Lo Smart Worker, il lavoratore risparmiato dalla crisi

Il Natale si avvicina a grandi passi e per molte persone in tutto il mondo sarà una festività segnata dal dolore e dalla sofferenza.

La pandemia che attanaglia il globo da 10 mesi non ha solo portato via oltre 1.630.000 esseri umani di ogni razza ed età ma, contagiando circa 73 milioni di persone, ha pesantemente impattato le sfere di economia e lavoro.

Uno degli effetti più devastanti del COVID è, inoltre, la strisciante depressione che ha colpito milioni di uomini e donne in ogni paese e che, causa la ridotta socializzazione, è divenuto un problema importante.

Una categoria apparentemente fortunata: lo Smart Worker

C’è una categoria di lavoratori, apparentemente risparmiata dalla crisi portata dalla pandemia, che è spesso additata in senso negativo da altre categorie di professionisti più pesantemente impattate: lo Smart Worker.

Cos’è lo Smart Working? E’ una novità connessa al COVID-19? Funziona veramente oppure è una sorta di periodo di ferie retribuito per chi ha la fortuna di poter lavorare in questa modalità?

Queste sono tra le domande, forse meglio dire tra le accuse, frequentemente rivolte sui Social Media, a chi lavora in remoto.

E’ indubbio che, rispetto a chi ha perso il lavoro o a chi si ritrova con una retribuzione fortemente ridotta (ristori o cassa integrazione), lo Smart Worker sia un “fortunato”.

Però dello Smart Working , specialmente in Italia, si conosce relativamente poco per poter emettere un giudizio valido e completo.

Sappiamo davvero cos’è lo Smart Working?

Ci sono da puntualizzare alcuni punti fondamentali, ignorati dai più, che dovrebbero completare il quadro del lavoratore remoto:

  • lo Smart Working esisteva come realtà nel mondo del lavoro già da alcuni anni e ben prima del COVID, ed era una modalità utilizzata da circa il 30%-40% dei dipendenti delle grandi aziende private multinazionali così come dalle Amministrazioni Pubbliche di molti paesi (per esempio gli USA ed i Paesi Scandinavi);
  • Smart Working non corrisponde specularmente al Telelavoro (Homeworking, lavoro da casa) ma significa che si sta usando una forma di lavoro ‘intelligente’, possibile in ogni luogo che non sia il classico ufficio. Si può partecipare a una riunione telefonicamente o in video-chiamata dall’auto così come un medico, un consulente finanziario o un idraulico possono svolgere parte del loro lavoro dando indicazioni o prendendo appuntamenti mentre guidano o passeggiano.
  • la produttività dello Smart Worker nelle aziende private è maggiore di quella misurata in ufficio, dove ci sono più frequenti interruzioni (specialmente in regime di open space) e possibili distrazioni.
  • la mancanza pressoché assoluta di socializzazione dello Smart Worker, ha risvolti pesanti nello stato d’animo del lavoratore.
  • lo Smart Working non esclude piani di ridimensionamento della forza lavoro. Le attuali politiche di salvaguardia dell’occupazione sponsorizzate dai governi di alcuni paesi (blocco o sospensione dei licenziamenti nel periodo pandemico), non saranno eterne e anche per gli Smart Worker si prevedono impatti negativi.
  • Lo Smart Worker è, in genere, un lavoratore che svolge attività amministrativa. Specialmente nelle grandi aziende del mondo industrializzato, gli impiegati amministrativi sono stati, negli ultimi decenni, falcidiati di licenziamenti per via dell’automatizzazione dei processi e dei tool aziendali.

I benefici per aziende e lavoratori ma anche il ‘burnout’ (lo stress)

Nel criticare il processo di Smart Working, spesso si dimentica o si ignora che questo sta permettendo a molte aziende di medie e grandi dimensioni di sopravvivere e di riuscire a mantenere livelli occupazionali e margini accettabili grazie alla riduzione dei costi di esercizio.

Lo Smart Worker ha in genere la possibilità di gestire meglio il rapporto vita privata/lavoro e risparmiare i costi di trasporto verso l’ufficio.

Al contempo, spesso spende una cifra maggiore per il pranzo rispetto a quando il lavoro era in presenza e riceveva un servizio mensa gratuito o Ticket Restaurant a copertura del pasto.

Le aziende stanno invece sorprendendo gli analisti di mercato con utili in tenuta, nonostante fatturati stabili o in decremento.

Ciò è reso possibile grazie all’enorme riduzione dei costi gestionali per viaggi ed alberghi, eventi pubblici, ore di straordinario, elettricità e consumi idrici negli uffici, riduzione delle spese di cancelleria, pulizia e sorveglianza.

Alcuni esperti sono arrivati a stimare un risparmio di circa 10.000€ annui per ogni dipendente che lavori esclusivamente in Smart Working.

Basta moltiplicare questo valore per migliaia di dipendenti per scoprire che il risparmio per le aziende diventa un valore espresso in milioni di Euro e permette di non dover licenziare il personale nonostante la crisi.

C’è però una categoria degli Smart Worker che sta pagando un prezzo altissimo per questa nuova modalità lavorativa. Sono quelle persone, magari single, a cui la mancanza di socializzazione sta creando il cosiddetto ‘burnout‘, una sorta di esaurimento nervoso.

Per queste persone, spesso prive di una vita familiare che possa “disturbare” il lavoro casalingo ma allo stesso tempo di “staccare” la spina qualche minuto, lo Smart Working si sta rivelando un pericoloso boomerang.

Parliamo di soggetti per cui prendere un mezzo pubblico per recarsi al lavoro, scambiare discorsi con i colleghi, solidarizzare alla macchina del caffè o condividere problemi personali nell’ora di pranzo, era uno sfogo essenziale, uno dei pochi momenti di condivisione.

Le aziende più strutturate e con valori più solidi stanno spendendo molto tempo, energie e risorse nell’esortare gli Smart Worker al rispetto del diritto alla disconnessione, quella garanzia che vuole limitare il numero delle ore lavorate.

La disconnessione è anche oggetto di discussione tra organizzazioni sindacali e datori di lavoro nei nuovi contratti in definizione per lo Smart Working.

Non è raro ascoltare Smart Workers affermare che accendono il Computer la mattina alle 07,30-08,00 (magari ancora in pigiama) per spegnerlo a mezzanotte, quando anche l’ultimo ‘bip’ di una mail ricevuta è stato processato.

Diventa cruciale per questa ‘fortunata’, bistrattata, invidiata ed odiata nuova categoria professionale, auto definire alcune regole di buon senso.

Limitare le ore lavorate è possibile pianificando attività pomeridiane e serali quali possono essere una passeggiata in centro città, la spesa al supermercato, un libro da leggere, un disco da ascoltare, l’incontro con un amico.

Visto da fuori lo Smart Working sembra essere un frammento di società lasciato intatto da questa pandemia e forse in parte lo è davvero. E’ però un mondo complesso con molti aspetti ancora da sviscerare appieno.

L’orientamento e le dichiarazioni di colossi come Google e Facebook così come di molte Multinazionali, ci raccontano chiaramente che, visti gli ottimi risultati in produttività di questo periodo pandemico, la modalità Smart Working sarà una realtà dei giorni futuri.

Foto di Junjira Konsang da Pixabay

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