Palestina: è fattibile la soluzione a due Stati?

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Palestina. Mentre infuria la guerra nella striscia di Gaza, le “colombe” tentano di pacificare gli animi ventilando una “soluzione a due Stati”. La creazione, cioè, dal Mediterraneo al Giordano di uno Stato di Palestina, accanto a quello di Israele. Se i mass-media ne parlano così tanto significa che “di diritto”, due Stati non vi furono mai.

Non vi furono nel 1947, quando lo Stato arabo-palestinese, ancorché ipotizzato dall’ONU, non fu mai proclamato. Non vi fu nel 1949, quando l’armistizio conseguente alla prima guerra arabo-israeliana fu stipulato tra i belligeranti. Cioè: tra Israele, Egitto e la “Transgiordania” (che poi divenne la Giordania). Ma non da un inesistente Stato di Palestina.

Non vi fu all’epoca degli accordi di pace conseguenti alla “Guerra dei sei giorni” (1967) e del “Kippur” (1973). Stipulati nel 1979 e nel 1993, rispettivamente con l’Egitto e la Giordania. In base a tali accordi Israele si ritirava completamente dalla Penisola del Sinai. Interpretando e dando esecuzione in tal modo alla risoluzione ONU 242 del 1967. Tale risoluzione invitava infatti Israele a ritirarsi “da territori” (from territories) e non “da tutti i territori occupati”. Dopo il 1979 o il 1993, ogni riferimento a ciò che accadde in Palestina prima dei trattati crea soltanto ulteriore confusione.

Non potrà esservi pace senza confini sicuri per Israele

Dopo gli accordi di pace del 1979/1993 rimaneva aperta la situazione degli altri territori occupati, cioè la Cisgiordania e la striscia di Gaza. Del loro destino infatti Egitto e Giordania non vollero più sapere. Limitandosi a delegarne a Israele la definizione, d’intesa con una costituenda Autorità Nazionale di Palestina (ANP). Anche – e soprattutto – in questo caso non si parlò di confini.

Con orgoglio di italiani, rivendichiamo allora la chiaroveggenza espressa dal già anziano Pietro Nenni durante la campagna elettorale del 1968. In procinto di divenire Ministro degli Esteri, il grande socialista si espresse in favore di Israele. «Non vi sarà pace – disse – senza confini sicuri per il popolo israeliano». Di tutte le montagne di parole che sono state pronunciate sull’argomento, questa è l’unica frase che ha retto e regge all’usura del tempo.

Il secondo dei “due Stati”, cioè quello palestinese, quindi, potrà sorgere solo al di là di quei “confini sicuri per il popolo israeliano”. Ecco perché, sinché in Palestina esisterà Hamas, che persegue per statuto la distruzione di Israele, non potranno esservi mai “due Stati” tra il mare e il Giordano.

La stagione delle trattative per la creazione di uno Stato di Palestina

Ma, anche senza Hamas, potranno mai essere “confini sicuri” per Israele accanto a uno Stato di Palestina? Taluni rovesciano la domanda: potranno mai essere confini sicuri per il costituendo Stato di Palestina? Eppure, vi sono stati momenti in cui la soluzione a due Stati sembrava fattibile.

Nel 1994, infatti, fu costituita l’Autorità Nazionale di Palestina, titolata a trattare con Israele la costituzione (e i confini) del nuovo Stato.

Nel settembre 1995 fu firmato un primo accordo tra le parti (Oslo 2). Oslo 2 conteneva affermazioni che oggi sembrerebbero “fantapolitiche”. Del tipo: le parti “si astengono da incitamento, compresi propaganda ostile, gli uni contro gli altri”. Inoltre: “che i rispettivi sistemi educativi contribuiscono alla pace tra i popoli israeliano e palestinese e per la pace in tutta la regione” Infine: che “si astengono dall’introduzione di qualsiasi motivi che potrebbero pregiudicare il processo di riconciliazione”. Nel frattempo Israele affidava all’ANP il controllo civile di alcune aree della Cisgiordania, in parte anche quello della sicurezza.

Israele propone il ritiro dal 91% dei territori della Palestina, Arafat rifiuta

Le trattative per la soluzione a due Stati proseguirono. Nel 2001 il premier israeliano Barak propose a Yasser Arafat (ANP) la più vantaggiosa proposta mai presentata. Israele si sarebbe ritirata da Gaza e dal 91% dei territori della Cisgiordania. Restavano a Israele l’80% degli insediamenti dei 450.000 coloni israeliani e Gerusalemme Est. I luoghi sacri dell’islam a Gerusalemme Est sarebbero stati controllati dalle autorità religiose islamiche.

