Migranti. Facciamoci aiutare a casa nostra

migranti

Migranti. Esplode nuovamente in questi giorni il problema migranti del Mediterraneo. E lo fa in maniera cruenta. 80 morti (bilancio purtroppo ancora non definitivo) spiaggiati a Curto (KR). Altri imprecisati su un barcone a largo della Libia lasciato senza soccorsi e poi rovesciato dalla tempesta. Le dichiarazioni del Consiglio dei Ministri tenutosi proprio a Curto hanno ribadito la difesa sostanziale dei principi della Bossi-Fini. In ogni caso si è evidenziato un unico filo conduttore. In Italia, cioè, non deve entrare nessuno. Per ottenere ciò la “nazione” è disposta anche ad “aiutarli a casa loro”. Una delle affermazioni meno fattibili degli ultimi cento anni.

I morti e i salvati a Curto, infatti, provenivano dall’Afghanistan, dall’Iran, dal Kurdistan e dal Pakistan. Paesi armati fino ai denti o dove prospera l’estremismo islamico. Gli occupanti del barcone rovesciato provenivano invece tutti dal Bangla Desh. Un paese grande la metà dell’Italia e popolato da quasi 170 milioni di abitanti. Cioè tre volte più di noi.

La presenza dei migranti per ora ha solo mitigato una crisi demografica senza precedenti

I dati della situazione economico-produttiva dell’Italia, se proiettati nel lungo periodo, invece, sono brutali. Siamo noi italiani ad aver bisogno di aiuto. Per prima cosa per la crisi demografica, senza precedenti nella nostra storia. Dal 1993, in Italia muoiono sistematicamente più persone di quante ne nascono. Dal 2018 per la prima volta – in tempo di pace – il numero della popolazione presente è iniziato costantemente a diminuire. Nonostante gli stranieri giunti (e censiti) nello stesso periodo. Nel 2021 ci sono stati 709 mila decessi a fronte di 399 mila nascite. Diminuisce in particolare la quota di popolazione attiva.

In una recente intervista il Presidente dell’INPS, Pasquale Tridico, ha evidenziato soprattutto due situazioni. La prima è il calo della popolazione attiva negli ultimi 4 anni. Siamo passati da 38,2 mln di “attivi” a 37,4. La seconda è l’invecchiamento dell’occupazione. Cala il numero dei lavoratori nella fascia 15-34 anni. Aggravato dall’emigrazione all’estero della fascia di giovani più competitiva. Aumentano invece i lavoratori over 50. Cioè la fascia dei lavoratori ormai demotivati e che non vedono l’ora di andare in pensione. Quindi chi resta al lavoro dovrà finanziare sia i pensionati di oggi che le proprie pensioni di domani. Di conseguenza, a parità del gettito, dovranno andare in pensione sempre più tardi.

Migranti. Secondo gli imprenditori sono indispensabili per ricoprire la carenza di quasi 500mila posti

Ancor più grave è il fenomeno dell’aumento dei posti di lavoro che non si riesce a coprire. Nel 2022 ogni 100 nuove assunzioni si sono contati 24 posti vacanti in più. Entro un quindicennio, con il pensionamento degli attuali over 50, la situazione sarà drammatica. Tutto ciò genera sempre maggiori problemi di efficienza del lavoro. Nonostante la brillantezza con la quale le imprese stanno affrontando l’emergenza energetica. Ecco perché i lavoratori stranieri ci servono come il pane.

Proprio in contemporanea con la tragedia di Curto, infatti, è giunto il “grido di dolore” degli imprenditori, soprattutto agricoli, sull’emergenza posti di lavoro vacanti. Romano Magrini, (Coldiretti) ha dichiarato la necessità di 100.000 lavoratori agricoli all’arrivo della primavera. Precisando che lavoratori italiani non se ne trovano. L’Assoturismo, dopo aver precisato che nel 2022 si è avuta una carenza di 387.000 posizioni, prevede un “buco” di 50.000 solo nella prossima estate.

Secondo Claudio Gagliardi (Unioncamere) sono addirittura 2 mln i posti “di difficile reperibilità”. Cioè 4 lavoratori su dieci. Per le mansioni meno qualificate sono di difficile reperimento 5,5 lavoratori su 10. Ma il 12% di tali posizioni sono anche figure non presenti prima d’ora. Quindi, di nuova professionalità e qualificazione. A rischio, secondo Bankitalia, è la realizzazione del Pnrr, per il quale si prevedeva un incremento di 375mila posti di lavoro.

Un’economia che si regge sull’export non può permettersi cali di produzione

I lavoratori stranieri, indipendentemente se giungano dai barconi oppure no, diventano quindi una risorsa indispensabile per la nostra produzione. Soprattutto per un paese che punta al Made in Italy e che per questo si regge sull’export. D’altronde senza forza lavoro è difficile produrre. In agricoltura è addirittura impossibile.

Purtroppo abbiamo delle strutture incapaci di governare la situazione soprattutto dal lato occupazionale. Le 220mila domande della sanatoria agricola “Bellanova” del 2020 sono ancora da smaltire. Il tanto sbandierato “decreto-flussi” 2022 è ancora ai nastri di partenza ma carente di circa il 20% rispetto alle richieste dei datori di lavoro.

Tra i migranti, i richiedenti asilo sono quelli maggiormente qualificati

Vito Miceli (Anceferr) ha proposto di inserire con contratto regolare nei cantieri Pnrr i rifugiati e i richiedenti asilo. Sono ritenuti, infatti, i lavoratori stranieri maggiormente qualificati. La sua associazione propone di garantire loro vitto, alloggio e formazione, a partire dall’insegnamento della lingua italiana.

La proposta è interessante, vista l’inefficienza cronica dei nostri Centri per l’impiego. Non sempre adeguati a incrociare domanda e offerta di lavoro. Poco orientati alle professioni richieste dal mercato, inoltre, sono i percorsi formativi istituzionali. L’affidamento dei CpI a un consorzio pubblico/privato comprendente le associazioni datoriali sembra allo scrivente una soluzione interessante. Non solo per l’avviamento al lavoro degli stranieri ma, soprattutto per quelli italiani.

Foto di combonianos_brasil da Pixabay

1 risposta

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata

Per inserire il commento devi rispondere a questa domanda: *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.