Mps, Monti: «Il Pd c’entra. No a commistione tra politica e banche»

++ CRISI: MONTI, LUCE PIU' VICINA E TUNNEL NON CROLLA ++Forte del sostegno di alcuni tra i più grandi economisti e uomini d’affari del mondo – Martin Sorrell, Maurice Lévy, Lionel Barber (Financial Times), John Micklethwait (The Economist), Joseph Joffe (Zeit), Viviane Reding – che hanno plaudito al suo intervento al World Economic Forum, Mario Monti si concede un impegno più soft a Radio Uno nella trasmissione radiofonica che allora lo lanciò nella competizione elettorale.

In virtù dell’incontro con il «guru di Obama» (David Axelrod, ndr) che gli ha caldamente suggerito di impostare una politica riformista, usare i social-network e aggredire gli avversari, il premier attacca Bersani, ritenendolo responsabile, almeno in parte, dello scandalo che ha colpito la Monte dei Paschi di Siena. Con una piccante insinuazione, Monti – pur non rivolgendosi mai direttamente al segretario democratico – stigmatizza il fenomeno della commistione tra politica e banche.

Per la banca senese è previsto un prestito «non a fondo perduto, anzi, con onerosi interessi» il cui prezzo ruota intorno ai due miliardi; al di sotto rispetto a quello che paventavano i primi opinion leader (quattro miliardi) e che aveva scatenato le rimostranze dei contribuenti, stanchi di pagare tasse da rigirare al foraggiamento di gruppi finanziari fallimentari.

Mario Monti, spigliato e sicuro di sé, risponde con risolutezza agli interrogativi (più che domande, veri e propri assist) mossi in merito all’abbandono della cattedra da tecnico e all’incipiente carriera politica. Lo fa permettendosi un disimpegno calzante: «Le idee prospettate da parte nostra agli italiani meritano un trenta e lode», dice. Ribadisce, poi, l’obiettivo di sostenere la crescita attraverso l’emendamento delle politiche europee per arrivare alla redistribuzione delle ricchezze; viene affrontato anche il nodo della riforma delle autorità amministrative indipendenti nel senso di un miglioramento dell’efficacia sostanziale.

A testa alta e cuffie in vista, il professore risponde alle domande di esperti e giornalisti – tra cui il direttore dell’ANSA – cui nega l’esistenza del rischio di una guerra valutaria, ora che il rafforzamento dell’euro ha fatto registrare margini di miglioramento anche rispetto al dollaro e allo yen: «L’euro è rimasto saldo durante tutto il periodo della crisi bancaria e finanziaria, il suo rafforzamento spegne possibili prospettive inflazionistiche e va nella direzione di incrementare domanda e offerta».

L’unico frangente di imbarazzo giunge nel momento più inaspettato, quando un’ascoltatrice, intervenendo nel dibattito, commenta: «Lei è estremamente ironico, per cui è molto inglese; ha una buona contabilità matematica, per cui è molto tedesco; per me le mancano la creatività e l’inventiva che sono tipicamente italiane. Grazie».

di Andrea Capati

Foto: ilgazzettino.it

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