La sparizione del naso e ciò che resta di irrisolto

Naso

Cosa potrebbe meravigliare di più che trovare un naso intatto nascosto dentro un pezzo di pane? Forse soltanto vedere quello stesso naso in «uniforme trapunta d’oro» e pantaloni di camoscio, nell’atto di spostarsi per Pietroburgo spacciandosi per un consigliere di Stato. Lo sa bene il maggiore Kovalev — sfortunato personaggio del racconto Il naso (composto tra 1832 e 1834) di Nikolaj Gogol’— che una mattina si sveglia e si scopre misteriosamente senza naso. Nessuna ferita, nessun dolore. Il naso è sparito come per incanto e al suo posto è rimasta una superficie piatta e liscia. 

L’ambizioso Kovalev

La scoperta, comprensibilmente, spaventa l’uomo: «L’assessore di collegio Kovalev si svegliò […]. Si stiracchiò, chiese un piccolo specchio che era sulla tavola. Voleva dare un’occhiata a un foruncolo che gli era spuntato sul naso la sera innanzi; ma con sua somma meraviglia vide che, invece del naso, ci aveva una superficie perfettamente liscia! Spaventato, Kovalev chiese dell’acqua e si strofinò gli occhi con un asciugamano bagnato: non c’era che dire, di naso neppur l’ombra!». Ma basta andare avanti di poco con la lettura per capire che la sparizione del naso non è un problema in sé per sé, ma esclusivamente per le sue implicazioni sociali.

Kovalev è vanitoso, donnaiolo, superficiale e soprattutto ambizioso. Egli è approdato a Pietroburgo con la sola intenzione di compiere una scalata sociale. Vanta conoscenze facoltose ed è importante che la sua immagine sia consona alla propria prestigiosa posizione di assessore di collegio caucasico. Ma a cosa serve avere sempre il colletto inamidato e le basette ben curate se si mostra un volto senza naso?

La società miope e il ritrovamento del naso

Comincia così una paradossale ricerca della parte del corpo perduta. Ricerca che si snoda tra figure nitide e pittoresche attraverso cui Gogol’ mette in risalto i pregi e i difetti di una società che gli appartiene, ma a cui non è mai riuscito a adattarsi. Si pensi all’impiegato che si occupa di raccogliere gli annunci da pubblicare sul giornale. Nonostante abbia potuto appurare che il naso è sparito davvero, dissuade Kovalev dal pubblicare un annuncio per ritrovarlo, in modo da salvaguardare il buon nome del giornale. Oppure si pensi al commissario di polizia che tratta freddamente il maggiore solo perché teme che la vicenda del naso possa fargli saltare pranzo e sonnellino pomeridiano. 

Nel contesto di questa società cinica, egoista e miope, Kovalev si dibatte come un burattino disperato in una scena vuota. E intanto il suo naso — dopo essere stato trovato in una pagnotta e gettato dal ponte Sant’Isacco dal barbiere alcolista Jakovlevic — vaga camuffato per Pietroburgo e nessuno si accorge dell’anomalia che rappresenta. Questo finché una guardia non si mette finalmente gli occhiali e lo vede per quello che è. «È stato preso mentre si disponeva a fuggire. Era già salito sulla diligenza di Riga. Da tempo s’era procurato un passaporto falso a nome d’un funzionario. E il curioso è che io stesso l’ho creduto sulle prime un signore. Ma per fortuna avevo con me gli occhiali e ho potuto subito riconoscere che era un naso» spiega, quando si presenta alla porta di Kovalev.

La soluzione e i misteri irrisolti

Ora che l’ha ritrovato, il maggiore tenta di riattaccarsi il naso, ma non ci riesce. Poi, esattamente tredici giorni dopo lo smarrimento, il naso torna miracolosamente al suo posto. La vicenda si risolve e la storia si diffonde in tutta Pietroburgo sollecitando gli spiriti superstiziosi e ottusi di quella che ormai dovrebbe essere una società dei lumi. Ma tante sono le domande che restano in sospeso, tanti i tratti che continuano a rendere inverosimile la storia.

Ed è sorprendente come in un’epoca in cui si pensa che il progresso scientifico possa dare risposta a ogni cosa, davanti a eventi inspiegabili come quelli narrati nel racconto Gogol’ ammetta: «No, non ci capisco un’acca, proprio non ci capisco!». L’autore riconosce che il reale comprende anche l’assurdo. Dichiara che ci sono cose che sfuggono alla nostra comprensione, ma di cui bisogna prendere atto anche se la consapevolezza dell’ignoto ci fa sentire più fragili.

Foto di OpenClipart-Vectors da Pixabay

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