Angelo Poliziano, l’importanza di essere sé stessi

Angelo Ambrogini, detto Poliziano, fu un poeta e filologo del XV secolo. Accolto fin da piccolo a Firenze da Lorenzo de’ Medici, divenne ben presto uno fra gli artisti più importanti del suo tempo. Per tutta la vita si impegnò nella celebrazione del Magnifico, suo protettore e amico. La sua stessa opera principe, le Stanze per la giostra di Giuliano de’ Medici, è dedicata al fratello di Lorenzo.

L’erudizione e le conoscenze del Poliziano erano note per la loro eccezionalità. In un periodo in cui pochi potevano permettersi un insegnante di greco, Angelo Poliziano imparò il greco antico da solo. Fin da adolescente era già abile nella composizione di poesie in greco e latino.

La poetica del Poliziano è un incredibile intreccio di rimandi ad autori antichi e moderni. In questo labirinto di citazioni il poeta vuole dar mostra del proprio sapere, ma non solo. Vuole parlare di un suo personalissimo modo di interpretare la poesia.

L’importanza di essere sé stessi

“Tu non ti esprimi come Cicerone, dice qualcuno. Ebbene? Io non sono Cicerone: io esprimo me stesso.” Così afferma Angelo Poliziano in una lettera a Paolo Cortesi. Quest’ultimo riteneva che per raggiungere l’eccellenza bisognasse imitare pedissequamente un modello. Il poeta mediceo si oppone a questa interpretazione. Ritiene infatti che l’esempio degli antichi sia essenziale, ma che sia importante una reinterpretazione personale.

“Vi sono certuni, caro Paolo – continua la lettera – che mendicano lo stile a pezzi, come il pane. E vivono alla giornata. (…) Quando invece avrai letto abbondantemente Cicerone e altri buoni autori, li avrai studiati e digeriti, vorrei che tu procedessi con le tue forze. Vorrei che tu fossi per una buona volta te stesso. Vorrei che tu rischiassi mettendo in gioco tutte le tue capacità.”

È proprio questo che Angelo Poliziano fa nella sua poesia. Il suo testo è un tessuto in cui si intrecciano Dante, Petrarca, Virgilio, Orazio. Autori pagani e cristiani, antichi e contemporanei si incontrano e si scoprono simili nella sua visione del mondo.

La poetica delle Stanze

Il linguaggio complesso e la tensione culturale presenti nelle Stanze sono il risultato di una individualissima risoluzione poetica. Nelle Stanze la lingua utilizzata è il volgare fiorentino. Il volgare, applicato alle tematiche classiche citate nel testo, diventa in questo modo ponte fra passato e presente. Le atmosfere tipiche della poesia bucolica greco-romana si rivestono di una nuova realtà. Virgilio e Petrarca diventano nelle Stanze parte di un’unica storia.

L’esperienza letteraria che troviamo nelle Stanze non è limitata al testo. È l’esperienza di Poliziano, la sua formazione. I suoi termini, i termini della sua fantasia. La poetica di Poliziano rispecchia quindi la sua vita che si fa parola e ritmo. I molti studi che aveva compiuto rimangono nella sua memoria e portano con sé sapore di vita. Ogni richiamo ad un autore antico è un singolo strumento in un concerto.

Le altre opere di Angelo Poliziano

Poliziano vanta una vasta produzione letteraria in latino e in volgare. Fra le opere più interessanti vi è sicuramente la Sylva in scabiem. È un poemetto che descrive l’avanzare della malattia, la scabbia, come una guerra. Una vicenda epica in cui il virus è il grande nemico. Nelle Rime in volgare invece incontriamo un Poliziano scherzoso e allusivo. La maggior parte delle poesie hanno un tono leggero e vogliono invitare l’amata a concedersi. Altre volte invece riprendono movenze classiche alla ricerca di effetti inaspettati.

Ma più originali e forse più interessanti sono i Miscellanea. Questi sono composti da un insieme di annotazioni, per lo più di carattere filologico, riguardanti i suoi studi. Sono qui presenti problematiche testuali e d’interpretazione destinate all’insegnamento. Il linguaggio è di una sobria eleganza che mira alla comunicazione, più che all’estetica. Ci si mostra qui un Poliziano maturo che si professa grammaticus.

Gli interessi delle sue trattazioni si allargano fino a comprendere la filosofia e le medicina. Si sofferma in particolare sugli autori classici secondari. In essi vedeva non una degenerazione, ma un mutamento del gusto e quindi un correttivo all’incontrastata autorità dei grandi. Di essi apprezzava i sapori, le fragranze “piene di sangue e di colore”.

In ogni sua scelta, che fosse conforme al gusto comune o più particolare, Angelo Poliziano ha cercato sempre di rimanere fedele a sé stesso. La sua produzione vastissima possiamo definirla dotta, elitaria, intelligente, ma soprattutto personale. In essa Poliziano esprime sempre le sue idee, il suo personale punto di vista sul mondo. La sua interpretazione della letteratura. La sua fiducia nella poesia.

Fonte foto: Meeting Benches

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