Copenhagen Fashion Week: talking with Martin Lekić

1175472_552710298122029_1043177196_nL’industria del fashion è presente da ormai decenni in ogni parte del Mondo, sviluppandosi meglio nelle città chiave che oggigiorno sono concentrate in Europa. Ognuna di queste città gode di avere una propria settimana all’anno (anche qualcuna in più divisa per stagione e sesso) dedicata alla moda del proprio territorio: le passerelle si stendono lungo edifici storici o creati appositamente per questi eventi, pronte ad illuminarsi per i nuovi prodotti che i designer offriranno al pubblico.

Dall’8 al 12 agosto è stata la volta di Copenhagen che si prefigge l’obiettivo di essere la capitale della moda scandinava e concorrendo non solo con le altre città che, nelle vicinanze, organizzano eventi simili alla Copenhagen Fashion Week, bensì con le capitali della moda: Milano, Parigi, Londra e New York.

“Penso che la Settimana della Moda di Copenhagen sia molto più di quanto sembri”. Così mi risponde Martin Lekić che di lavoro fa il modello tra Milano, Berlino, Hong Kong, Tokio, Londra, New York e Copenhagen. “In passato era un evento che accomunava eventi legati alla moda, ma ora si sviluppa intorno ad ogni designer e ad ogni sua creazione. Mi piace il clima della Settima della moda danese, perché si è più calmi e gli stilisti pensano solo a fornire qualcosa di diverso ai propri clienti”.

Rispetto a Milano, Londra, Parigi… ?

“Non si può ancora dire lo stesso di Copenhagen, la Danimarca è un paese così piccolo quindi è difficile fare qualcosa di grande quando le risorse sono limitate ma credo fermamente che la settimana della moda danese stia diventando sempre più international, i brand danesi raccolgono sempre più acquirenti e questo scatena maggiore affluenza durante questo evento.”

Fisico minuto, biondino quasi platino, mascelle marcate e occhi ambiziosi: Martin Lekic si presenta con il suo spirito danese – anche se ha discendenze montenegrine – e con il suo detto “high to fly, low to fall”. 23enne, già da adolescente si tuffa nella moda cercando un rifugio per il suo corpo e un posto in cui il suo animo anticonformista potesse invece uscire allo scoperto. “Sono stato vittima di bullismo, deluso, senza avere la forza di reagire e di difendere me stesso. Ma sono proprio quei tempi che mi spingono ad andare avanti, mi spingono mentalmente a fare quello di cui molti hanno paura: essere se stessi.”

Semplicemente mi risponde che ha scelto questo stile di vita perché definisce il suo ego: “amo stare in piedi davanti alla macchina fotografica perché mi permette di essere qualcuno o qualcosa che non sono in grado di fare nella vita reale”.

E l’uomo?

“Stando dietro le quinte, il cambiamento che ha subito la figura maschile nel mondo della moda si percepisce fortemente. Sono magro e non molto muscoloso: adesso mi è più facile trovare lavoro presso le agenzie di moda perché è cambiata la richiesta dei modelli, non sono sempre di spalle larghe e super muscolosi. Prima avevo difficoltà anche ad acquistare qualcosa che mi calzasse bene, ora si nota decisamente la differenza”.

Intanto mi confida i suoi preferiti per i quali ha sfilato in questi giorni: Jean Phillip, Bibi Chemnitz e Asger Juel Larsen.

About Milan?

“Nessuno può dare una previsione del futuro ma sono assolutamente convinto che verrò in Italia durante questa stagione, non si sa ancora se per la Settimana della Moda di Milano o solo per svago!”.

di Mauro Stano

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