Trump e Putin a Riad, la nuova Yalta

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Trump, Putin e la guerra in Ucraina. Fino a un mese fa gli esperti di geopolitica sentenziavano che, negli USA, difficilmente il cambio di Presidenza avrebbe generato un cambio di politica estera. Sono passati esattamente 30 giorni dall’insediamento di Donald Trump e la geopolitica del mondo si è rivoltata di 180 gradi. Tra coloro che hanno preso un abbaglio c’è anche chi scrive che, proprio il 20 gennaio scorso, esprimeva le seguenti opinioni.

A Putin … “è necessario mantenere lo status quo, che lo favorisce tatticamente, per dimostrare di aver vinto la guerra. In realtà lo status quo non lo avvantaggia al 100%. Questo perché l’Ucraina si è addentrata nel territorio russo nella zona di Kursk. La Russia, perciò, non può chiedere di tornarne in possesso senza contropartite nel Donbass. Né può chiedere l’abolizione delle sanzioni senza cedere territori”. Ci scusiamo con i lettori se anche noi abbiamo capito poco della situazione reale.

Trump e Putin sulla guerra russo-Ucraina

Le previsioni dei “presunti” esperti sarebbero state logiche se a Trump interessasse qualcosa dell’Ucraina. In realtà il suo orizzonte va ben oltre il Donbass e la Crimea. Per Trump i veri nemici dell’America sono l’Europa e la Cina. Infatti è verso di loro che sta alzando barriere economiche.

La Russia, invece, potrebbe diventare il suo vero alleato. Per questo, dell’Ucraina si può ben fare tutto ciò che intende Putin. L’unico motivo per mantenerla indipendente è lo sfruttamento dei giacimenti di “terre rare”. Che Trump ha già richiesto a Zelensky come rimborso degli aiuti militari USA concessi a suo tempo da Biden.

Putin, nei primi colloqui telefonici, ha subito capito e ha cominciato a chiedere in cambio “di tutto e di più”. In particolare: 1) mantenimento dello status quo nel Donbass e in Crimea ma con ritiro dell’occupazione ucraina dalla zona di Kursk. 2) Abolizione delle sanzioni. 3) Rifiuto della NATO ad accettare l’adesione di Kiev anche per il futuro. Qualora si richieda il posizionamento di un contingente di pace, questo non dovrà essere formato da paesi NATO. E, se non bastasse, anche l’uscita dalla NATO dei paesi baltici e scandinavi.

Il punto di vista di Trump

Trump sembra intenzionato ad accettare praticamente tutte queste richieste. Avrebbe qualche riserva per quanto riguarda le clausole che riguardano la presenza NATO negli Stati baltici ma soltanto per il breve termine. A lungo termine, infatti, ha fatto più volte sapere che, per lui, la NATO è soltanto “un inutile orpello”.

Sicuramente, per Trump, la fine del conflitto russo-ucraino non è una questione di cui possa aver voce in capitolo Zelensky. Tanto da aver pienamente accolto l’opinione di Putin riguardo al Presidente ucraino. Definendolo un “dittatore mai eletto”, un “comico mediocre” e attribuendo a lui la colpa di aver scatenato la guerra.

Il punto di vista di Trump non è sicuramente ideologico. Non crede certo nell’America come bandiera della democrazia nel mondo. Il suo, come detto, è un punto di vista strettamente economico e poi politico. Come quello delle decine di milioni di elettori del Midwest che lo hanno riportato nello Studio ovale. E come quello dei ricchissimi magnati che hanno finanziato la sua rielezione.

I veri nemici di Washington, secondo Trump

Da questo punto di vista il nemico principale è la Germania. O lo era, per la competitività delle sue industrie, almeno fino al conflitto russo-ucraino.  Ma anche il resto di “eurolandia” potrebbe rappresentare per gli USA un “nemico mortale”. Perché l’Euro è l’unica valuta potenzialmente in grado di scalzare il dollaro come leader del commercio mondiale. Poi seguirebbe lo Yuan cinese, ma se fosse pienamente convertibile. E non lo è.  

La guerra con l’Ucraina (e le sanzioni europee) hanno gettato la Russia nelle braccia della Cina, costringendola ad accettare lo Yuan in cambio di gas e petrolio. Quindi, secondo il Trump-pensiero è indispensabile che la Russia lasci stare Pechino e ritorni a commerciare con l’Occidente. Costi quel che costi. A spese dell’Europa, soprattutto. Ma anche sulla pelle dell’Ucraina e quant’altri.

