Richiedenti asilo, un problema incagliato in troppe procedure burocratiche

richiedenti asilo

Richiedenti asilo. Andiamoci a rileggere l’articolo 10 della Costituzione della Repubblica. “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”. Perché allora i rifugiati politici rischiano la vita sui barconi, pagando migliaia di euro ai trafficanti di essere umani? Non sarebbe più conveniente per loro prendere un aereo diretto in Europa, magari chiedendo un semplice visto turistico?

In realtà i requisiti per avere un visto sono quasi impossibili da produrre per la maggior parte degli stranieri extracomunitari. Le ambasciate italiane richiedono un’assicurazione medica di 30.000 euro e la prova della disponibilità di mezzi sufficienti per sostenere le spese di soggiorno. Ad esempio, gli estratti bancari dei sei mesi precedenti. Inoltre, una documentazione giustificativa della propria condizione socio-professionale. Sempre che il paese di provenienza non sia incluso in una “lista nera” che interdice in ogni caso la concessione del visto.

Richiedenti asilo, quantifichiamo il fenomeno

Tra il 2012 e il 2021 sono giunti in Italia 592.045 richiedenti asilo. La stragrande maggioranza clandestinamente. Tra il 1° agosto 2021 e il 31 luglio 2022, sono state esaminate 57.558 richieste di asilo su un totale di 72.423 domande presentate. Non siamo i primi in Europa per il numero di richieste. Al primo posto c’è la Germania, con un totale di 116mila. Al secondo la Francia (con poco meno di 83mila) e al terzo la Spagna (circa 74mila).

Per il riconoscimento dello status di rifugiato non è sufficiente che nel Paese di origine siano generalmente represse le libertà fondamentali. Occorre che il singolo richiedente abbia subito specifici atti di persecuzione. La percentuale dei riconoscimenti dello status di rifugiato è il 16,5%. La percentuale dei dinieghi è il 41%. I rimanenti sono posti in stand by, in attesa che vengano prodotte le attestazioni necessarie. Da parte di chi? Da parte delle ambasciate italiane del luogo di provenienza. Le stesse che, in caso di richiesta di visto d’ingresso in Italia, da parte dell’interessato, gli avrebbero richiesto tutt’altra documentazione.

I lavoratori stranieri ci sono necessari per la copertura dei posti di lavoro vacanti

Perché stiamo sollevando il problema dei richiedenti asilo? Come abbiamo scritto in un precedente articolo, i lavoratori stranieri sono diventati una risorsa indispensabile per la nostra produzione. Un paese che punta al Made in Italy e che per questo si regge sull’export, non può arrendersi a una “decrescita sostenibile”. Eppure è ciò che – nella previsione più rosea – ci porterebbe l’invecchiamento della popolazione e la crisi demografica attuale.

Senza forza lavoro immigrata è diventato difficile crescere economicamente. In agricoltura è addirittura impossibile. Romano Magrini, (Coldiretti) ha dichiarato la necessità di 100.000 lavoratori agricoli all’arrivo della primavera. Precisando che lavoratori italiani non se ne trovano. Ma anche l’Assoturismo prevede un “buco” di 50.000 lavoratori solo nella prossima estate. Il “decreto flussi” ai nastri di partenza in questi giorni autorizza l’ingresso/regolarizzazione di 82.000 lavoratori ma ne servono il doppio.

Una soluzione semplice per garantire i diritti dei richiedenti asilo

Ecco che Vito Miceli (Anceferr) ha proposto di inserire con contratto regolare nei cantieri Pnrr i rifugiati e i richiedenti asilo. Costoro sono ritenuti, infatti, i lavoratori stranieri maggiormente qualificati. La sua associazione è disponibile a fornir loro vitto, alloggio e formazione, a partire dall’insegnamento della lingua italiana. Ma come garantire ai richiedenti asilo un ingresso sicuro nel nostro paese, come previsto dalla Costituzione? E come velocizzare le pratiche di riconoscimento dello “status” di rifugiato politico? La soluzione è l’uovo di Colombo.

Basterebbe che le ambasciate italiane richiedessero sul posto al richiedente asilo la documentazione attestante gli atti di persecuzione subiti dal richiedente. Oppure svolgessero le loro indagini già in sede di richiesta del visto d’ingresso in Italia. In caso positivo il richiedente potrebbe beneficiare a monte di un regolare visto d’ingresso. Eviterebbe così di “foraggiare” la “mafia degli scafisti”, spesso collusa con la delinquenza organizzata. E il Ministero dell’Interno sarebbe sgravato da interminabili procedure burocratiche. È tanto difficile?

Foto di Rondell Melling da Pixabay

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