Roma, a Ponte Garibaldi si ricordano l’anniversario del divorzio e l’assassinio di Giorgiana Masi

giorgiana_masi_2Il 12 Maggio 1974 è una data storica per il nostro paese: fu infatti confermata la legge sul divorzio attraverso un referendum popolare. Già nel 1966, la Lega Italiana per il divorzio aveva iniziato una battaglia assai dura per raggiungere tale obiettivo e i primi a scendere in campo furono radical socialisti, radicali, socialisti, repubblicani, liberali, social proletari, comunisti e qualche democristiano di sinistra. Marco Pannella, il socialista Loris Fortuna e il liberale Antonio Baslini furono i protagonisti assoluti di tale campagna, a dir poco rivoluzionaria per l’epoca.

Non era affatto vero dunque che solo i comunisti “anticattolici” erano favorevoli alla legge, i liberi pensatori laici appartenenti ad ogni ideologia erano convinti che essa fosse assolutamente necessaria. Furono i radicali comunque a insistere con forza affinché il referendum passasse, anche perché tutto sommato, la sua approvazione suscitava imbarazzo a destra e a sinistra. La Lid (lega italiana per il divorzio) morì subito dopo la soddisfacente conquista.

In Italia prima del 1974, esisteva una forma di divorzio solo per qualche categoria “privilegiata”, per il resto vi era la rara possibilità di annullare il matrimonio, solo per motivi assai gravi. Il primo dicembre 1970, alla Camera dei deputati, l’On. Loris Fortuna, in Piazza Montecitorio e l’On. Antonio Baslini e Marco Pannella, in Piazza del Pantheon, annunciarono che il divorzio era divenuto legge, ma le forze conservatrici presentarono un referendum per annullarlo, peccato per loro che il 12 e 13 maggio 1974 il 59,1% dei votanti si sia espresso definitivamente in suo favore.

Proprio durante le celebrazioni dell’anniversario di questa ricorrenza storica, il 12 maggio 1977, avvenne un fatto increscioso. I radicali tennero un sit-in pacifico in Piazza Navona, nonostante il divieto categorico di manifestare a Roma, dopo la morte dell’agente Passamonti il 21 aprile e i movimenti di sinistra, protestando contro il restringimento degli spazi di agibilità politica e il clima repressivo, si surriscaldarono.

Ad aumentare le tensioni, fu la scelta dell’allora Ministro dell’Interno Francesco Cossiga di schierare migliaia di poliziotti e carabinieri, affiancati da agenti in borghese, che provvidero a “caricare” i manifestanti riottosi, sparando colpi con armi da fuoco e lacrimogeni. All’improvviso fu il delirio: fra molotov e aggressioni e violenza da tutte le parti, la situazione diventò incandescente.

Verso le 20 tuttavia accadde l’imprevisto: due ragazze furono colpite da proiettili sparati dalle forze dell’ordine, all’altezza di ponte Garibaldi. Sono Elena Ascione, che riporterà una ferita a una gamba e Giorgiana Masi, studentessa 19enne del liceo Pasteur, che morì durante il trasporto in ospedale.

Da allora, come succede spesso nel nostro paese, è calato un silenzio omertoso che dura fino ai nostri giorni. Anche se qualche ammissione, scaturita più che altro dall’evidenza dei fatti, c’è stata.

Ricordiamo infatti che tra gli uomini in borghese armati furono riconosciuti il commissario Gianni Carnevale e l’agente della squadra mobile Giovanni Santone. Essi tuttavia negano che sia stata la polizia a sparare, sebbene diversi testimoni abbiano da sempre affermato il contrario.

Da allora, ogni anno, Giorgiana Masi viene ricordata a Ponte Garibaldi con un fiore e, ogni anno, vengono ricordate le parole di Cossiga, che risultano offensive a quanti piangono la giovane, “Giorgiana Masi fu uccisa da una persona molto vicina a lei”. Cossiga non ha mai voluto aggiungere altro alla frase citata.

di Simona Mazza

foto: allascopertadiroma.com

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.