Chi bada alle badanti?

In Italia circa 900.000 colf e badanti spesso sfruttate e in nero

Un vero esercito, quasi tutte donne, provenienti maggiormente da Ucraina, Romania, Moldavia, Filippine e Bulgaria. Se in Italia vi sono sempre più anziani  l’equazione vuole che anche le badanti e le colf siano in continua crescita. Salvo casi eccezionali (giardinieri, autisti, badanti uomini) le assistenti familiari  sono sole donne di un’età che va dai 30 ai 60 anni . Esse svolgono una funzione ormai essenziale sia come aiuto familiare, sia impropriamente anche come infermiere non avendone né la qualifica né la preparazione.

La ricerca da parte di una famiglia avviene prevalentemente col passa parola, oppure rivolgendosi alle varie parrocchie di zona e alla Caritas. Raramente esse provengono da uffici di collocamento o agenzie di lavoro. Ma due su tre non sono in regola, e il fenomeno non è facilmente controllabile. E questo non certo per volere delle lavoranti.

Ma vediamo con calma i lati oscuri che affliggono queste lavoratrici. Una famiglia che scopre di aver bisogno di un aiuto in casa, quasi sempre per un anziano più in difficoltà, affronta una ricerca abbastanza lunga per trovare la persona giusta. Si chiede esperienza, il saper parlare bene l’italiano e cucinare, pulizia e disponibilità. Se la famiglia vuole una badante è per poter avere una persona che possa trasferirsi nella propria casa. Inizialmente alla donna che si presenta per la prima volta si fa vedere la casa, la persona  in difficoltà, lo spazio dove starà a vivere, e si dicono quali saranno le sue mansioni. Alla futura badante  si tende a non sottolineare l’effettiva non autonomia della persona da accudire, magari sottacendo che di notte non dorme, che è allettata, che ha bisogno di cure continue. Insomma le si prospetta una situazione tranquilla. Se la collaboratrice familiare risponde alle aspettative familiari  viene accolta inizia ed inizia così un periodo di prova.

Ma sebbene la legge prevede l’assunzione immediata e la comunicazione obbligatoria sin dal primo giorno di lavoro effettivo, molto poche sono le famiglie che assolvono a questo obbligo. Infatti si tende a dire alla straniera che se tutto andrà bene, dopo trenta giorni verrà regolarizzata. Inizia così la nuova vita per datore di lavoro e badante, legate da un destino comune: sopravvivere assieme in armonia.

Cominciano però quasi subito le sorprese… Molte volte la persona anziana che ha bisogno di assistenza ha un marito o una moglie convivente seppure in miglior stato di salute. E se la badante dovrebbe accudire o aiutare solo una persona (come da accordi stipulati a voce) nella realtà dei fatti si prende cura di ambedue i coniugi. Infatti se deve fare la spesa la farà per tre (moglie, marito e lei stessa) e ugual modo se dovrà cucinare. Identico discorso vale per altri compiti come lavare i panni: sarà di fatto costretta a farlo per l’intero nucleo familiare. A volte vengono in casa nipoti o figli. E lei dovrà fare da mangiare per tutti e lavare i piatti relativi. Trascorso il primo mese di lavoro, millantando alla badante che si tratta di un mese di prova di cui non è prevista la regolarizzazione, con tutta calma si provvederà all’iscrizione all’Inps. E qui inizierà la trattativa tra datore di lavoro ed assistente familiare per decidere di comune accordo in quale categoria inserire questo rapporto impiegatizio.

Infatti il Contratto collettivo nazionale di lavoro di questa categoria di persone prevede diversi livelli che si differenziano a secondo del lavoro che verrà svolto ma anche in base alla gravità e alla autonomia del soggetto da accudire con le ore relative. E qui scatta una altra furbizia propria di chi cerca di trarre il massimo vantaggio ad un costo più basso: si tenterà di convincere la badante a dichiarare meno ore mensili e minor gravità della persona di cui si dovrà prendere cura. Regolarizzata infine la situazione, frutto di compromessi sempre a svantaggio della lavoratrice, si scopriranno poi successivamente situazioni sempre diverse da quelle previste. Ad esempio lo spazio personale della badante. Spesso le si mette a disposizione una stanza molto piccola, a volte con un minuscolo armadio,  priva di finestre, senza riscaldamento invernale o aereazione estiva: insomma il classico ripostiglio adibito a stanza da letto. Ma a volte dormirà in salotto su un divano senza un minimo di privacy.

Il contratto collettivo prevede due ore al giorno di riposo, ed un giorno e mezzo a settimana per poter uscire dalla casa. Molto spesso le due ore giornaliere non sono effettivamente godute: infatti se la persona da seguire ha bisogno di attenzioni essa chiamerà la badante senza curarsi se dovrebbe riposarsi. Lo stesso dicasi per la notte. Molte persone allettate hanno bisogno di essere cambiate a qualsiasi orario, di essere portate al bagno o di avere medicine o attenzioni continue. Quindi di frequente la badante è operativa 24 al giorno. Poi ci sono le faccende di casa. Seppure la lavoratrice si dovrebbe prender cura essenzialmente della persona a lei affidata, in pratica lavora per ogni dove, spolverando, spazzando o lavando tutta la casa, le terrazze o le cantine o le soffitte. E se un figlio o una figlia della persona in questione abita alla porta accanto non ci si fa scrupoli di chiedere di “dare una passata di scopa anche da loro”, come se fosse una appendice della casa dove vive.

Non parliamo poi delle ferie, che dovrebbero essere di un mese l’anno retribuite. Spesso il periodo non sarà mai di 30 giorni: le si chiederà di partire più tardi o di tornare prima per una determinata emergenza. E le emergenze quotidiane invece riguardano quelle cure che dovrebbe prestare solo una vera infermiera. Parliamo di iniezioni, di medicazioni di cure specifiche. Spesso l’infermo è sottoposto ad ossigeno notturno, a  “punture” intramuscolo, a sostituzioni di bende o a disinfettare ferite o piaghe: compiti questi molto delicati e di grande responsabilità.

Se invece l’anziano è più autonomo si tratterà di accompagnarlo nelle uscite. E quando si esce di casa spesso è per fare compere o per la spesa. La badante dovrà quindi con un braccio portare pesati borse o buste e con l’altro sorreggere l’anziano, spesso col bastone, stampella o claudicante. Sarà sua la responsabilità in caso di caduta di chi ha sotto braccio.

Lo stipendio e la tredicesima spesso sono dilazionate, cioè pagate qualche giorno o settimana dopo, prendendo a pretesto banche chiuse, sportelli automatici guasti, dimenticanze o altro.

Se invece è la badante a stare male, per una influenza o altro, si pretenderà che comunque aiuti l’anziana, la cambi, la vesta, le dia da mangiare: non potrà godere nemmeno che qualcuno vada a comprarle le medicine o della visita di un dottore.

Questo è il quadro di racconti verificati e verificabili. Certo non tutti i rapporti di lavoro sono a questo livello: esistono datori di lavoro precisi, scrupolosi e rispettosi di chi presta un aiuto importante e di grande responsabilità, a volte nutrendo un affetto per la persona che si accudisce quasi sempre fino alla morte, instaurandosi un rapporto che va al di là del dovere per trasformarsi in un sentimento di interdipendenza affettiva.

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