Crescere con i videgiochi

Quasi come un antico taboo, la ludicità digitale è considerata alla stregua di una possessione demoniaca, un peccato da scacciare e di cui redimersi, un mostro da affrontare e sconfiggere. 
Questo succedeva soprattutto fino a dieci anni fa, quando i telefoni portatili ancora non erano diffusi come oggi e i videogiochi non erano altrettanto alla portata di tutti. L’avvento del mobile gaming extra console, grazie ai dispositivi cellulari, ha nei tempi moderni sdoganato un certo tipo di “gioco” come intrattenimento, un passatempo. Ma persistono nella società moderna ancora molti pregiudizi su altri tipi di utilizzo del mezzo, ad esempio su come un videogioco possa narrare una storia, su come oltre a farci passare del tempo no-brain possa addirittura farci divertire, oppure sulla semplice constatazione che a volte un software può rappresentare una opera raffinata dell’ingegno umano.
Osservare un bambino che gioca permette di valutare lo sviluppo delle sua abilità cognitive, nonchè delle capacità relazionali. Queste si sviluppano man mano che la stessa modalità di gioco selezionata diventa più complessa e impegnativa, passando dai giochi senso motori (chiamati anche gioco-esercizio), che sostanzialmente si collocano come forma di apprendimento e di perfezionamento di movimenti e gestualità, schemi motori e altri tipi di conoscenze relative al mondo esterno, fino ad arrivare al cosiddetto “gioco simbolico”, dove chi guida l’esperienza fa finta di essere qualcun altro o fa qualcosa di diverso rispetto alla normale quotidianità. I videogiochi, sorprendentemente, possono aiutarci a crescere meglio.

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