Arafat rifiutò tale proposta motivando (alla stampa) che non poteva cedere il controllo “politico” sui luoghi sacri. Inoltre, la proposta israeliana non prevedeva il diritto dei profughi palestinesi a rientrare nei loro territori antecedenti le guerre del 1948 e 1967. Con tali affermazioni, Arafat da un lato rinnegava la laicità dell’ANP. Dall’altro faceva una richiesta che contraddiceva lo stesso principio dei “due popoli, due Stati”.

L’improponibilità del diritto dei profughi di Palestina a rientrare nelle sedi del 1948 o 1967

Il diritto dei profughi a rientrare nei confini antecedenti i conflitti bellici non era stato riconosciuto nemmeno dopo le due Guerre mondiali. Noi italiani ne sappiamo qualcosa con le vicende dell’esodo giuliano-dalmata. Ma anche dopo la dichiarazione d’indipendenza dell’India e del Pakistan vi furono spostamenti biblici di popolazioni. E nessuno si è mai sognato di prevederne il ritorno nei luoghi di origine.

Allo stato, i profughi palestinesi che nel 1948 o nel 1967 erano realmente residenti nell’odierno Stato d’Israele sono un’esiguità. Un ventenne del 1948, infatti, oggi avrebbe 95 anni. Un pari età del 1967 ne avrebbe 75. Inoltre, i luoghi dove i palestinesi abitavano nelle tende o in tuguri sono diventate città moderne con tutti i comfort. Ma Arafat sosteneva il diritto anche dei discendenti – circa cinque milioni – a tornare nei luoghi d’origine. E l’ANP lo sostiene tuttora.

Il ritiro di Israele da Gaza del 2005

Nel 2005, per favorire l’adesione dell’ANP alle proposte israeliane, Israele si ritirò unilateralmente da Gaza. Smantellò 26 insediamenti dei suoi coloni e consegnò tutto il territorio della striscia all’ANP. Quello che apparentemente sembrava un preludio ad una soluzione pacifica, si rivelò la “tomba” della soluzione a due Stati. Nel 2007, infatti, Hamas s’impadronì cruentemente della striscia, scacciandone l’ANP.

Da allora non si sono dimostrati “sicuri” per Israele, nemmeno i confini precedenti all’occupazione del 1967. Si sono avute ben sei “guerre di Gaza”, conseguenti ad attacchi terroristici di Hamas e alle relative rappresaglie israeliane. Tali attacchi sono stati visti dalla popolazione palestinese come gli unici successi nei confronti di Israele. Per questo, anche in Cisgiordania, Hamas ha soppiantato l’ANP che oggi ha un ruolo meramente formale e non decisionale. Fino alla guerra in corso, la più tremenda di tutte, conseguente all’uccisione di 1250 civili israeliani e alla cattura di 250 ostaggi da parte di Hamas.

Nel frattempo, in Israele è salito al potere (tramite libere elezioni) Benjamin Netaniahu che vede la soluzione a due Stati come il fumo negli occhi. Con Netaniahu, gli insediamenti coloniali in Cisgiordania sono passati da 450.000 abitanti a 700.000.

A guerra finita, Stato di Palestina o no, Israele si terrà stretta Gaza

Si prevede che la guerra attuale duri almeno un anno. Se in due mesi vi sono stati 15.000 morti, in proiezione ve ne saranno almeno altri 75.000. Israele occuperà di nuovo l’intera striscia di Gaza e non avrà più intenzione di andarsene. D’altronde, dal suo punto di vista – dati i precedenti – sarebbe un suicidio. Inoltre, a largo di Gaza sono stati scoperti enormi giacimenti di metano. Ciò arricchirebbe e renderebbe Israele esportatrice di tale risorsa. E, come dicevano i latini: “pecunia non olet”.

Non crediamo che prima di altri 50 anni vi sarà mai una soluzione a due Stati. L’ipotetico interlocutore palestinese, Abu Mazen, successore di Arafat, infatti, ormai rappresenta solo sé stesso. Se fa un solo passo in favore del negoziato – giustamente – teme per la sua vita. Giordania ed Egitto hanno da tempo abbandonato i palestinesi al loro destino e si rifiutano di accogliere altri profughi. Siria e Libano, hanno ben altri problemi interni.

Continuerà “di fatto” ad esservi un solo Stato con i palestinesi della Cisgiordania relegati a vivere in appositi bantustan. A meno che i palestinesi non accettino la smilitarizzazione completa di un territorio delimitato da Israele in cambio dell’indipendenza. Ma oggi ciò è qualcosa ancor più irrealistico della semplice fantapolitica.

Foto di 696188 da Pixabay

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