Un fronte politico trasversale in aiuto di Radio Radicale

Con l’approvazione del maxi emendamento alla manovra, da quest’anno i fondi previsti per Radio Radicale, sono stati dimezzati e la storica emittente, che programma giornalmente un ricchissimo palinsesto senza un minuto di pubblicità, rischia di chiudere a fine maggio.

Radio Radicale ha stipulato una convenzione con il Mise (ministero dello sviluppo economico), per trasmettere tutte le sedute del Parlamento (presta servizio ininterrottamente da 43 anni), il cui costo è di dieci milioni all’anno, a patto di non mandare in onda pubblicità. 

Il contratto, ormai da 11 anni, viene rinnovato annualmente, ma dal 2019 scenderà a 5 milioni, esattamente la metà e l’attuale Sottosegretario con delega all’editoria, Vito Crimi non intende rinnovare il vecchio contratto.

Se non si interverrà tempestivamente, l’emittente terminerà i fondi a disposizione.

Oltre al rischio di rinunciare al suo archivio dal valore inestimabile, è in ballo anche il lavoro di 130 persone, tra dipendenti e collaboratori.

L’appello

In un accorato comunicato, la Federazione Nazionale della Stampa auspica che gli appelli che in queste ore arrivano da ogni parte politica, ma anche da esponenti della cultura, del cinema, del teatro e la concomitante scomparsa di un grande giornalista come Massimo Bordin, facciano cambiare rotta alle improvvise decisioni governative, sperando che il fronte politico trasversale in Parlamento riesca a costruire un emendamento per salvare Radio Radicale.

L’obiezione 

L’obiezione mossa da chi vuole la chiusura è che la radio percepisce anche 4 milioni dalla legge 230/1990, con cui lo Stato finanzia le imprese radiofoniche private che trasmettono “quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari per non meno di nove ore, comprese tra le ore sette e le ore venti”.

La storia di Radio Radicale

Radio Radicale è nata a cavallo tra il 1975 ed il 1976 per iniziativa di un gruppo di militanti radicali. 

Nel corso degli anni ha introdotto importanti innovazioni quali: la rassegna stampa dei giornali, il “filo diretto” con gli ospiti politici, i programmi di interviste per strada, trasmissioni per le comunità immigrate in Italia, programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari, informandoci anche sulle precarie condizioni del mondo carcerario. Trasmette inoltre tutte le sedute (Rai Parlamento no) senza pubblicità, mandando in onda convegni, congressi di tutti i partiti, conservando gli audio di dibattiti e comizi in un archivio di inestimabile valore storico e giornalistico. 

Prima fra le altre, ha realizzato inoltre un sito internet di informazione basato esclusivamente su contenuti audiovisivi.

Storie parallele

Mentre Radio Radicale rischia la chiusura, altre emittenti trasmettono invece in maniera del tutto abusiva. 

Qualche tempo fa la trasmissione Report aveva effettuato un’inchiesta su 37 radio che dal 1999 occupano abusivamente dei ripetitori, occupando in maniera fraudolenta lo spazio etere del demanio (per un mancato introito pari a ben sei milioni di euro). 

Una di queste radio non in regola sembra essere Radio Padania Libera, che, come scoperto da chi ha fatto questo servizio Rai, deve al demanio 40 mila euro.

A sollevare la questione di Radio Padania è pure il Senatore Lello Ciampolillo (M5S). 

Il 18 gennaio 2018, quando Crimi era ancora all’opposizione, il Senatore Ciampolillo, nel corso del suo intervento “di fine seduta”, ovvero l’ultimo della legislatura, non iscritto all’odg (seduta n. 923 in Senato) si era occupato di tale discriminante situazione, segnalando e denunziando dettagliatamente l’anomalia di tale organo di informazione della Lega, completamente abusiva. Sempre secondo il Senatore, Radio Padania trasmette con una concessione locale il cui acquisto non è mai stato autorizzato dal Ministero competente. Ciò perché, per legge, in quanto radio nazionale, non avrebbe potuto acquistare una radio locale. 

Inoltre per legge, le emittenti locali non possono avere un’utenza superiore a 16 milioni di ascoltatori. Ebbene, Radio Padania trasmette anche in digital radio DAB e in digitale terreste televisivo in ambito nazionale, ossia su tutto il territorio nazionale, con un bacino di utenza quindi enormemente superiore al limite permesso dalla legge. Infine Radio Padania trasmette anche sul canale 740 del digitale terrestre televisivo, ossia sul televisore di casa.

II Ministero però non avrebbe mai assegnato né tanto meno autorizzato tale canale. Anche il canale sul digitale terrestre di Radio Padania sarebbe dunque abusivo. Qualcuno potrebbe domandarsi come mai Radio Padania abbia rinunziato ad essere concessionaria nazionale per diventare un’emittente locale. Semplice: la concessione nazionale di Radio Padania, di natura comunitaria, consentiva l’apertura in tutta Italia di frequenze senza la necessità di doverle acquistare, come invece devono fare tutte le altre radio. Ebbene – sempre seguendo l’intervento del senatore pentastellato —Radio Padania ha pensato bene di vendere la concessione nazionale a RTL e consentendo a RTL in Italia di aprire Radiofreccia. 

Insomma, Radio Padania continua di fatto a comportarsi come una radio nazionale pur non essendolo più, e oggi è una radio abusiva che viola la legge”.

Una singolare coincidenza

Il 16 Aprile 2019, ancora una volta il Senatore Ciampolillo denunciava pubblicamente le irregolarità di Radio Padania, questa volta su Facebook. “Questa emittente fino a qualche anno fa era una radio nazionale ed aveva l’autorizzazione per andare in Fm e anche in digitale su tutto il territorio nazionale”. “Radio Padania” affermava il Senatore “prendeva dei contributi come radio comunitaria nazionale. Quando i contributi sono terminati, hanno venduto la radio ed hanno acquisito, oltre ai soldi della vendita, anche una radio locale che si sente Lombardia (le radio locali continuano a prendere contributi)” Insomma Radio Padania aveva chiesto i contributi previsti per le radio locali pur comportandosi come una radio nazionale, in maniera abusiva.

Nella notte tra il 17 e 18 aprile, per una singolare coincidenza, attraverso un messaggio pec inviato al ministero dello Sviluppo Economico, Radio Padania rinunciava ai 115mila euro richiesti per accedere al Fondo Mise per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione riservato alle emittenti radiofoniche locali. 

Tutto questo mentre per Radio Radicale si prepara una inaccettabile chiusura.

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