Il barbecue: la cottura della carne all’americana

barbecue

Scommetto che se vi dico: «barbecue» la prima immagine che vi viene in mente è quella di una vociante riunione conviviale all’aria aperta con alcuni volenterosi, per lo più di sesso maschile e che si distinguono per gli ampi grembiuli, indaffarati attorno ad un braciere tra fumo e calore, mentre tutti gli altri partecipanti attendono che venga servita la carne appena cotta, prendendo in giro e  rifornendo generosamente gli addetti al barbecue con boccali di birra gelata.

Questa immagine, benchè stereotipata, è sostanzialmente corretta perchè, come insegna il Dizionario Treccani, il termine «barbecue», sulle cui discusse orgini c’intratterremo più avanti, indica allo stesso tempo uno strumento di cottura, una tecnica di cottura ed un intrattenimento tipicamente statunitense visto che si parla addirittura di «Barbecue belt» (cintura del barbecue) per indicare un territorio vastissimo (grosso modo dalla Carolina sino al Texas) in cui il barbecue è uno stile di vita secondo il motto: «Any barbecue is better than no barbecue» (Qualsiasi barbecue è meglio di nessun barbecue).

Uno stile coltivato, specie in campagna elettorale, anche dai Presidenti degli Stati Uniti, da George Washington in poi, come raccontato da Jim Shahin in un simpatico articolo intitolato: «Smoke Signals: Presidential grilling» pubblicato su  The Washington Post del febbraio 2012, mentre W.D. Taylor del  New York Herald-Tribune coniò per il Presidente Lyndon B. Johnson il termine  «barbecue diplomacy».

Un modo di trascorrere del tempo all’aria aperta, visto che i locali chiusi mal tollerano i fumi tipici del barbecue, alternando griglia e barbecue in senso stretto dando dimostrazione di inusuali abilità anche oltre quelle propriamente professionali dell’interessato perché il barbecue, che per molti assume i caratteri di una vera e propria religione, è affare più  per appassionati che per professionisti della cucina.

La controversa origine del nome barbecue

Secondo le ipotesi più accreditate il termine barbecue deriverebbe dall’ispanoamericano barbacoa a sua volta derivante dal caraibico baa-bu-kan.

Si tratterebbe di un sistema arcaico di cottura della carne su stuoie sospese su strati di braci di legna in modo da ottenere una cottura indiretta della carne ad una temperatura molto inferiore a quella che si realizza con una semplice griglia a contatto.

In questa cottura, inoltre, ha un ruolo importante l’affumicatura, sia come strumento di sanificazione della carne sia come elemento aromatizzante della stessa a seconda delle diverse essenze di legna utilizzate.

Va da sé che il barbecue consente di cuocere, seppure in un lunghissimo tempo, anche quei tagli di carne  muscolosi e pieni di collagene che la cucina europea riserva tradizionalmente alla cottura in tegame o al forno e questo fatto giustificherebbe l’origine popolare del barbecue visto che si attaglia anche ai tagli meno pregiati.

La principale differenza tra barbecue e griglia

Qualsiasi esperto di barbecue vi dirà che la vera differenza tra barbecue e griglia è in due parole: tempo e temperatura.

Nella grigliatura, in cui la griglia è posta a brevissima distanza se non a diretto contatto con la brace, la temperatura supera normalmente i 260°,  la cottura è brevissima così come il riposo richiesto alla carne dopo la cottura.

Bistecche, costate, salsicce, costolette d’agnello (che a Roma si chiamano non casualmente «a scottadito») sono i tagli ideali per la cottura alla griglia.
La marinatura, cioé l’immersione preliminare della carne in un liquido aromatizzato a base acida, può anche mancare e sovente poco aggiunge al risultato finale, la salatura avviene in modo progressivo per non accelerare la perdita di succhi della carne, le salse sono quasi sempre assenti, sostituite da un filo di olio extravergine d’oliva di qualità a cottura ultimata.

Scriveva Pellegrino Artusi ne «La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene» a proposito della bistecca alla fiorentina, forse il piatto più famoso della cucina italiana cotto alla griglia: «mettetela in gratella a fuoco ardente di carbone, così naturale come viene dalla bestia o tutt’al più lavandola e asciugandola; rivoltatela più volte, conditela con sale e pepe quando è cotta, e mandatela in tavola con un pezzetto di burro sopra. Non deve essere troppo cotta perché il suo bello è che, tagliandola, getti abbondante sugo nel piatto. Se la salate prima di cuocere, il fuoco la risecchisce, e se la condite avanti con olio o altro, come molti usano, saprà di moccolaia e sarà nauseante».

Nel barbecue la temperatura oscilla tra i 115° ed i 145° e la cottura beneficia dell’apporto del fumo, quasi assente nella grigliatura nella quale rappresenta un fastidio e non un’opportunità.

Per raggiungere questo obiettivo si agisce su più fronti gestendo, oltre alla distanza della griglia dalle braci, la quantità di combustibile e la sua ossigenazione considerando che, intuitivamente, una maggiore quantità di entrambi fornirà una temperatura più alta della brace.

È inoltre fondamentale per i tagli ricchi di collagene il riposo della carne (detto fase di Rest) che varia a seconda del tipo e del taglio utilizzati ed è volto ad un raffreddamento graduale della carne in modo da mantenerne la succosità e la morbidezza con un giusto compromesso tra tecnica ed esigenze sanitarie di consumo o raffreddamento immediato.

