Presepio: che lo fate a fa? La lezione di Trilussa

presepio

Nel cuore della tradizione poetica, un gioiello incastonato fra le righe di Trilussa risplende con l’intensità dell’autenticità umana. Parliamo di “Er Presepio” una sinfonia che riecheggia tra le antiche mura di Roma, un inno al significato profondo del Natale e della fede, tessuto con la semplicità disarmante del dialetto. 

E visto che siamo in aria di festa, perché non rispolverarla?

Er Presepio di Trilussa

Presepio– Gli scrittori davvero grandi sono in grado di accompagnarci per una vita di studi senza mai darci un momento di vera noia o un senso di sazietà. Carlo Alberto Salustri, al secolo Trilussa (26 ottobre 1871, Roma- 21 dicembre 1950, Roma) è uno di questi. 

Nella poesia “Er presepio”, attraverso nel linguaggio apparentemente semplice della filastrocca, ci regala una profonda riflessione sul significato autentico della natività e dell’amore cristiano, invitandoci a scrutare oltre il riflesso degli inutili ornamenti.

Gesù ringrazia per il presepio, ma…

Trilussa evoca l’immagine di Gesù Cristo, ponendolo come voce narrante, un’entità che ringrazia per l’attenzione dedicata alla rappresentazione annuale della natività. “Ve ringrazio de core, brava gente,
pè ‘sti presepi che me preparate,
ma che li fate a fa? Si poi v’odiate,
si de st’amore nun capite gnente…

Il Redentore, si chiede dunque se il suo amore sia veramente compreso e messo in pratica. “Pé st’amore so nato e ce so morto,
da secoli lo spargo da la croce,
ma la parola mia pare ‘na voce
sperduta ner deserto senza ascolto”.

Attraverso queste righe, il Poeta fa riflettere i lettori sull’incongruenza di costruire un presepe sontuoso e sfarzoso, privo dell’amore e dei veri valori cristiani nel cuore delle persone. 

“La gente fa er presepe e nun me sente,
cerca sempre de fallo più sfarzoso,
però cià er core freddo e indifferente
e nun capisce che senza l’amore
è cianfrusaja che nun cià valore”.

Egli esprime pertanto una critica potente verso la freddezza, l’indifferenza e la mancanza di amore presenti di coloro che si dedicano a preparare il presepe. Denuncia il vuoto morale di quanti non praticano l’amore e i valori cristiani nella loro vita di tutti i giorni.

Er presepio: l’importanza del dialetto 

Attraverso l’uso del dialetto romanesco, Trilussa vuole catturare l’immagine del popolo, dando voce alla saggezza dei più umili.

Il dialetto del resto, come lingua degli illetterati e degli emarginati, è simile all’aramaico che Gesù usava per comunicare con gli ultimi, i dimenticati dalla società.

Così come Gesù usava immagini semplici della vita quotidiana per trasmettere il suo insegnamento, Trilussa utilizza un linguaggio diretto e semplice per rivelare la verità dietro il significato del Natale: l’amore, la compassione e la solidarietà verso i più deboli.

L’invito di Trilussa 

Nella sua straordinaria semplicità, la poesia trasmette il messaggio universale che supera le barriere linguistiche e culturali. E’ l’amore è il fulcro della fede cristiana! Di conseguenza, la costruzione del presepe, se non è accompagnata da tale amore, diventa un gesto vuoto, una mera rappresentazione esteriore priva di significato. Un amore che si deve manifestare dunque nelle azioni quotidiane, attraverso l’aiuto ai bisognosi, la solidarietà verso i deboli, basato sul perdono e non certo su sfarzosi esibizionismi.

Del resto, non dimentichiamo che Cristo nacque in una grotta e che, tale scelta non fu un errore. Nel disegno di Dio non c’era luogo “migliore” in cui potesse nascere. Ma di questo parleremo nella prossima puntata…

Foto di Herbert Aust da Pixabay

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