Educare gli uomini per sconfiggere la violenza sulle donne

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Sempre più spesso veniamo a conoscenza di casi di violenza o abusi nei confronti di donne o di ragazze adolescenti, additate poi, non di rado, come provocatrici. Vuoi per i loro modi di fare, vuoi per un abbigliamento succinto o, addirittura, per un semplice sorriso scambiato per ammiccamento, alcune donne vittime di violenza subiscono oltre al danno morale e fisico la beffa del giudizio sociale. Anche per questo pensiamo che la violenza, contro le donne e in generale contro ogni essere umano, in tutte le sue forme e declinazioni, non dovrebbe essere combattuta soltanto in occasione di certe ricorrenze ma educando gli uomini a rispettare loro fin dall’infanzia.

Violenza in aumento

Dal primo gennaio ad oggi in Italia le donne uccise sono state 75. Quanto agli stupri a danno di donne, minori, omosessuali e disabili è impossibile fornirne il numero, perché moltissimi sono i casi non denunciati. 

L’ultimo evento drammatico, in ordine cronologico, avvenuto a Palermo lo scorso luglio da un branco di sette ragazzi, ha riacceso una serie di dibattiti incentrati essenzialmente sulle soluzioni atte ad arginare il fenomeno. 

Per Matteo Salvini bisognerebbe inasprire le pene. Il vicepresidente del Consiglio dei ministri ha annunciato che porterà in Parlamento il disegno di legge della Lega sulla castrazione chimica. In aggiunta si vorrebbe puntare sull’abbassamento dell’età in cui si è imputabili. Soluzioni, però, capaci solo di mostrare i muscoli del sistema giudiziario a fattaccio avvenuto. 

Saranno efficaci? Una cosa è certa: non bisognerebbe mai abbassare la guardia e limitarsi a scendere in piazza solo il 26 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, per parlare di femminicidio e stupri, per snocciolare dati, indossare scarpe rosse e pitturare di scarlatto qualche panchina. 

Cultura contro la violenza 

Per prevenire ogni sorta di violenza, si dovrebbe partire da una rivoluzione culturale in grado di educare gli uomini al rispetto delle donne già nell’età infantile. In famiglia e a scuola.

Questo dovrebbe essere il punto di partenza. Perché ciò che chiamiamo “crimini” nella società adulta non sono altro che l’espressione della cultura di una comunità infantile ed adolescenziale, male educata. 

Se il sessismo è sistemico, la responsabilità di uno stupro è collettiva e non solo individuale, partendo dalle microaggressioni fino alle violenze più palesi.

La cultura dello stupro: l’espressione più diretta del maschilismo

Nel 1975, la giornalista e scrittrice statunitense Susan Brownmiller affermò che la cultura dello stupro ha la funzione di “mantenere tutte le donne in un costante stato di intimidazione”, ma soprattutto normalizza il terrorismo psicofisico contro le donne. 

L’espressione “cultura dello stupro” non si limita a definire il solo atto fisico ma anche quella continua successione di violenza minacciata che spazia dai commenti sessuali alle molestie fisiche. Si manifesta anche attraverso l’oggettivazione sessuale dei corpi femminili operata dai mass media, dalle pubblicità, nel mondo del cinema, della musica e via dicendo. 

La donna diventa oggetto di desiderio, oggetto da possedere, da dominare, status symbol da sfoggiare alla stessa stregua di una bella macchina. Se poi alza la testa, peggio per lei. 

Da vittime a carnefici 

Chi ha il coraggio di denunciare, finisce paradossalmente sotto processo, nonostante l’apparente emancipazione sociale. Cosa che attesta che, fondamentalmente, fino ad ora, non c’è stata una vera rivoluzione culturale. 

Davanti al giudice, la vittima di stupro è spesso costretta a spogliarsi dei panni di vittima per rivestire il ruolo di “oggetto d’indagine”. Sotto accusa l’abbigliamento indossato, il luogo in cui è avvenuto lo stupro, l’orario d’uscita, il numero di partner sessuali avuti nella vita, domande volte a trasferire su di lei la responsabilità di quel che le è accaduto. 

Insomma si tenta di proporre una netta distinzione tra ragazze perbene e ragazze di facili costumi. Al dunque la donna è vittima due volte: dello stupro e del giudizio. “Se l’è cercata”.

Battaglie di civiltà 

Ritornando alla questione culturale, la sicurezza dovrebbe iniziare attraverso l’educazione a casa, nelle scuole, nelle università, nei luoghi di lavoro, nelle piazze. Le ricette postume, prodotte per giustificare provvedimenti repressivi, per riprodurre retoriche emergenziali, purtroppo servono a ben poco.

È necessario quindi cambiare la struttura sociale e il rapporto tra i sessi, non dimenticando l’importanza di una riflessione – da parte di tutte e tutti – su significati e ruoli imposti dalle differenze di genere.

Per prevenire il fenomeno, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha annunciato che presto saranno indicate ai presidi linee guida per lezioni di contrasto alla violenza: educazione alla sessualità, corsi di formazione sulla parità di genere, al rispetto dell’altro sesso e contrasto al machismo e maschilismo.

E quando la vittima è un uomo? 

Quanto alle violenze contro gli uomini (per par condicio, parleremo anche della “categoria” di chi scrive), un’indagine svolta nel 2015 ha evidenziato che in Italia 3 milioni e 574 mila uomini hanno subito violenza almeno una volta nella vita. Necessaria, però, una precisazione: secondo l’Istat, gli autori di molestie sono nella maggior parte dei casi altri uomini.

Diverse sono le forme di violenza che vengono realizzate contro i maschi: molestie verbali, stalking, aggressività fisica. Insomma, fatta qualche eccezione, come quella di Jonny Deep, riconosciuto vittima di violenza da parte della ex moglie Amber Heard, i casi di abusi sugli uomini da parte di donne sono davvero pochissimi.

Una cosa è certa: ogni genere di violenza dovrebbe essere bandita. E se accade, immediatamente denunciata. 

Foto di Diana Cibotari da Pixabay

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