostante la materia dei beni confiscati si trovi al 23esimo posto sulla scaletta delle priorità, è intervenuto ponendo l’accento sul problema.

Ad oggi tali proprietà non sono adeguatamente riposizionate, che le informazioni circa la loro ripartizione nel territorio sono scarse, tanto che i municipi conoscono solo i beni assegnati e non quelli da assegnare, ma soprattuto appare chiaro che la normativa vigente sia del tutto inadempiente.

Gratteri in particolare ha puntualizzato il fatto che troppo spesso le banche tendano a bloccare i finanziamenti una volta che le imprese passano in mano all’amministrazione giudiziaria.

Altre problematiche emerse riguardano il calo delle commesse e l’aumento  dei costi di gestione derivante dal processo di legalizzazione dell’azienda.
Bisogna infatti porre rimedio alla mancanza di scritture contabili attendibili, relativi al pagamento di oneri fiscali e contributivi, alla  regolarizzare dei rapporti di lavoro e applicazione della normativa antinfortunistica.

Si legge sulla relazione “Tali circostanze comportano, inevitabilmente, l’altissimo rischio dell’uscita dell’impresa dal mercato. Dette difficoltà, peraltro, sono ‘amplificate’ dal lungo lasso di tempo che solitamente intercorre tra il provvedimento di sequestro e la confisca definitiva che segna il momento in cui l’Agenzia può provvedere alla destinazione delle aziende”.

L’obiettivo è quello di poter anticipare la destinazione finale delle aziende, prevista oggi solo dopo la condanna definitiva.

Questo per evitare, come accade tuttora, che in attesa della sentenza di Cassazione, le stesse siano già fallite.

In questo caso- si legge sulla relazione- “Le somme ricavate dalla vendita ‘anticipata’ delle aziende, confluiscono nel Fondo Unico giustizia cui attingere nel caso in cui la misura patrimoniale non venga confermata in via definitiva e si renda, dunque, necessario assicurare al titolare dell’azienda la restituzione per equivalente del bene da rivalutare secondo il tasso annuo d’inflazione”.
La Commissione ha proposto altresì di ampliare le possibilità di “affidamento anticipato per i beni mobili, sin dal momento del sequestro” mentre per i beni immobili ci sono ancora delle riserve derivanti dalla difficoltà oggettiva di gestirli, in quanto spesso le proprietà dei boss vengono spesso affidate ai loro parenti.

Altro tema delicato riguarda il rischio di ridurre in stato di abbandono le proprietà.

La soluzione proposta dalla Commissione è quella di anticipare la pubblicizzazione dei beni che sono vicini alla confisca di primo grado, anche utilizzando la Rai in quanto “la possibilità di promuovere in maniera più massiccia i beni sequestrati permetterebbe, già dalla fase del sequestro, di individuare destinazioni che potrebbero essere poi quelle definitive”.

Questa ipotesi potrebbe portare allo spostamento della sede centrale dell’Agenzia da Reggio Calabria a Roma.

Qui verrebbe gestita dalla presidenza del Consiglio e non da quella del ministero dell’Interno.

Questo presenterebbe dei problemi di ordine organizzativo, ma ecco come si può intervenire.

Per Gratteri innanzitutto bisognerebbe investire sul personale dell’Agenzia per il sequestro e la confisca dei beni. “Si assumano quanti servono, non dobbiamo porre un limite. Serve personale specializzato e qualificato, da acquisire tramite concorso. Sia i dipendenti dell’agenzia che i vertici devono essere altamente qualificati”.

In secondo luogo dovrebbe cambiare il profilo del Direttore dell’Agenzia, così come la composizione del Consiglio Direttivo.

Per il PM , il direttore dovrebbe essere “scelto tra esperti nella gestione di beni/aziende private o di settori pubblici complessi; quanto alla seconda si prevede di sostituire i due esperti in materia di gestioni aziendali e patrimoniali, designati di concerto dai Ministri dell’interno e dell’economia e delle finanze, con un esperto in materia di gestioni patrimoniali, un esperto di gestioni aziendali ed uno che sappia di progetti di finanziamento europei e nazionali”.

Ecco perché tali figure dovranno essere scelte in maniera concorde tra ministero dello Sviluppo e Tesoro.

La formazione degli amministratori giudiziari dovra’ anche includere criteri per l’affidamento di incarichi con trasparenza e in numero definito, prevedendo anche casi di revoca e decadenza.

Tra le misure suggerite dalla relazione, c’è altresì l’introduzione del reato di autoriciclaggio che punisce chi ricicla in prima persona i proventi della propria attività criminosa.

Inoltre l’articolo 417 tre del Codice Penale interverrà sul cosiddetto “voto di scambio”.

Ultimo punto, anche se non in ordine di importanza, interessa il restringimento del regime di 41 bis, fondamentale per isolare i detenuti dall’ambiente esterno.

La relazione riporta  “E’ necessario che i detenuti sottoposti al regime speciale siano ristretti in carceri a loro esclusivamente destinate o, comunque, in sezioni di istituti penitenziari a loro riservate”.

di Simona Mazza

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