Trump e Putin a Riad, la nuova Yalta

I due ministri degli Esteri di USA e Russia si stanno incontrando a Riad, per la prima volta dopo la rielezione di Trump. Perché proprio nella capitale dell’Arabia Saudita? Perché Riad controlla l’OPEC, cioè l’associazione degli Stati produttori di petrolio. Questa è la dimostrazione che la materia principale di cui si tratterà è l’economia. Le clausole per la chiusura della guerra russo-ucraina ne saranno la conseguenza. Forse ci saranno incontri-bilaterali USA-Arabia sulla guerra di Gaza.

L’incontro è stato da molti opinionisti paragonato a quello tra le potenze vincitrici della II guerra mondiale tenutosi a Yalta nel febbraio 1945. In tale occasione si discusse del nuovo assetto politico mondiale, che resterà in piedi sino alla caduta del comunismo (1989). Ma, se i partecipanti al presente vertice sono i vincitori, chi sono allora i vinti delle guerre che si vanno a concludere?

Chi sono gli sconfitti

Apparentemente la grande sconfitta è l’Ucraina. Ma Zelensky ha ancora alcune frecce al proprio arco. Molto dipende da come riuscirà a giocarsi la carta “terre rare”. Soprattutto nel caso che sia confermato in carica dall’esito delle prossime elezioni. Inoltre, se gli sarà vietato di aderire alla NATO (per quello che attualmente conta) gli rimane la carta UE. Entrando nell’UE l’Ucraina potrebbe uscire definitivamente dallo spazio economico ex-sovietico e diventare il granaio d’Europa.

La sconfitta geopolitica di Pechino è nell’aria ma non ancora evidente. Perché la contropartita richiesta da Trump a Putin è ancora segreta. E lo sarà chissà per quanto tempo.

Dal punto di vista puramente “storico” a Yalta il terzo “grande” si chiamava Winston Churchill e rappresentava il Regno Unito. Oggi l’UK, pur avendo ampiamente armato Kiev, risulta “non pervenuto”. Rimasto aggrappato allo “splendido isolamento” non è nemmeno in grado di far causa comune con gli altri Stati che hanno fornito armi all’Ucraina. Cioè con Bruxelles.

Altri sconfitti

La UE (o meglio Eurolandia) è rimasta spiazzata dalle iniziative di Trump. I loro premier si sono riuniti a Parigi su iniziativa di Macron ma non hanno preso alcuna decisione. Si attende l’esito delle elezioni in Germania di domenica 23 febbraio. Ma anche la UE, avendo finanziato per tre anni l’Ucraina e subito le conseguenze delle sanzioni antirusse, è sicuramente dalla parte dei vinti. Al suo interno, però, c’è uno sconfitto più degli altri: la Germania.

La Germania aveva basato il suo “secondo miracolo economico”, quello post-1989, sull’importazione di gas a basso prezzo dalla Russia. Poi sulla competitività della sua industria. Sicuramente non fruirà più della prima (il North Stream è stato reso inutilizzabile). E i dazi di Trump renderanno difficoltosa la seconda.

Infine ci sono altri due grandi sconfitti, anche se pochissimi li hanno citati. Il primo è il Presidente turco Erdogan. Si è innalzato per tre anni come possibile mediatore tra NATO, Russia e Ucraina e Trump non lo ha nemmeno preso in considerazione. L’altro sconfitto è l’Iran. Pensava che la sua posizione di alleato “di fatto” con Mosca fosse un lasciapassare per rientrare nel “grande giro”. Invece Putin ha accettato Riad come sede della nuova Yalta. Dove con l’Arabia Saudita si parlerà di come eliminare definitivamente i jihadisti, palestinesi e non, alleati con Teheran.

Foto da Pixabay

1 risposta

  1. Ric Palm

    Congratulazioni Federico, tu hai avuto la risolutezza di
    ammettere la cappellata scusandotene.
    Il caporedattore prima tutto satireggiante col
    pisello di Donald e la quadratura dell’appartamento,
    poi tutt’allarmata fa la brechin nius sull’incontro Storico.
    Vi chiedo: come si chiamano tali sbalzi?

    Rispondi

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