Renzi premier: è il momento della svolta?

Renzi-al-Quirinale-2-afpNella mattinata di ieri, come previsto, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha affidato l’incarico di formare il governo al segretario del Partito Democratico Matteo Renzi. 

Nel dibattito pubblico molte e aspre sono state le critiche contro il Quirinale, che è stato addirittura accusato di “aver sospeso la democrazia”, incaricando per l’ennesima volta un capo dello governo non eletto direttamente dal popolo. Tuttavia tali accuse sono facilmente smontabili: l’articolo 92 della Costituzione prevede infatti che “Il presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri”.

Sorge un altro dubbio, di natura puramente politica. Enrico Letta, premier dimissionario, è un membro di spicco proprio del Partito Democratico e ha governato con una maggioranza alle camere un po’ risicata. Questi è stato praticamente costretto alle dimissioni proprio dalla direzione del suo partito, che non gli ha concesso ulteriori possibilità.

Nonostante i ringraziamenti di rito a Letta per il lavoro svolto in questi dieci mesi, il suo partito lo ha sfiduciato e di fatto ha reso il suo nome mai più presentabile assieme al logo PD. “Se neanche il suo partito crede in lui, perché dovremmo crederci noi?” potrebbe essere una domanda frequente. Si ipotizza che il politico pisano potrebbe puntare sulla scarsa memoria del grande pubblico.

Nelle rapide e mutabili riflessioni di questi giorni, sorge  un altro dubbio. Renzi è dello stesso partito di Letta e pare che godrà dell’appoggio delle stesse forze politiche di cui godeva il suo predecessore. Insomma, sempre della stessa maggioranza si parla: NCD, Scelta Civica e, ovviamente, Partito Democratico. Sembra però che neanche tutto il PD voglia appoggiare il sindaco di Firenze: la corrente civatiana, minoritaria, ha minacciato addirittura una scissione.

Renzi avrà veramente la marcia in più per dare una svolta al Paese? E poi, significa benedire ancora una volta, anche a sinistra, il cosiddetto personalismo in cui è sfociata la politica della seconda repubblica. L’uomo sovrasta il partito, il personaggio sovrasta le idee. Perché le idee di Renzi non poteva metterle in atto Letta, che – lo ripetiamo per l’ennesima volta – fa parte dello stesso partito del sindaco fiorentino?

Nei prossimi giorni Matteo Renzi scioglierà la riserva e riceverà la nomina di Presidente del Consiglio dei Ministri e a sua volta nominerà i suoi ministri. Ha già annunciato una riforma al mese: quella elettorale, quella del lavoro, quella della pubblica amministrazione.

Attendiamo di venire a conoscenza dei contenuti di queste proposta di riforma.

di Francesco Galli

foto: apocalisselaica.net

1 risposta

  1. Marco Cernich

    Tutto giusto, solo un appunto: Civati non ha mai parlato di “scissione” nel senso di uscire dal partito come ha lasciato intendere Repubblica e a ruota diverse testate. La posizione della componente civatiana è di non votare la fiducia al governo Renzi per coerenza a quanto sostenuto fin dall’inizio della legislatura: in sintesi, no alle larghe intese, che vengono riproposte oggi cambiando solo il playmaker in campo.
    Renzi sta giocando d’azzardo: i parlamentari bersaniani voteranno la fiducia e potranno rimanere ai loro posti fino al 2018 (?), ma questo governo sarà esposto alle pretese degli alleati di centrodestra, che hanno tutto l’interesse ad alzare la posta in gioco. E c’è un problema ancora più grande, che emerge a malapena dalla stampa. Enrico Letta aveva ricevuto credito presso le ambasciate europee e internazionali per la sua esperienza all’estero. E’ un politico navigato che sa come funzionano gli equilibri fuori dal proprio paese, e non è un caso la sua partecipazione ai forum della commissione trilaterale e del club Bilderberg. Matteo Renzi invece ha 38 anni ed è stato il presidente di una provincia e poi il sindaco di una città. Ha saputo muoversi bene a livello nazionale, di questo bisogna dargliene atto, ma l’Italia non è più quella dei principati dove bisognava combinarla davvero grossa perché un imperatore Carlo germanico scendesse a riportare ordine. Oggi i rapporti sono più complessi, più costanti e più vincolanti. E sappiamo bene che questa Europa, che così non piace, non si fa grossi scrupoli a mandare a casa premier sgraditi. La domanda è: riuscirà Renzi a godere del benestare delle intransigenti istituzioni europee?

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