La marinatura, i sali aromatizzati e le salse  svolgono un ruolo importante nel gusto e nell’aspetto del prodotto finale.

I tagli di carne sono sostanzialmente diversi da quelli della grigliatura e sono quasi sempre di derivazione nordamericana.

Nel barbecue sentirete parlare ad esempio di Brisket (punta di petto di manzo), Pulled Pork (spalla di maiale sfilacciata),  Pork Ribs (costine di maiale), di Beef Ribs (costine di manzo) e di Flank Steak (bavetta o tasca).

E proprio quest’ultima marca la distanza tra la cottura barbecue e quella tradizionale perché la tasca è utilizzata nella nostra cucina come taglio per la Cima alla genovese in cui viene preliminarmente tagliata all’interno, in modo appunto da creare una tasca, farcita in vario modo e poi cotta in tegame per un tempo che, a seconda della razza e dell’età dell’animale, può superare anche le tre ore.

Barbecue e cucina tradizionale europea

Malgrado i tentativi iniziali di far entrare il barbecue, assieme ai prodotti americani, nella cultura e nella cucina tradizionali europee si può affermare che questa tecnica vi è rimasta sostanzialmente estranea ed il motivo, per quanto banale possa essere, è che essa non ha trovato ingresso nella cucina francese che è quella che, almeno sino a Pellegrino Artusi, ha codificato la gastronomia europea.

Nella brigata di cucina tradizionale, inventata nell’800 da Auguste Escoffier, s’incontra lo Chef Rôtisseur, responsabile della cottura in forno e alla griglia,  affiancato dallo Chef Grillardin che è colui che materialmente si occupa della cottura alla griglia, ma del barbecue, delle sue tecniche di cottura e dei suoi tipici condimenti non vi è traccia.

Si sono quindi sviluppate parallelamente due diverse concezioni di cottura della carne: una, per così dire, d’interno, che si attua in cucina e che si giova ora anche di tecniche innovative come il sottovuoto, il reverse searing, la cottura a vapore e quella a bassa temperatura, l’altra, il barbecue, con i suoi accessori, soprattutto affumicatori, che si esprime all’aria aperta e riporta a tecniche arcaiche di cottura sulle braci tipiche del mondo contadino che pure sono parte integrante anche della cultura culinaria europea e mediterranea.

Il barbecue, infatti, non è l’unica modalità di cottura sulle braci a bassa temperatura: si pensi solo alla cottura in fossa  (come quella di «su porceddu a carraxiu») o nella sabbia (ad Ischia approfittando delle cosiddette fumarole).

Con l’avvento, nel secondo dopoguerra, del Kettle, il barbecue sferico che può essere anche portatile e  di ridotte dimensioni, il barbecue ha iniziato a diffondersi anche in Europa creando un vero e proprio universo culinario parallelo che, malgrado sia  guardato con un certo scetticismo dalla cucina ufficiale, ha le sue tecniche, la sua formazione, i suoi ingredienti ed i suoi accessori.

Le ragioni per comporre questa sorta di frattura sono molteplici e certamente vantaggiose sia per la cucina tradizionale, che potrebbe utilmente arricchirsi con le tecniche di preparazione delle carni e di cottura tipiche del barbecue, sia per il barbecue soprattutto per ciò che riguarda la preparazione delle diverse salse ed il contenimento della carica batterica delle stesse salse e della carne nella fase di Rest. 

Il barbecue come strumento di cottura: il Kettle

Il barbecue contemporaneo più diffuso, di metallo,  munito di coperchio con manico e dalla forma sostanzialmente sferica è nato nel 1952 e si deve a George Stephen, assemblatore di piastre d’acciaio presso lo stabilimento Weber Brothers Metal Works che produceva boe nautiche.

L’intuizione di Stephen è stata di dividere esattamente a metà, dotandola di piedi per garantirne la stabilità, una boa nella quale la parte inferiore funge da braciere e quella superiore da coperchio il quale, oltre a proteggere dal vento, ha un’importante funzione di conservazione e distribuzione del calore.

Da allora la Weber-Stephen è una delle aziende leader nella produzione di questo popolare strumento di cottura.

Gli strumenti attuali a disposizione degli amanti del barbecue consentono di alternare, a seconda del taglio, del tipo di carne e del risultato desiderato, cotture alla griglia, al barbecue e affumicature ampliando le scelte dei piatti  e la complessità di questo universo culinario alternativo alla cucina di carne d’impronta tipicamente europea.

L’importanza della carne 

Sembra scontato, ma non c’è ambito come il barbecue in cui il rapporto con il proprio macellaio di fiducia risulta decisivo per raggiungere i risultati migliori.

Influiscono, tra gli altri, le razze delle carni, le modalità ed i tempi di frollatura, i tagli che, come già accennato, non solo sono particolari, ma spesso sono completamente differenti rispetto a quelli della nostra cucina anche alla griglia.

Senza questo scambio d’informazioni e la collaborazione di un macellaio che abbia dimestichezza anche con il barbecue passare dalla succulenta preparazione che si è ammirata nell’ultimo tutorial o ad un corso in presenza e la classica suola di scarpe è davvero un attimo.

Foto di Felix Wolf da Pixabay

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.