Pascoli, Pirandello e Svevo: il grande imprevisto del declassamento

Pascoli Pirandello Svevo

Nella vita ci sono i piccoli imprevisti e i grandi imprevisti. Quelli piccoli impongono deviazioni che possono mutare il corso di una giornata, di un singolo evento, colpire una sola sfera dell’esistenza di un uomo. Quelli grandi invece scombinano vite intere, ne cambiano il destino. Prima o poi tutti ci scontriamo con un grande imprevisto, i grandi intellettuali della nostra letteratura non fanno eccezione.

Tra Ottocento e Novecento uno degli imprevisti con cui più di un letterato si scontra è il declassamento sociale. Si pensi a Giovanni Pascoli, Luigi Pirandello e Italo Svevo. Tutti vissuti a cavallo tra XIX e XX secolo e testimoni di un’Italia che si industrializza, che cambia volto e valori. Tutti e tre nati in una condizione di agiatezza che a causa di eventi fortuiti si ritrovano in ristrettezze economiche, condannati a far parte della piccola borghesia cittadina che tanto deprecano. Ognuno di loro trasferisce la propria frustrazione nelle opere e alla fine tutti e tre trovano una via di fuga dalla propria condizione. 

Giovanni Pascoli: la morte del padre e il rifugio nella campagna

«Anche un uomo tornava al suo nido:/l’uccisero: disse: Perdono;/e restò negli occhi un grido:/portava due bambole in dono…» recita la poesia X Agosto di Pascoli. In questi versi il poeta descrive il tragico evento che ha cambiato irreversibilmente il corso della sua vita e il suo rapporto con il mondo: l’uccisione del padre Ruggiero. Questi era fattore della tenuta La Torre dei principi di Torlonia, ciò garantiva un discreto tenore di vita alla sua numerosa famiglia. Viene assassinato a fucilate la notte del 10 agosto 1867, sulla strada che dal mercato di Cesena lo riconduceva a casa. Sicari e mandanti non sono mai stati individuati. La scomparsa della figura paterna per la famiglia Pascoli si traduce ben presto in gravi difficoltà economiche. 

Giovanni viene ritirato dal prestigioso collegio in cui studiava e riesce a continuare gli studi solo grazie alla generosità di uno dei suoi professori. Diventa insegnante, ma ciò non basta a evitargli una particolare fragilità psicologica. Il mondo esterno, dominato dal progresso e delle relazioni sociali, gli appare estraneo e pericoloso. Le uniche due dimensioni in cui Pascoli si sente al sicuro sono quelle del nido familiare e della piccola proprietà rurale. Due miti che pervadono le sue raccolte poetiche e che a livello biografico si concretano nell’affitto della casa a Castelvecchio del Barga. In questo paese della campagna lucchese Pascoli trascorre lunghi periodi con ciò che è rimasto del suo nido, ovvero la sorella Mariù. Questo luogo edenico non è altro che la meta perfetta della fuga dalla detestabile vita cittadina a cui la sorte l’aveva costretto.

Luigi Pirandello e la trappola famigliare

Diverse sono le ragioni che stanno alla base del declassamento di Luigi Pirandello, ma anche in questo caso la figura paterna è centrale. Nel 1903 la miniera di zolfo in cui il padre aveva investito tutto il suo patrimonio e la dote della nuora si allaga. Ciò provoca il dissesto economico dell’intera famiglia e lo sconvolgimento dell’equilibrio psichico già precario della moglie dell’autore. È così che egli finisce impigliato nelle reti della duplice trappola a cui sono condannati tutti i membri della piccola borghesia: quella economica e quella famigliare. La trappola famigliare è rappresentata dalla gelosia patologica della moglie. Quella economica dal bisogno di affiancare il lavoro di insegnante a una fitta produzione letteraria in cui spesso e volentieri i protagonisti cercano disperatamente di affrancarsi dal grigiore borghese che avvilisce Pirandello stesso. 

Si pensi alla fuga nell’immaginazione dell’oppresso Belluca, ai finti suicidi di Mattia Pascal/Adriano Meis, alla follia di Vitangelo Moscarda, alla vendetta ordita contro lo Stato avaro dal professor Toti nella commedia Pensaci Giacomino! È proprio grazie al teatro che Pirandello rompe le sue catene e spicca il volo. Dopo il ricovero della moglie in una casa di cura, spinto dal grande successo dei suoi drammi, lascia la cattedra universitaria e segue le compagnie teatrali che mettono in scena le sue opere in tournée europee e americane. Le forme che imprigionano la vita di Pirandello si fanno così meno rigide e gli consentono di dedicarsi interamente all’attività artistica.

Italo Svevo e il lavoro impiegatizio

Anche Italo Svevo perde la sua condizione privilegiata a causa degli investimenti sbagliati del padre. Nel 1880, diciannovenne, da studente membro di un’agiata famiglia è costretto a impiegarsi presso la filiale triestina della Banca Union di Vienna. Per ben diciannove anni resta ostaggio di una mansione impiegatizia che gli risulta arida e opprimente. È la stessa condizione che attraversa il protagonista di Una vita, il suo primo romanzo. E proprio come il suo personaggio, Alfonso Nitti, anche l’autore cerca una via di fuga nella letteratura. Frequenta assiduamente la biblioteca civica di Trieste costruendosi autonomamente una vasta cultura letteraria. Gli insuccessi dei primi due romanzi (Una vita e Senilità) sembrano tuttavia precludergli la strada del cambiamento attraverso la letteratura. 

La via della salvezza arriva invece dalla stessa società capitalistico-borghese che sembrava volerlo intrappolare. Sposando la facoltosa Livia entra nella famiglia Veneziani, proprietaria di una fiorente industria di vernici in cui Svevo viene assunto come dirigente. A questo punto l’autore torna a far parte dell’alta società e la vena letteraria sembra destinata a prosciugarsi. Ma ancora una volta il destino interviene a ribaltare la situazione. Il rapporto d’amicizia che viene a crearsi con James Joyce e la requisizione della fabbrica di vernici da parte delle autorità austriache alla fine della Prima guerra mondiale aprono le porte a un nuovo capitolo della vita letteraria di Svevo. Un capitolo decisamente più fortunato che vede il successo estero del suo terzo e più importante romanzo, La coscienza di Zeno

Il percorso sveviano è la prova che per quanto il destino possa seminare ostacoli sulla strada della vita, se davvero ognuno di noi nasce con una missione questa trova sempre il modo di compiersi, a dispetto oppure anche grazie agli imprevisti. 

Foto di geralt da Pixabay

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