Damien Saez. Cantautorato sociale in Francia

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Una delle caratteristiche più forti del cantautorato è la perfetta calibrazione fra testo e musica dove la seconda esprime con forza evocativa il primo che è a sua volta supportato dalla stessa con il pathos adeguato. In altre parole: importante è sia ciò che si canta che come lo si canta. Ricordiamo che quando si parla di musica non ci riferiamo solo a una serie di note che compongono una melodia ma anche a ritmo, armonia, dinamica. Infine possiamo applicare tutte queste qualità tanto agli strumenti musicali quanto alla voce.

Un cantante piega il testo alla musicalità ricercata: gli accenti possono diventare ritmo, punti e virgole si trasformano in pause e le parole si articolano in una melodia. Ciò è tanto più interessante quando si ascoltano lingue distanti le quali rispondono a “musicalità” differenti (rendendo complicato il lavoro di chi traduce canzoni e poesie). Ed è anche il motivo per il quale la “chanson francese” affascina così tanto anche al di qua delle Alpi. 

Damien Saez è un cantautore erede degli Chansonniers francesi, le cui canzoni sono conosciute a livello internazionale da metà del ‘900 grazie a interpreti come Édith Piaf, Georges Brassens o il belga Jacques Brel. Punto forte è la grande attenzione verso il testo che viene reso con pathos travolgente. 

Damien Saez, figlio di una donna algerina e un uomo andaluso, nacque in Spagna nel 1977 e viaggiò giovanissimo con la famiglia per la Francia, a Marsiglia e poi a Digione. Dopo aver studiato pianoforte al conservatorio sarà a Parigi dove, nel 1995, inizierà la sua carriera concertistica, prima come voce di band cover e poi come solista.  

Lo stile 

I brani di Damien Saez possono dividersi essenzialmente fra varie influenze: così alcuni si avvicinano più a sonorità punk-rock con chitarra distorta, batteria energica e voce fra il canto e il grido; altri al cantautorato d’epoca con solo voce e chitarra accompagnata. Unificatrice è il timbro del cantante che in ogni caso regala una forza emotiva non di poco contro. Melodie che raggiungono senza difficoltà note più acute interpretate a volte con rabbia patica, a volte con sensibile melanconia. In alcuni brani la voce diviene didascalica e ritmica, vicina ai canoni tipici del rap francese (come in Humanité, dall’album #humanité, 2018). La voce, inoltre, è rafforzata più volte da cori, raddoppi, effetti ‘chorus’ per sottolineare l’emotività e la forza proposte dalle liriche.

I testi 

Damien Saez ha investito numerosi dei suoi testi di un’attenzione per il sociale che non è rara nei cantanti francesi. Si può notare questa evidente caratteristica nella canzone Mon Terroriste (Mon Européenne, 2017): < Oh, non! Mon ami tu peux croire lui qu’il a jamais vu d’parloir. Le terroriste. Il bosse plutôt dans les médias, roi de la propagadancia. Le terroriste. Il taille des pipes à la finance. J’crois qu’il est plutôt roi de la France. Le terroriste.> Una contestazione indirizzata a volte verso le istituzioni, a volte verso il potere costituito, a volte verso le contraddizioni sociali. Altro esempio in tal senso è Je Suis (Mon Europénne, 2017): <Je suis partisan, je suis travailleur, même si j’ai le cœur toujours chômeur. Je suis la jeunesse de mon pays moi je suis pote qu’avec mon whisky. Non moi j’aime pas les foules en liesse, frangin, moi je vais pas à la messe>. O Fils de France (singolo, 2002): < Nous sommes, nous sommes la nation des Droits de l’Homme. Nous sommes, nous sommes la nation de la tolérance. Nous sommes, nous sommes la nation des Lumières. Nous sommes, nous somme a l’heure de la Résistance>. O, ancora, Des P’tits Sous (dall’album J’accuse, 2010): <Dans les rizières, les p’tits chinois; la planète à la gueule de bois dans les usines, sur les machines, tandis que le peuple s’échine! Taper, taper sur les claviers! Dans la matrice, on s’fait violer, oui, le peu qu’il reste d’humain contre un karma dans du satin dans les salons, les résistants, les dandys et les bien portants portants la sueur de tous ses autres, combattants de moulins à vents Les fils de pute, les fils de roi, les fils de rien, mon fils à moi. Tous à la chasse à la monnaie, aux p’tits pourboires, aux gros billets!>

Sebbene la politica, i disagi della società francese, siano centrali in molte canzoni di Damien Saez, i vari temi sono spesso propagati con frasi che riflettono senso di unità, resistenza, un malinconico ottimismo, come in Jeune et Con (Jours étranges, 1999): <Puisqu’on est jeune et con. Puisqu’ils sont vieux et fous. Puisque des hommes crèvent sous les ponts. Mais ce monde s’en fout. Puisqu’on n’est que des pions. Contents d’être à genoux puisque je sais qu’un jour, nous nous aimerons comme des fous>. 

Naturalmente alcuni versi che parlano d’amore si riferiscono solo all’amore, Matins de Pluie (En Bords de Seine, 2017): < M’a laissé ici, sur un quai de souffrance, mon amour est parti par un matin de pluie. Moi depuis je suis là, guetter la fenêtre a me dire oui qu’un jour, il reviendra peut-être, mon amour, mon infini. Et si l’infini vire, oui, toujours au néant, ici rien de pire de voir l’autre absent que de voir l’autre qui est parti>. 

Successo 

Fin dagli esordi Damien Saez ha riscontrato un successo sempre crescente, prima in Francia e poi nei paesi di lingua Francofona (che rappresentano un pubblico tutt’altro che indifferente per gli artisti francesi). Ovviamente tale successo non sempre trova riscontro in tutta Europa, proprio per i limiti linguistici. Anche in Italia i concerti sono rari, se non inesistenti, (interessante una partecipazione in RAI di inizio duemila, con un’esecuzione di Jeune et Con a cui segue una breve intervista con Adriano Celentano). È facile domandarsi se la mancanza di contatti con gli artisti “cugini” francesi non sia una mancanza anche di scambi culturali e musicali che in passato hanno ampliato la conoscenza e l’arte tanto dell’Italia quanto della Francia. 

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