L’astuzia e la fedeltà del gatto con gli stivali

astuzia e fedeltà

Spesso in letteratura e in particolare nelle fiabe, l’imprevisto si manifesta sotto forma di figure straordinarie che nei momenti di massima difficoltà compaiono apposta per tendere la mano e capovolgere la situazione. Si potrebbero fare migliaia di esempi. Uno è certamente il gatto con gli stivali, protagonista di un racconto popolare famosissimo che narra di un gatto che per mezzo dell’inganno riesce a trasformare il suo padrone da povero popolano a ricco signore. La prima attestazione scritta della fiaba risale a Giovanni Francesco Strapaola, che la include nella raccolta Le piacevoli notti del 1550; ma la versione più famosa è indubbiamente quella del francese Charles Perrault.

Un gatto eccezionale

Il primo personaggio che compare dopo il classico c’era una volta è un povero vecchio mugnaio che ha tre figli. Sentendosi vicino alla morte decide di spartire tra i figli gli unici beni che gli sono rimasti. Al più grande va il mulino, al mezzano va l’asino, al minore un gatto grigio. Quest’ultimo pensa: «Non è giusto […] i miei fratelli possono mettersi d’accordo, lavorare e guadagnarsi da vivere con il mulino e l’asino, ma io che cosa ci faccio con un gatto?» Ciò che non sa è che quel gatto non è come gli altri: è un essere prodigioso, la cui eccezionalità è sottolineata dal fatto che la sua prima richiesta non riguarda cibo o affetto. Vuole bensì un cappello e un paio di stivali. 

Ci troviamo davanti a un animale umanizzato che incarna l’imprevisto. È lui che porta la vita del suo padrone alla svolta, e non solo. Il gatto non si limita a dare il via al cambiamento per poi lasciare che il destino faccia il suo corso. Non fa come la fata madrina quando munisce Cenerentola di una bella carrozza e un paio di scarpette di cristallo, o come fa il grillo parlante quando dà i suoi consigli a Pinocchio. Non aiuta il figlio del mugnaio per poi lasciarlo libero di agire e di scegliere, anzi gli chiede di fidarsi e di lasciarlo fare. Il gatto quindi si fa architetto dell’evoluzione della condizione del padrone. Lo accompagna per tutto il viaggio, come un saggio e astuto traghettatore. Praticamente agisce al suo posto, strappando al personaggio umano il ruolo di protagonista della storia.

L’astuzia

Non ci sarebbe nessuna storia se il gatto non si presentasse dal re con in dono della selvaggina, se con l’astuzia delle parole non ribattezzasse il padrone marchese di Carabas e con altrettanta astuzia non lo rendesse un ricco proprietario terriero per davvero. Emblematico dell’abilità e dell’astuzia del gatto con gli stivali è l’episodio in cui incontra il vero proprietario delle presunte terre di Carabas: un orco che ha la capacità di trasformarsi in qualunque animale. Il gatto lo sfida mettendo in dubbio i suoi poteri e gli chiede se saprebbe trasformarsi in topo. L’orco lo accontenta e il gatto lo mangia in un sol boccone. A questo punto i terreni restano senza padrone. Il figlio del mugnaio ribattezzato marchese può prenderne il possesso, accreditandosi come nobile facoltoso presso il re e sposandone poi la figlia.

Il gatto, come i personaggi delle migliori novelle di Boccaccio, ridisegna la realtà attraverso le parole. E nonostante la furbizia e l’abilità nel mentire, nei confronti del suo padrone si dimostra tutt’altro che infido. Mantiene le sue promesse al di là delle aspettative, architettando un piano complesso che tuttavia nella sua mente è ben definito fin dall’inizio. La capacità di guardare oltre di questo personaggio gli permette di lanciare uno sguardo sul futuro partendo da una corretta analisi dei meccanismi che regolano la vita del presente. Si può parlare di lungimiranza. Visto che però ci troviamo davanti a un personaggio straordinario possiamo azzardarci a parlare anche di preveggenza, se non addirittura di provvidenza.

Foto di Prawny da Pixabay

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