Oscar 2015: Trionfa Innaritu, sorride Anderson. E c’è anche un pezzo d’Italia

aptopix-87th-academy-awards-showGli Oscar 2015 si chiudono con il poker del messicano Alejandro Gonzalez Inarritu, che col suo “Birdman” si porta a casa i premi più pesanti: film, regia, miglior sceneggiatura originale e miglior fotografia. Jiulianne Moore (“Still Alice”) e Eddie Redmayne  (“La teoria del tutto”) migliori attori. 

Quattro statuette anche a “Grand Budapest Hotel” (miglior scenografia, migliori costumi, miglior trucco e acconciature e miglior colonna sonora originale). Rimangono a bocca asciutta “Boyhood” e ” American Sniper”.

Nessun colpo di scena. Tutto più o meno annunciato. “Birdman” è un grande film in cui Innaritu fa sfoggio delle sue abilità tecniche e stilistiche, gira un piano sequenza di grande effetto visivo, e con un cast eccezionale meritava senz’altro di essere premiato.

La delusione è per l’eccezionale “Boyhood” di Richard Linklater, vincitore di un’unica statuetta andato a Patricia Arquette come migliore attrice non protagonista. Boyhood è un capolavoro. Girato in dodici anni, il regista ha seguito la vita di una normale famiglia americana senza esasperare alcun momento fondamentale, senza cercare l’effetto speciale a tutti i costi, ma riprendendo la quotidianità di un ragazzo in piena crescita, e della sua famiglia. Linklater per dodici anni, una volta l’anno riuniva il cast e girava alcune scene.

Ho tifato per Grand Budapest Hotel per un sacco di ragioni. Dall’originalità del soggetto, all’eccezionale fotografia, all’interpretazione, ai costumi, alla scenografia. Alla genialità di Wes Anderson sono andati quattro premi, quelli tecnici, tra cui migliori costumi, quelli dell’italiana Milena Canonero. La costumista ha vinto il suo primo Oscar nel ’76 per “Barry Lyndon” di Stanley Kubrick, questo è il quarto.

Bravissima ed elegantissima Jiulianne Moore, ha ritirato il premio come miglior attrice in “Still Alice” in cui interpreta il decadimento di un’insegnante affetta dal morbo di Alzheimer. Miglior attore Eddie Redmayne per “La teoria del tutto”. Ottima interpretazione per un film banale e edulcorato, anche questo su una malattia, sulla storia dello scienziato Stephen Hawking.

Due premi a “Whiplash”: miglior montaggio e attore non protagonista, J.K. Simmons, che ha ritirato la prima statuetta della serata, dedicandola con una romantica dichiarazione alla moglie seduta in platea ad applaudirlo.

Miglior effetti speciali a “Interstellar”  di Christopher Nolan, mentre come film straniero vince il polacco “Ida”, di Pawel Pawlikowski, la storia del viaggio che Anna, prima di diventare suora, fa con sua zia Wanda per scoprire come sono morti i suoi genitori. Due donne a confronto. Una cinica e spregiudicata, l’altra pacata e spirituale.

Seduto in platea insieme con sua moglie e con il cast del film, Clint Eastwood torna a casa a mani vuote, il suo “America Sniper” non si aggiudica nessun premio. Ben lontano da “Gran Torino” e “Million Dollar baby”, l’ultimo Eastwood non ha convinto noi e, a quanto pare, nemmeno la giuria di Hollywood.

Abbiamo atteso l’alba per conoscere i vincitori di questa 87ma edizione degli “Academy Awards”, senza perderci il pre-show, quello in cui le nostre beniamine fanno sfoggio dei loro abiti, non sempre all’altezza. Abbiamo riso alle battute del presentatore-cantante Neil Patrick Harris, ci siamo appassionati ai discorsi dei premiati, alla performance dei cantanti, dai Maroon 5 a Lady Gaga, perdendoci tra le luci e i bagliori di Hollywood. Perché Hollywood è così, è “la terra dei sogni, alcuni si realizzano, altri no, ma voi continuate a sognare”.

di Patrizia Angona

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